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Febbraio 2018

Per la prima volta in un Rapporto pubblicato da EJF (Environmental Justice Foundation), OceanaPew e WWF viene  analizzato  il flusso di importazioni dei prodotti ittici nei paesi UE dal 2010, data in cui è entrato in vigore il Regolamento INN (contro la pesca illegale non dichiarata e non regolamentata).  In questi 7 anni 25 sono i paesi che hanno ricevuto dalla Commissione UE un “cartellino giallo” per non aver intrapreso azioni tese  a contrastare la pesca INN, in linea con gli standard internazionali,  mentre  per 3 di questi permane una situazione di “cartellino rosso” (qui l'elenco completo dei paesi sotto osservazione). Dal 2010 una serie di paesi hanno ricevuto degli avvertimenti - i cosiddetti cartellini gialli – per non aver apportato i miglioramenti richiesti nella gestione delle risorse ittiche. La maggior parte di questi  ha però adottato delle riforme radicali, in seguito alle quali i cartellini gialli sono stati ritirati. Altri paesi invece, sono risultati completamente inadempienti e hanno ricevuto un cartellino rosso accompagnato dalle relative sanzioni, quali il divieto di importare prodotti ittici nell’UE.  Il WWF ricorda che la pesca illegale e non regolamentata è una piaga che affligge molte aree: metodi non selettivi o distruttivi, pesca eccessiva, hanno effetti nefasti non solo sulla biodiversità ma anche sul benessere e lo sviluppo delle popolazioni locali, alimentando ulteriormente povertà e spinta alle migrazioni. 

Pubblicato in Ambiente

The ebolavirus-like particle generated to investigate the mechanisms of Ebola virus entry. (Nanbo A. et al., PLoS Pathogens, January 16, 2018)

 

Researchers have identified a key process that enables the Ebola virus to infect host cells, providing a novel target for developing antiviral drugs. The deadly Ebola virus incorporates a cellular enzyme into its virus particles, facilitating the infection to the target cells, according to new research published in the journal PLOS Pathogens. When this enzyme Xkr8 is activated, it flips a phospholipid called phosphatidylserine (PS) from the inner layer of the Ebola virus’ membrane (envelope) to the outer layer. The exposed PS facilitates entry of the virus.  The researchers at Hokkaido University and The University of Tokyo generated ebolavirus-like particles by expressing viral proteins in cultured mammalian cells to investigate mechanisms by which Ebola virus enters target cells. When the researchers disabled or blocked the activation of Xkr8, the exposure of PS on the surface of the virus particles was reduced.  First appearing in Sudan and the Democratic Republic of Congo in 1976, Ebola has instilled fear wherever infections have emerged due to its high fatality rate ranging from 25% to 90%. Most recently, west Africa experienced a record-breaking outbreak in 2014-2016. The virus spreads via the bodily fluids of infected animals and humans. Currently, there are no approved drugs for treating Ebola. Scientists are beginning to unravel how the virus works, which is critical for developing effective treatments.

Pubblicato in Scienceonline
Mercoledì, 07 Febbraio 2018 06:53

Ecco il profilo dei giocatori d’azzardo

I soggetti a rischio gambling presentano tratti depressivi e impulsivi, ricerca di emozioni positive e mancanza di fiducia negli altri, apertura mentale e coscienziosità. Lo attesta il profilo di personalità patologica rilevato da ricercatori dell’Ibfm-Cnr e dell’Università della Calabria definito mediante tecniche di intelligenza artificiale. Lo studio è pubblicato sul Journal of Neuroscience Methods

 

È possibile prevedere se una persona tenderà a sviluppare una soggezione patologica al gioco d’azzardo? Uno studio diretto dall’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr) di Catanzaro, a cui ha partecipato l’Università della Calabria, pubblicato sulla rivista Journal of Neuroscience Methods, ha definito i tratti della personalità del gambler patologico grazie a tecniche avanzate di intelligenza artificiale.

