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Giovedì, 05 Ottobre 2017

 

Sudden cardiac arrest cases had lower corrected calcium levels than control subjects did (9.18 mg/dL vs. 9.27 mg/dL).

 

 Findings of a new study published in Mayo Clinic Proceedings have potential implications for mechanisms as well as prevention of SCA

Sudden cardiac arrest (SCA) is fatal for over 90% of patients, and more than half of men and close to 70% of women who die of SCA have no clinical history of heart disease prior to this cardiac event. It is one of the leading causes of death in the United States and kills more people than any single cancer. Many patients who suffer SCA would not be considered high risk under current guidelines. These sobering facts drive the search for simple and relatively inexpensive ways to identify individuals at higher risk for SCA. In a study in Mayo Clinic Proceedings, researchers found that individuals with lower levels of calcium in the blood, which is easily monitored, are more likely to experience SCA than those with higher calcium levels.

“Our study found that serum calcium levels were lower in individuals who had a sudden cardiac arrest than in a control group. Patients with serum calcium in the lowest quartile (<8.95 mg/dL) had twice the odds of sudden cardiac arrest compared to those in the highest quartile (>9.55 mg/dL), even after controlling for multiple patient characteristics including demographics, cardiovascular risk factors and comorbidities, and medication use,” explained lead investigator Sumeet S. Chugh, MD, Pauline and Harold Price Chair in Cardiac Electrophysiology, Cedars-Sinai Heart Institute, Los Angeles, CA.

Pubblicato in Scienceonline
 
Sono uno dei principali problemi per i pazienti oncologi, nonostante la maggiore efficacia, le terapie come chemio, radio e i nuovi farmaci biologici presentano un alto costo da pagare per circa l'80% dei pazienti: l'insorgenza di effetti collaterali e danni a livello cutaneo. In particolare i nuovi biologici che hanno modificato la prognosi, agiscono attraverso l'inibizione dei fattori di crescita che sono molto espressi a livello cutaneo. Le manifestazioni sono di vari livelli di gravita' e comprendono un ampio spettro di condizioni: dermatiti, xerosi ossia la secchezza cutanea, mucositi, fissurazioni e vere e proprie ragadi, rash cutanei, infiammazione dei follicoli piliferi, granulomi, alterazioni delle unghie.
 "Prevenire questi effetti collaterali non solo e' possibile ma comporta un drastico miglioramento della qualita' di vita dei malati e si affianca ad una maggiore aderenza alle cure. E' necessario quindi una maggiore consapevolezza da parte degli oncologi della necessita' di essere affiancati dai dermatologi gia' prima dell'inizio delle terapie con un protocollo di 'accudimento cutaneo' che prepari la pelle allo stress estremo che la attende. Il principio base e' quello di impedire la rottura della barriera cornea e degli effetti a cascata che ne derivano", spiega la dottoressa Maria Concetta Pucci Romano, Specialista in Dermatologia e presidente del Board Il Corpo Ritrovato, responsabile ambulatorio dedicato all'ospedale S. Camillo di Roma. Mentre durante e successivamente e' possibile minimizzare gli effetti con prodotti topici arricchiti di grassi come unguenti e pomate che aiutano l'idratazione, una detersione corretta, l'uso di acque termali per lenire e diminuire l'infiammazione, antibiotici locali (per l'aumentata incidenza di infezioni) e sostanze antiossidanti come la vitamina E.
Pubblicato in Medicina
 
Ha un impatto maggiore della mastectomia, ed e' l'aspetto piu' pesante della chemioterapia tanto che per molte donne l'ansia di perdere i capelli non e' accettabile sino al punto di rifiutare le cure o sceglierne di meno efficaci. Le manifestazioni cutanee causate dalla tossicita' delle terapie oncologiche possono avere un impatto molto pesante sulla qualita' della vita dei pazienti. Provocano una estrema varieta' di sintomi fisici ma hanno manifestazioni 'estetiche' che preludono a gravi ripercussioni sulla vita sociale e di relazione, nonche' sulla psiche dei pazienti.
"Di certo l'effetto piu' noto che spaventa il paziente oncologico e' l'alopecia indotta da chemioterapici la cui incidenza ed entita' varia in base al farmaco assunto, con frequenze piu' elevate soprattutto per i taxani, le antracicline e gli agenti alchilanti- spiega la dottoressa Adele Sparavigna Specialista in Dermatologia e Presidente dell'Istituto di ricerche dermatologiche Derming durante la riunione annuale del Board Scientifico Il Corpo Ritrovato a Roma- La chemioterapia, di norma, agisce distruggendo tutte le cellule, sia quelle cancerose che quelle sane. Le cellule normali piu' sensibili all'azione tossica della chemio sono quelle in rapida crescita. Dal momento che le cellule responsabili della crescita dei capelli tendono a dividersi molto rapidamente per riprodursi, esse possono essere frequentemente uccise dalla chemioterapia, causando l'assottigliamento dei capelli e, molto spesso, la caduta totale dei capelli, ovvero l'alopecia da chemioterapia". L'alopecia acuta del cuoio capelluto insorge da 1 a 8 settimane dall'inizio della chemioterapia ed e' di solito reversibile. Casi di alopecia permanente da chemioterapici, sono associati alla somministrazione di busulfano (50% dei pazienti) e radiazioni (correlata alla dose).
Pubblicato in Scienceonline

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