Gennaio 2018

 

The adult specimens of Cory’s shearwater (Calonectris diomedea) in the Canary Islands travel more than 800 kilometres for days searching for food. In Mediterranean colonies, these marine birds do not fly further than 300 kilometres from their colonies. A study on these movements provides now, for the first time, a detailed information on the movements of the Spanish populations of the shearwaters from the Atlantic and the Mediterranean Sea over the year. This is the monograph Migración y ecología espacial de las poblaciones españolas de pardela cenicienta, which shows a million locations of these sea birds. This new publication gathers research studies driven by experts on the study of marine birds, their spatial ecology and preservation, from the Faculty of Biology and the Biodiversity Research Institute of the University of Barcelona (IRBio), IMEDEA and SEO/BirdLife. These scientific teams have conducted a series of researches over a decade, to know about the basic aspects of the ecology of the shearwater and improve its preservation. By collecting this work, this publication is now presenting, for the first time, many of these aspects, which were still unpublished.  

Pubblicato in Scienceonline

La ricerca di una equipe italiana di archeologi e botanici, coordinata dalla Sapienza e dall’Università di Modena e Reggio Emilia, racconta di forme di coltivazione preistorica, fino a oggi sconosciute, nell’Africa sahariana di circa 10.000 anni fa. Lo studio è pubblicato su Nature Plants. Diecimila anni fa, nell’Africa sahariana, che all’epoca non era un deserto, si coltivavano e mangiavano piante e cereali selvatici. E’ l’ultima scoperta, pubblicata su Nature Plants, che arriva dalla “Missione archeologica nel Sahara” di Sapienza Università di Roma, diretta da Savino di Lernia, a cui hanno preso parte anche i botanici dell’Università di Modena e Reggio Emilia. La ricerca combinata di archeologia e archeobotanica, condotta per diversi anni nel sito archeologico di Takarkori, in Libia sud-occidentale, nel cuore del Sahara, illustra e descrive millenni di lavorazione e stoccaggio, e di come cacciatori-raccoglitori prima (tra 10000 e 8000 anni fa), e pastori poi (tra 7000 e 5500 anni fa), abbiano praticato forme di coltivazione di cereali selvatici, senza che queste piante venissero mai domesticate.
Pubblicato in Paleontologia
Mercoledì, 31 Gennaio 2018 10:28

Stealth Virus for Cancer Therapy

 

The adenovirus (left) camouflages itself from the immune system thanks to its protective coat (right). (Image: UZH)

 

Scientists from the University of Zurich have redesigned an adenovirus for use in cancer therapy. To achieve this they developed a new protein shield that hides the virus and protects it from being eliminated. Adapters on the surface of the virus enable the reconstructed virus to specifically infect tumor cells. Viruses have their own genetic material and can infect human cells in a very specific manner. They will then reproduce as directed by their own genes but using the resources of the host cell. These properties make them interesting “gene shuttles” to fight hereditary diseases or cancer. There are innumerable different viruses, but the human adenovirus 5, which normally causes the symptoms of a typical cold, has substantial advantages: Its genome can be replaced completely by an artificial one which contains only “useful” genes. Without any of the viral genes left, the virus can no longer replicate and trigger diseases. In addition, the genome of the adenovirus is very large and does not integrate into human chromosomes.

Pubblicato in Scienceonline


Pubblicato sulla rivista Scientific reports lo studio condotto dall’università di Verona insieme al Politecnico di Milano e all’Istituto italiano di tecnologia