“Chi è vittima del gioco d’azzardo patologico perde, oltre a ingenti quantità di denaro, la capacità di controllo delle proprie azioni e la fiducia dei propri cari, con la percezione di essere entrato in un tunnel senza via di scampo”, spiega Antonio Cerasa, ricercatore Ibfm-Cnr. “Le neuroscienze sono impegnate da decenni nello studio di questo disturbo che devasta la vita di moltissime famiglie italiane. Oggi sappiamo che la causa è multifattoriale (genetica, neurobiologica e comportamentale) e conferisce alla persona una vulnerabilità di base, amplificata da fattori psicosociali come povertà o traumi biografici. La letteratura indica già che, oltre a disfunzioni cerebrali e genetiche del sistema dopaminergico, i gambler patologici hanno anche un profilo di personalità disfunzionale, sono cioè più vulnerabili alle situazioni sociali che invitano al gioco, e questo aspetto non è mai studiato finora con metodi di intelligenza artificiale”.

Pubblicato in Neuroscienze

 

 

Infants can sometimes develop an allergy to cow's milk that usually subsides by adulthood but may increase the risk for developing other allergic diseases. The allergic reaction can, however, be prevented by two components of cow's milk interacting together, as researchers of the interuniversity Messerli Research Institute of Vetmeduni Vienna, Meduni Vienna und the University of Vienna now describe in a study published in Scientific Reports. Loading of the vitamin A metabolite retinoic acid to the important milk protein Bos d 5, also known as beta-lactoglobulin, in cow’s milk can prevent an allergic reaction against the protein. A real milk allergy occurs in about three to five percent of European children and more rarely in adults. The disease is different from lactose intolerance, in which a lack of the enzyme lactase results in the inability to properly break down lactose, a sugar found in milk products. In the case of a milk allergy, the immune system itself reacts with a distinct immune response against the milk proteins. Specialized immune cells are formed which produce antibodies against the milk proteins and so trigger a potentially much more dangerous allergic reaction.

Pubblicato in Scienceonline

Changing climate in northern regions is causing permafrost to thaw with major implications for the global mercury (Hg) cycle. We estimated Hg in permafrost regions based on in situ measurements of sediment total mercury (STHg), soil organic carbon (SOC), and the Hg to carbon ratio (RHgC) combined with maps of soil carbon. We measured a median STHg of 43 ± 30 ng Hg g soil−1 and a median RHgC of 1.6 ± 0.9 μg Hg g C−1, consistent with published results of STHg for tundra soils and 11,000 measurements from 4,926 temperate, nonpermafrost sites in North America and Eurasia. We estimate that the Northern Hemisphere permafrost regions contain 1,656 ± 962 Gg Hg, of which 793 ± 461 Gg Hg is frozen in permafrost. Permafrost soils store nearly twice as much Hg as all other soils, the ocean, and the atmosphere combined, and this Hg is vulnerable to release as permafrost thaws over the next century. Existing estimates greatly underestimate Hg in permafrost soils, indicating a need to reevaluate the role of the Arctic regions in the global Hg cycle.

 

Read full article: 

http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/2017GL075571/full

Pubblicato in Scienceonline

I pazienti italiani attendono in media 806 giorni per accedere a un nuovo farmaco anti-cancro. Il prof. Giorgio Scagliotti, Direttore Oncologia Università del capoluogo piemontese: “Vanno ridimensionati i prontuari terapeutici regionali e serve subito un tavolo di lavoro per definire il concetto di innovazione”

