Febbraio 2018

Il rapporto 'MobilitAria' dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche e del Gruppo mobilità sostenibile del Kyoto Club evidenzia, nel decennio 2006-2016, una lieve riduzione della media delle concentrazioni annuali di inquinanti, sebbene le città risultino ancora caratterizzate da superamenti giornalieri oltre i limiti. La ricerca, condotta a Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia, confronta i livelli raggiunti dall’inquinamento con le politiche di mobilità

 

È stato presentato oggi a Roma 'MobilitAria 2018', rapporto realizzato dall’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Iia-Cnr) e dal Gruppo mobilità sostenibile del Kyoto Club, un quadro della qualità dell’aria e della mobilità urbana nelle quattordici principali città italiane - Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia - prendendo a riferimento il decennio 2006-2016. Sono stati analizzati valori e superamenti di alcuni inquinanti secondo le disposizioni della normativa in vigore sulla qualità dell’aria, il D.Lgs 155/2010, quali il Particolato atmosferico (PM10 e PM2,5) ed il biossido di azoto (NO2), più correlabili con le emissioni da traffico e i cui sforamenti sono costati all’Italia l’avvio di una procedura infrazione da parte della Commissione europea. Dallo studio emerge che, sebbene negli anni 2006-2016 si riscontri un miglioramento diffuso della qualità dell’aria, con una lieve riduzione della media delle concentrazioni annuali, le città sono ancora caratterizzate da livelli di concentrazione e numero di superamenti giornalieri oltre i limiti (PM10: 50 μg/m3 giornalieri, da non superare più di 35 volte per anno, 40 μg/m3 di media annua; PM2,5: valore annuale 25 μg/m3; NO2: limite orario 200 μg/m3 per massimo 18 volte l’anno; limite annuale 40 μg/m3).

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Venerdì, 16 Febbraio 2018 08:30

Deforestation in the tropics

 

 

The aerial photo shows forest fragments of the Brazilian Atlantic rainforest in Northeastern Brazil (Mata Atlântica), surrounded by sugar cane plantations. Photo: Mateus Dantas de Paula

 

Tropical forests around the world play a key role in the global carbon cycle and harbour more than half of the species worldwide. However, increases in land use during the past decades caused unprecedented losses of tropical forest. Scientists at the Helmholtz Centre for Environmental Research (UFZ) have adapted a method from physics to mathematically describe the fragmentation of tropical forests. In the scientific journal Nature, they explain how this allows to model and understand the fragmentation of forests on a global scale. They found that forest fragmentation in all three continents is close to a critical point beyond which fragment number will strongly increase. This will have severe consequences for biodiversity and carbon storage. In order to analyse global patterns of forest fragmentation, a UFZ research group led by Prof. Andreas Huth used remote sensing data that quantify forest cover in the tropics in an extremely high resolution of 30 meters, resulting in more than 130 million forest fragments. To their surprise they found that the fragment sizes followed on all three continents similar frequency distributions. For example, the number of forest fragments smaller than 10,000 hectares is rather similar in all three regions: 11.2 percent in Central and South America, 9.9 percent in Africa and 9.2 percent in Southeast Asia. "This is surprising because land use noticeably differs from continent to continent," says Dr. Franziska Taubert, mathematician in Huth's team and first author of the study. For instance, very large forest areas are transformed into agricultural land in the Amazon region. By contrast, in the forests of Southeast Asia, often economically attractive tree species are taken from the forest.

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 Professor Ryan Donnelly

 

Queen’s University Belfast is playing a central role in an international consortium that hasannounced the development of a patch delivery system which will lower the chances of infection for those at very high risk of HIV. HIV pre-exposure prophylaxis (or PrEP) is when people at very high risk for HIV take HIV medicines daily to lower their chances of getting infected. PrEP can stop HIV from taking hold and spreading throughout the body. Queen’s, along with their collaborators, PATH, ViiV Healthcare, the Population Council and LTS Lohmann Therapie-Systeme AG will combine their complementary expertise to develop a novel microarray patch for HIV PrEP in preparation for future clinical trials.  The consortium have been granted over $10 million by USAID for their research.  USAID is the lead U.S. Government agency that provides global leadership; supports country-led efforts; and applies science, technology and innovation to support the implementation of cost-effective, sustainable and appropriately integrated HIV/AIDS interventions at scale to achieve HIV/AIDS epidemic control.

The collaborators will work with women and healthcare workers in Kenya, South Africa and Uganda to design a microarray patch product that meets their needs. Microarray patches are a discreet, easy-to-use technology that contains tiny projections that painlessly penetrate the top layer of skin to deliver a drug.  The novel high-dose patches to be developed here have been pioneered at Queen’s. The projections themselves contain large amounts of HIV medications in the form of microscopic solid particles. When the projections dissolve in skin, the tiny particles release the medication over weeks and months.