Ritardare o inibire i processi ossidativi nel nostro organismo è fondamentale per allontanare infiammazioni, malattie degenerative e per mantenersi giovani. La molecola naturale maggiormente ricca di proprietà antiossidanti è l’astaxantina, un pigmento prodotto da microalghe fotosintetiche che si ritrova poi in diversi organismi tra cui pesci e crostacei che si nutrono di queste microalghe. Oggi la produzione di questa molecola richiede costi elevati da parte del
mondo industriale perché è possibile ottenerla in quantità molto basse. Ora però si apre una nuova frontiera. La prestigiosa rivista Scientific reports del gruppo Nature ha pubblicato un importante studio che svela i motivi alla base della bassa produttività di questa molecola osservata in colture di alghe. La ricerca è coordinata da Matteo Ballottari, docente di fisiologia vegetale dell’università di Verona e realizzata insieme alPolitecnico di Milano e al Center for Nano Science and Technology dell’Istituto italiano di tecnologia (CNST – IIT Milano). I risultati ottenuti permettono ora di delineare innovative strategie biotecnologiche per aumentare significativamente la produzione di astaxantina in microalghe o ingegnerizzare piante superiori per produrre questo pigmento. Che cos’è l’astaxantina. L’astaxantina è un pigmento di elevato interesse industriale con applicazioni che vanno dalla produzione di mangimi per pesci per ottenere la desiderata colorazione rossa, alla cosmetica e nutraceutica grazie al suo forte potere antiossidante. L’astaxantina è, infatti, tra le molecole naturali con il potere antiossidante più forte e, per questo motivo, sono in via di studio applicazioni di questa molecola come agente anti-tumorale, anti-infiammatorio e per la protezione della pelle dai raggi UV. La produzione industriale di astaxantina si basa essenzialmente sulla coltivazione in “fotobioreattori” (contenitori chiusi esposti alla luce del sole) di Haematococcus pluvialis, una microalga di acqua dolce che accumula alti livelli di astaxantina (fino al 5% della biomassa prodotta) in condizioni di “stress” quando, cioè, le cellule si trovano a dover fronteggiare condizioni avverse come alta temperatura, carenze nutrizionali o alta salinità. La resa complessiva di astaxantina tramite coltivazione di microalghe è tuttavia molto bassa: per questo motivo il suo prezzo sul mercato può raggiungere anche diverse migliaia di euro al chilogrammo.

Pubblicato in Medicina

 

Il 1° febbraio sarà presentato a Napoli il ‘Rapporto sulle economie del Mediterraneo 2017’, a cura dell’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo (Issm) del Cnr, edito da Il Mulino. Tra i temi chiave del volume, i cambiamenti del mercato del lavoro dovuti alla perdurante crisi economica. Focus anche sulla geopolitica con il ruolo emergente di Russia, Turchia e Iran, sugli effetti della fuga di cervelli e sulle opportunità di sviluppo della green economy

 

L’edizione 2017 del Rapporto sulle economie del Mediterraneo dell’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo (Issm) del Cnr, che sarà presentata giovedì 1° febbraio a Napoli (Polo umanistico del Cnr, Via Cardinale G. Sanfelice 8, dalle ore 9,30), approfondisce in particolare le problematiche del mercato del lavoro, una delle questioni centrali nelle relazioni euro-mediterranee, anche per le connessioni con le spinte migratorie provenienti dalla riva sud ed est del bacino. I cambiamenti strutturali intervenuti tra il 2000 e il 2015 in tale ambito toccano soprattutto i gruppi sociali più fragili: “La disoccupazione giovanile risulta alta non solo nella sponda sud, ma anche nella sponda nord del Mediterraneo, con quattro Paesi che nel 2015 raggiungono livelli superiori al 45%: Bosnia-Erzegovina (66,9%), Libia (50%), Spagna (49,4%) e Grecia (49,2%)”, spiegano nel loro capitolo Salvatore Capasso e Yolanda Pena-Boquete. “La partecipazione femminile resta estremamente bassa nei Paesi arabi del Mediterraneo. Oltre che rappresentare un ovvio problema sociale, la disoccupazione giovanile e femminile pone una questione seria di inefficiente allocazione delle risorse”. La partecipazione delle donne al mercato del lavoro in Nord Africa è oggetto anche del contributo di Ersilia Francesca e Renata Pepicelli, che spiegano come “nonostante l’abbassamento dei tassi di fertilità e i progressi in termini di scolarizzazione” rimanga “significativamente più bassa rispetto ad altre aree in via di sviluppo. Il tasso medio della disoccupazione femminile nel Nord Africa nel 2015 era del 20,4%, più del doppio di quello dell’Ue, che nel 2015 era al 9,5% (fonte ILO 2015). Le rivolte del 2011 hanno visto uno spiccato protagonismo di giovani e di donne, ma la fase di ‘transizione’ ha disatteso in gran parte le loro aspettative e aspirazioni”.

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La salute del cavo orale sempre piu' al centro dell'attenzione per numerose patologie. Questo il messaggio lanciato a Viareggio (Lucca) in occasione del V Congresso dell'Istituto Stomatologico Toscano. L'evento individua tematiche comuni ai vari operatori per promuovere al tempo stesso formazione e aggiornamento, con il denominatore comune dell'alto livello culturale e scientifico. Il tema e' quello della patologia orale: un approccio pratico per identificare una serie di indicazioni concrete per la pratica di tutti i giorni. L'intenzione e' quella di analizzare i rapporti delle infezioni orali con le malattie sistemiche e contestualmente dare chiare indicazioni per la diagnosi e il trattamento delle patologie orali piu' frequenti, in particolare quelle infiammatorie e quelle neoplastiche.