Negli anni Settanta solo poco più del 30% delle persone colpite riusciva a sconfiggere il cancro, negli anni Novanta questa percentuale arrivava al 47%, oggi 6 persone su dieci sopravvivono al cancro e, quando non si arriva a guarigione, in molti casi è possibile convivere a lungo termine con la malattia con una buona qualità di vita. Il merito va attribuito ai progressi nella diagnosi precoce, alle campagne di prevenzione e all’innovazione nella ricerca contro i tumori. Proprio l’oncologia rappresenta l’area terapeutica in cui si concentrano maggiormente gli sforzi della ricerca farmaceutica: basti pensare che su oltre 7.000 molecole in sviluppo clinico, più di 1.800 appartengono all’area oncologica. “Alle sfide ed opportunità nel mercato farmaceutico nel prossimo triennio” è dedicato il convegno che svolge oggi a Torino. “La nuova frontiera nel trattamento del cancro è rappresentata dall’oncologia di precisione – spiega il prof. Giorgio Scagliotti, Direttore Oncologia Medica all’Università di Torino –. La prima ‘ondata’ è stata costituita dalle terapie a bersaglio molecolare che hanno cambiato l’aspettativa di vita in diverse neoplasie solide e in un considerevole numero di quelle ematologiche, ma che hanno anche mostrato limiti in termini di acquisizione di resistenza. Ad esempio nel tumore del polmone questi trattamenti riescono a controllare la malattia per un lungo periodo di tempo, però sono efficaci solo nei pazienti che presentano specifiche mutazioni genetiche: sono una minoranza, pari a circa il 15%, soprattutto non fumatori. La seconda ‘ondata’ dell’oncologia di precisione ha preso forma con l’immunoterapia che progressivamente ha dimostrato efficacia in diversi tipi di tumori solidi, a partire dal melanoma fino alle neoplasie del rene e del polmone, con importanti prospettive anche in quelle della vescica, del distretto testa collo, del fegato e del colon-retto. Il concetto di medicina di precisione dovrebbe essere applicato in modo ampio a qualsiasi tipo di approccio sistemico nella terapia dei tumori solidi.
Pubblicato in Medicina

 

 Alfonso Benito Calvo, geologist at the Centro Nacional de Investigación sobre la Evolución Humana (CENIEH) is part of an international team that is currently conducting an excavation campaign at the Tanzanian site of the Olduvai Gorge, specifically in Bed II of the Olduvai stratigraphic sequence, known as the Frida Leakey Korongo site (FLK-W), where accumulations of skeletal remains of fauna and lithic industry have been found, attributed to Homo erectus. At this archaeological site, with deposits dated around 1.5 million years, anvils, chips of various sizes and retouched (sharp) objects typical of the Acheulean industry have been recovered. Along with these lithic tools carcasses of large mammals such as elephants and hippopotamuses have appeared. The bones present clearly anthropic fractures or signs created by the edges of the tools when muscular mass was removed, which formed part of the daily diet of this species. Due to the current campaign, which will last until February 8, more specialized studies may be conducted to carefully analyze each of the recovered items. This information will focus on an interpretation of the life of our ancestors 1.5 million years ago when they invented a new technology, the Acheulean.

In addition to the CENIEH, in this project co-financed by the Palarq Foundation and directed by Ignacio de la Torre, scientists from the Autonomous University of Barcelona (UAB) and the University College London (UCL) has participated

 

http://www.cenieh.es

 
Pubblicato in Scienceonline
Sabato, 03 Febbraio 2018 08:19

Roma: una città in attesa


Dopo le denunce per i futuri abbattimenti nella capitale siamo stati sollecitati a verificare altre situazioni ormai dimenticate ma che dimostrano come la nostra città stia rischiando non solo danni relativi al patrimonio artistico, architettonico e culturale ma anche idrogeologico.
Per l'occasione abbiamo ripreso in mano la situazione della ex-Fonderia Bastianelli di via dei Sabelli, 102.