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Una ricerca dell’Università di Pisa pubblicata sulla rivista Ecological Economics ha analizzato il collegamento tra Prodotto interno lordo e aumento dei casi di tumore in 122 Paesi del mondo

Crescita economica e nuovi casi di tumori crescono di pari passo, a mostrarlo è una ricerca condotta all’Università di Pisa su 122 Paesi nel mondo, Italia compresa. Lo studio firmato da Tommaso Luzzati, Angela Parenti e Tommaso Rughi del dipartimento di Economia e Management è stato pubblicato sulla rivista “Ecological Economics” e, oltre a rilevare il fenomeno, cerca anche di analizzare le cause della cosiddetta “epidemia di cancro” che colpisce moltissimi paesi, soprattutto sviluppati. Per farlo i tre economisti sono partiti dai dati provenienti dal database Globocan, un progetto dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità. L’analisi ha quindi riguardato 122 paesi, ovvero circa il 90% della popolazione mondiale, e le otto tipologie di tumori più diffuse (polmone, seno, colon-retto, prostata, stomaco, fegato, cervice uterina, esofago).
“Secondo un’idea abbastanza diffusa – spiega Tommaso Luzzati - l’aumento dei casi di tumore nei paesi più ricchi sarebbe una “buona notizia” perché si legherebbe sia ad una migliore capacità di diagnosi e, quindi efficienza dei sistemi sanitari, sia all’allungamento della vita che “consentirebbe” alle persone di ammalarsi di cancro anziché morire prima per altre cause”. 
Lo scopo principale della ricerca è stato quindi quello di valutare fino a che punto questa idea sia fondata. 

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More than 7,500 children recruited for study to date; data available for first 4,500

 

The National Institutes of Health Tuesday released to the scientific community an unparalleled dataset from the Adolescent Brain Cognitive Development (ABCD) study. To date, more than 7,500 youth and their families have been recruited for the study, well over half the participant goal.  Approximately 30 terabytes of data (about three times the size of the Library of Congress collection), obtained from the first 4,500 participants, will be available to scientists worldwide to conduct research on the many factors that influence brain, cognitive, social, and emotional development. The ABCD study(link is external) is the largest long-term study of brain development and child health in the United States. 

This interim release provides high-quality baseline data on a large sample of 9-and-10-year-old children, including basic participant demographics, assessments of physical and mental health, substance use, culture and environment, neurocognition, tabulated structural and functional neuroimaging data, and minimally processed brain images, as well as biological data such as pubertal hormone analyses. The data will be made available through the National Institute of Mental Health (NIMH) Data Archive, which can be accessed by researchers who obtain a free NIMH Data Archive account. All personally identifiable information is removed from the data to ensure participant confidentiality and anonymity.

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Mercoledì, 14 Febbraio 2018 15:11

Modello matematico fa luce su cause del diabete

 
Il diabete e' una malattia metabolica caratterizzata da aumentati livelli di glucosio nel sangue, che costituiscono un importante fattore di rischio per complicanze cardiovascolari, renali e retiniche. Due principali fattori concorrono a produrre gli elevati livelli di glucosio: la diminuita capacita' di azione dell'insulina e un difetto delle cellule del pancreas (le beta-cellule) che secernono insufficienti quantita' di insulina (o 'di questo ormone').

Sebbene nella letteratura scientifica siano presenti studi in vivo, nonche' ricerche in vitro sul difetto di secrezione insulinica, e' ancora in buona parte sconosciuta la dinamica dei processi responsabili del difetto beta-cellulare che caratterizza questa malattia. Una fondamentale difficolta' di queste ricerche e' infatti l'impossibilita' di adottare in vivo, nell'uomo, le tecniche d'indagine usate in laboratorio. Grazie a uno studio, coordinato dall'Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) di Padova in collaborazione con l'Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa e le universita' di Pisa e di Pittsburgh (Usa), e' stato possibile confrontare i risultati ottenuti in vitro con quelli su pazienti diabetici ed avere conferma dei meccanismi responsabili del difetto di secrezione insulinica, fondamentale nello sviluppo del diabete di tipo 2, la forma piu' comune che interessa il 90% dei casi e che si sviluppa prevalentemente a partire dai 40 anni di eta'. I risultati sono stati pubblicati su 'Diabetes'.
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Mercoledì, 14 Febbraio 2018 12:50

Caccia aperta al satellite cinese Tiangong-1

Ricercatori della Sapienza hanno estrapolato le “curve di luce” per la predizione dell'orientamento prima dell’impatto sulla Terra. La rete di monitoraggio ha colto l’oggetto in un passaggio veloce per ben 6 minuti e acquisito un campione video del modulo spaziale dichiarato fuori controllo circa un anno fa.