NEOPLASIE: DENTISTI E IGIENISTI DENTALI PRIME SENTINELLE - I numeri relativi al cancro orale sono infatti in aumento: quasi 6000 cancri orofaringei all'anno in Italia. "Eppure, si tratta di una patologia facilmente diagnosticabile, in quanto non colpisce un organo profondo e non ha una manifestazione tardiva" afferma il prof. Ugo Covani, Direttore dell'Istituto Stomatologico Toscano (Centro di Odontoiatria della Casa di Cura San Camillo - Forte dei Marmi). Tuttavia, persiste un forte ritardo diagnostico, sia per la trascuratezza del paziente, che talvolta tende a ignorare lesioni o altri sintomi che potrebbero far intuire la presenza di un tumore, sia per quella degli stessi medici. Tanto piu' tardiva e' la diagnosi, tanto piu' demolitivo e' l'intervento per l'estensione raggiunta dal cancro. Un intervento per questo tipo di neoplasie implica anche grosse conseguenze a livello psicologico, in quanto diventa necessario intervenire sul volto e su altre parti esteticamente rilevanti. "Affinche' si riesca ad implementare un'efficace prevenzione e' importante che si riconosca un adeguato ruolo al dentista, ma anche all'igienista dentale. Quest'ultima e' la figura che dialoga maggiormente col paziente, vi passa molto tempo insieme, si occupa dei controlli preliminari: un insieme di fasi a seguito delle quali puo' veicolare i messaggi ai pazienti soprattutto per quanto riguarda i fattori di rischio rappresentati dal fumo e dall'alcol" sottolinea il prof. Covani.

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Lunedì, 29 Gennaio 2018 13:35

Roma: una città in via di demolizione

Interi edifici storici vengono acquistati nelle aree più costose di Roma per demolirli e riedificare. A Roma ormai si è aperta una vera caccia al tesoro. Vengono acquistati villini storici, possibilmente di Istituti Religiosi al fine di abbatterli e ricostruire aumentandone la cubatura per poi rivenderli a prezzi iperbolici. Trieste, Parioli, Prati, Nomentano, Delle Vittorie ed altri quartieri ricchi di preziose architetture vengono presi d'assalto dalle speculazioni immobiliari.

 Di seguito riportiamo tre esempi eclatanti:

Via Ticino, 3: una palazzina del 1930 adiacente al villino che fu di Beniamino Gigli delle suore Ancelle del Divino Cuore è stata venduta e demolita per far posto ad un edificio completamente decontestualizzato ma con ben 7 appartamenti lussuosi, 15 posti auto e 7 cantine. 

 

https://www.scienzaonline.com/eventi/item/1584-nel-quartiere-coppede%E2%80%99-nasce-un-%E2%80%9Cfiore%E2%80%9D.html

http://parioli.romatoday.it/trieste/sgarbi-contro-demolizione-palazzina-via-ticino-coppede-.html 

https://www.agenziadistampa.eu/autori-agenziadistampa-eu/119-eventi/1730-nel-quartiere-coppede%E2%80%99-nasce-un-%E2%80%9Cfiore%E2%80%9D.html)

VIA TICINO PRIMA E DOPO

Villa Paolina: edificata nel 1922 posta a largo XXI Aprile; splendido edificio di 3 piani, venduto dalla congregazione delle Suore della Carità Cristiana  e che dovrà essere demolita a breve per far spazio ad  una struttura di otto piani con due piani interrati ad uso parcheggio, con un notevole aumento della cubatura. (http://www.communitybook.it/eventi/villa-paolina-rischio-sara-nuova-via-ticino/)
Vi è una PETIZIONE IN CORSO per evitare questo scempio : 
https://www.change.org/p/sindaca-virginia-raggi-salviamo-villa-paolina-dalla-demolizione-basta-speculazioni-sul-nostro-patrimonio?recruiter=853089448&utm_source=share_petition&utm_medium=copylink&utm_campaign=psf_combo_share_message.undefined.nafta_psf_sequential_1.control.nafta_psf_sequential_3.control

VILLA PAOLINA

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Lo studio, pubblicato su “Scientific Reports”, rivista del gruppo "Nature", è stato condotto da un team internazionale di ricercatori coordinati dall’Università di Pisa