Come in una classica favola iniziamo il nostro articolo con un titolo già comparso sul web a cura di lineadiretta24.it. C'era una volta, "C'era una volta la Fonderia Bastianelli".
La Fonderia Bastianelli, fondata nel 1908, è stata una delle grandi fonderie romane; lo testimoniano i tombini e i lampioni della città e molti altri manufatti presenti a Roma, fra i quali famosa è la statua equestre del Vittoriano; è stata per alcuni anni uno dei pochi esempi romani di archeologia industriale. Poi, a differenza che in altri Paesi più attenti ai Beni Culturali  è stata demolita contro la volontà degli abitanti della zona e al suo posto sono rimaste due parti di muro perimetrale ed un profondo scavo.
Ora, al di là del danno storico architettonico, sono stati segnalati i rischi relativi alla modificazione strutturale di quell'area che già ha dimostrato ampiamente di essere problematica dal punto di vista idrogeologico anche per i bombardamenti del 19 luglio del 1943 che ne hanno modificato l'assetto.
Vi sono già state delle dimostrazioni, come lo prova la formazione di una voragine in via dei Reti (http://www.repubblica.it/ultimora/24ore/ROMA-ATAC-ZTL-RIDOTTA-A-SAN-LORENZO-CAUSA-VORAGINE-VIA-DEI-RETI/news-dettaglio/3669473).

Pubblicato in Eventi

Il Parco dei Castelli Romani è una delle aree naturali protette del Lazio con maggiore eterogeneità ambientale. L'uomo ne ha forgiato il paesaggio oggi caratterizzato da un articolato mosaico di aree boscate, rilievi collinari con pascoli, vigneti e oliveti, conche lacustri, aree urbanizzate, centri storici e aree archeologiche. In un territorio con queste caratteristiche i micromammiferi possono svolgere il ruolo di indicatori delle variazioni degli habitat naturali. I dati rilevati, messi a confronto con le informazioni raccolte in passato, contribuiscono a ricostruire l'evoluzione dei vari ambienti e saranno di aiuto al momento di prendere delle decisioni gestionali con l'obiettivo della salvaguardia del territorio.

 

Per maggiori info: http://www.parchilazio.it/pubblicazioni-287-atlante_i_micromammiferi_del_parco_naturale_regionale_dei_castelli_romani

Pubblicato in Libri

 


La scoperta è frutto del lavoro di esperti di Università Cattolica e Fondazione Policlinico A. Gemelli di Roma e pubblicato sulla rivista “Reproductive Sciences”.
Una terapia a base di melatonina, l’ormone del sonno, può essere efficace contro la sindrome dell’ovaio policistico, molto comune tra le donne e associata a un calo della fertilità. La scoperta è frutto di ricercatori e medici dell’Università Cattolica e della Fondazione Policlinico A. Gemelli di Roma. Lo studio, appena pubblicato sulla rivista Reproductive Sciences, è stato condotto dalla professoressa Rosanna Apa, ginecologa del Polo Scienze della Salute della Donna e del Bambino del Policlinico Gemelli e potrebbe avere ricadute cliniche nella gestione di questo diffuso disturbo. La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è il più comune disordine endocrino-metabolico della popolazione femminile in età fertile, colpendo circa il 7-10% delle donne giovani. In Italia, in particolare, colpisce tra il 5 e il 15% delle donne in età riproduttiva.

Il quadro clinico di tale sindrome è caratterizzato da un’eterogenea combinazione di assenza o ridotta ovulazione, irregolarità del ciclo mestruale, iperandrogenismo clinico (con visibile irsutismo) e/o laboratoristico (eccesso di ormoni maschili riscontrabile con prelievo di sangue), acne e presenza di numerosi follicoli (più di 10) di diametro compreso tra 3 e 9 mm e disposti prevalentemente lungo la periferia dell’ovaio, visibili all’ecografia. Il 30-70% delle donne con PCOS presenta, inoltre, obesità androide e dislipidemia e in oltre il 70% dei casi insulinoresistenza e iperinsulinemia compensatoria. Nelle donne con PCOS si osservano non infrequentemente le caratteristiche della sindrome metabolica (SM) e un incrementato rischio di sviluppare diabete mellito Tipo 2 e, probabilmente, anche patologie cardiovascolari. Interessando direttamente l’ovulazione, essa è associata a un calo di fertilità.

Pubblicato in Medicina

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