Da ormai un anno il laboratorio spaziale Tiangong-1, che fa parte del progetto di Stazione spaziale cinese, è stato dichiarato fuori controllo. Si tratta di un modulo orbitante di notevoli dimensioni, con una larghezza di 16 metri e una massa complessiva di oltre 8 tonnellate. Inizialmente previsto per la seconda metà del 2017, il rientro in atmosfera è ormai confermato per i primi mesi del 2018 e si fa sempre più fervente il lavoro della comunità scientifica per individuare il punto di caduta della pioggia di detriti che potrebbe derivarne. Finora è stato accertato che le parti che sopravviveranno al calore del rientro in atmosfera impatteranno la superficie terrestre in una zona inclusa fra il 43° parallelo nord e il 43° parallelo sud, un’area comprendente anche parte dell'Italia, da Firenze in giù.

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Mercoledì, 14 Febbraio 2018 08:32

Arriva il decreto sulle specie aliene

Dal prossimo 14 febbraio entrerà in vigore il decreto che recepisce anche in Italia il Regolamento europeo per prevenire e gestire l’introduzione delle specie esotiche considerate particolarmente invasive dall’Unione Europea.
Le specie esotiche, talvolta chiamate “aliene”, sono piante, animali e altri organismi introdotti dall'uomo, accidentalmente o volontariamente, al di fuori della loro area di origine. Attualmente, si stima che siano ben 12.000 le specie ‘aliene’ introdotte in Europa, di cui più di 3.000 solo in Italia, con un incremento vertiginoso (+96%) negli ultimi 30 anni.

Purtroppo una parte di queste specie aliene causa gravi danni alla natura e ai servizi ecosistemici con conseguenze ecologiche ed economiche notevoli. Le specie aliene invasive rappresentano la seconda principale minaccia alla biodiversità globale che ha contribuito in modo determinate al 54% delle estinzioni delle specie animali conosciute, tramite predazione su specie locali (autoctone) o competizione per le stesse risorse. Alcune di esse possono causare serie danni alla salute umana, essendo vettori di malattie (come la zanzara tigre, possibile portatrice di dengue, zika e chikungunya) e all’economia, con danni stimati in miliardi di euro per la solo UE, in primis ad agricoltura, foreste e talvolta infrastrutture. 

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Dopo cibo, cultura, moda e design anche la salute si candida a diventare, a pieno titolo, uno dei tratti distintivi del 'made in Italy' per portare l'Italia tra le destinazioni primarie di 'turismo medicale' (la ricerca di cure in luoghi diverso da quello di residenza, all'interno della stessa nazione o all'estero, ndr). Secondo le stime dell'Osservatorio Ocps-Sda Bocconi il nostro Paese genera oggi un valore pari a 2 miliardi di euro, che secondo gli osservatori internazionali potrebbe arrivare a 4, implementando l'offerta di servizi sanitari e turistici offerti agli stranieri.

Il saldo per ora e' ancora negativo, con circa 200mila italiani che vanno oltre confine cercando, prevalentemente, prestazioni meno care in chirurgia dentale, estetica e ricostitutiva, trapianto dei capelli. Solo 5mila gli stranieri arrivati in Italia (principalmente da Paesi Arabi, Russia, Svizzera, Balcani) spinti pero' dalla ricerca di trattamenti ad alto tasso di specializzazione in neurologia, cardiochirurgia, oncologia, chirurgia bariatrica e ortopedia. Questo si riflette sulla spesa media che oscilla tra i 20 e i 70 mila euro, senza calcolare le spese generate dal corollario turistico.
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Ma davvero le intolleranze alimentari sono la causa di tutti i mali, dal gonfiore addominale, all'obesita', alla calvizie? E, per svelarle, si puo' far conto su test come l'analisi del capello o l'iridologia, magari condotti in un centro non autorizzato da parte di personale non sanitario? Per 'curarle', poi, e' saggio eliminare drasticamente dalla dieta alcuni alimenti? Potrebbe a volte sembrare cosi', leggendo riviste non troppo specializzate, cercando informazioni su google o risposte di salute da figure non abilitate a fornirle. Dar retta alle lusinghe di queste moderne sirene che promettono- e a volte anche ottengono, ma a prezzo di gravi carenze nutrizionali e compromissione anche irreversibile dello stato generale di benessere- la perdita dei 'sette chili in sette giorni' del repertorio della commedia all'italiana puo' pero' costare caro. E, a farne le spese, oltre che il portafoglio e' soprattutto la salute. Ora, a fare chiarezza, arriva un decalogo condiviso dalla Federazione nazionale degli ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri - Fnomceo e dalle principali societa' scientifiche di settore. Il Decalogo, che portera' l'imprimatur del Ministero della Salute, sara' presentato in anteprima assoluta venerdi' 16 febbraio, nell'ambito dell'incontro "La comunicazione della Salute al tempo delle fake news: il ruolo del giornalista quale 'garante' dell'informazione" (gratuito, 4 crediti Fpc giornalisti), che si terra', dalle 14 alle 18, presso l'Auditorium del Dicastero di Lungotevere Ripa 1. A ripercorrerne la nascita e gli obiettivi saranno Gianluigi Spata, componente del Comitato Centrale Fnomceo, Antonio Caretto - Presidente Adi (Associazione Italiana Dietetica e nutrizione Clinica) e Barbara Paolini - Vicesegretario Adi.
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