 

Un team internazionale ha identificato per la prima volta tutti i geni trascritti nella pianta di girasole “potenziata” grazie alla simbiosi con un fungo benefico che ne favorisce la crescita e lo sviluppo. La ricerca è stata condotta dai genetisti e microbiologi dell’Università di Pisa, coordinati rispettivamente dal professore Andrea Cavallini e dalla professoressa Manuela Giovannetti, e dai bioinformatici del Centro di ricerca inglese Rothamsted Research. Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” del gruppo editoriale "Nature". 
“Il girasole è una delle quattro più importanti piante produttrici di olio, il prezioso olio di girasole, ricavato dai suoi semi e ricco di acidi grassi insaturi e vitamina E, che è sempre più utilizzato nell’industria alimentare - spiega Andrea Cavallini - Noi con questo studio abbiamo dimostrato che l’espressione di alcuni geni, fondamentali per la crescita e l’assorbimento dei nutrienti nel girasole, aumenta a seguito dell’instaurarsi della simbiosi con un fungo benefico”. 
La collaborazione tra i genetisti, microbiologi e bioinformatici ha dunque portato alla identificazione del “trascrittoma”, cioè di tutti i geni espressi nella radice del girasole micorrizato, ovvero quando la pianta si trova a vivere in simbiosi con il fungo Rhizoglomus irregulare.

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L’associazione fra la celiachia e l’epilessia, sebbene poco frequente, è nota a livello clinico. Una ricerca dell’Ateneo su “Scientific Reports” dimostra per la prima volta sperimentalmente il rapporto fra gli effetti tossici del glutine e l’epilessia.
 

Una ricerca interdisciplinare dell’Ateneo su “Scientific Reports”, che ha studiato i meccanismi molecolari alla base dell’associazione fra la celiachia e l’epilessia, dimostra per la prima volta sperimentalmente il rapporto fra gli effetti tossici del glutine e l’epilessia (“The gliadin peptide 31-43 exacerbates kainate neurotoxicity in epilepsy models” doi: 10.1038/s41598-017-14845-4). La ricerca è frutto della collaborazione dei dipartimenti di Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino (NEUROFARBA), di Scienze Biomediche, Sperimentali e Cliniche e di Scienze della Salute. “Il collegamento fra la celiachia e l’epilessia, sebbene l’associazione sia poco frequente, è suggerito da numerose osservazioni cliniche – spiega Elisabetta Gerace, prima firmataria della pubblicazione – ma la nostra ricerca costituisce la prima dimostrazione sperimentale in modelli animali della correlazione tra la tossicità del frammento 31-43 della gliadina – una delle proteine principali del glutine – e l’epilessia”. “La novità dello studio – sottolinea Antonino Calabrò, docente di Gastroenterologia e direttore del Centro di Riferimento regionale per la celiachia– sta nel fatto di aver documentato come il glutine a contatto con zone cerebrali, come l’ippocampo, potenzi l’effetto dell’acido kainico, responsabile dell’innesco delle crisi di epilessia. L’azione è associata ad un’aumentata espressione della transglutaminasi neuronale”. “Sebbene ancora a livello sperimentale – prosegue Calabrò – la ricerca – che si è avvalsa delle competenze del team guidato da Guido Mannaioni, docente di Farmacologia – apre importanti prospettive nello studio delle terapie per pazienti celiaci epilettici e, più in generale, del rapporto fra il glutine e le malattie neurologiche”.

Pubblicato in Scienze Naturali

 

 

The female sex hormone oestrogen can perform an important role in neuroblastoma, a form of cancer mainly affecting young children. In laboratory experiments, researchers at Karolinska Institutet in Sweden demonstrate that oestrogen treatment and overexpression of the oestrogen receptor cause malignant neuroblastoma cells to mature into neuron-like cells. The study, which is published in PNAS, gives hope of new treatment possibilities. Neuroblastoma forms in the peripheral nervous system and is one of the most common forms of solid cancer in young children. The disease mainly affects babies and young children, and while in some cases the tumours can disappear of their own accord, the majority are aggressive, metastasising cancer tumours that are resistant to modern combinations of surgery, radiotherapy and intensive chemotherapy. The most aggressive forms of neuroblastoma are often associated with a more active MYCN gene, which drives tumour cell growth and spread and inhibits the maturation of the cells.

Pubblicato in Scienceonline
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