Mercoledì, 07 Aprile 2021

 


È il primo passo per creare nuovi inibitori di proteasi con applicazioni farmacologiche.

Pubblicato sulla rivista «Nature Communication» con il titolo “Mapping specificity, cleavage entropy, allosteric changes and substrates of blood proteases in a high-throughput screen” lo studio per l’identificazione veloce di proteine ed enzimi coinvolti nel processo di coagulazione ematica. La ricerca ha tra gli autori il Prof. Vincenzo De Filippis e la Dott.ssa Laura Acquasaliente del Dipartimento di Scienze del Farmaco dell'Università di Padova e il Dott. Federico Uliana, già laureando in Scienze Chimiche nel laboratorio del Prof. De Filippis ed ora ricercatore all’ETH di Zurigo.

Lo studio è il primo passo per la progettazione e sintesi di nuovi inibitori di proteasi con potenziali applicazioni farmacologiche in numerose delle patologie, tra le quali la trombosi. In un futuro prossimo basterà un’analisi del sangue o un prelievo di saliva per avere, attraverso un unico test, il profilo delle proteasi e sapere se tutte lavorano correttamente o se una o più hanno un’attività anomala che può causare la malattia. Lo studio è frutto della collaborazione tra il laboratorio di Quantitative Proteomics del Prof. Ruedi Aebersold (ETH, Zurigo, Svizzera) e il laboratorio di Chimica delle Proteine e di Ematologia Molecolare del Prof. Vincenzo De Filippis (Università di Padova).

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"Bene che i farmacisti stiano facendo corsi di formazione per imparare a vaccinare, ma ritengo sempre indispensabile, per i pazienti, che sia sempre garantita la presenza di un medico in caso di una qualche reazione avversa. Il farmacista non e' in grado professionalmente di poter gestire una situazione di questo tipo". Lo dice il presidente dell'Ordine dei medici di Roma, Antonio Magi.

"Il farmacista puo' vaccinare senza alcun problema- spiega Magi- ma deve esserci anche un medico disponibile, pronto ad intervenire nel caso si verifichi una situazione particolare o di emergenza, somministrando magari farmaci salvavita".

Magi resta dunque "sempre della stessa idea, d'altronde sono molti i farmacisti che la pensano come noi: anche loro vorrebbero avere la tranquillita' di avere un medico in caso di una qualche reazione avversa", conclude.

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Sulla rivista internazionale Journal of Cell Biology pubblicati i risultati di un nuovo studio firmato dai ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) e dell’Università Statale di Milano. I dati aprono nuove prospettive per la cura del tumore mammario. La ricerca è stata sostenuta dalla Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro.

È firmato da ricercatori esclusivamente italiani il recente studio pubblicato nel Journal of Cell Biology (JCB), prestigiosa rivista internazionale edita dalla Rockfeller University Press. Nello studio sono stati identificati i microRNA necessari a mantenere le cellule staminali tumorali, che contribuiscono alla crescita dei tumori al seno e alla ricomparsa del tumore dopo il trattamento. I dati rivelano che è sufficiente bloccare questi microRNA per rendere le cellule staminali più vulnerabili ad alcuni farmaci. Se i risultati ottenuti saranno confermati in studi clinici, le chemioterapie potrebbero in futuro risultare ancora più efficaci, migliorando la prognosi delle pazienti con forme aggressive di cancro al seno.

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Il libro intende avvicinare gli archeologi alla comprensione della terminologia e delle metodologie di studio adoperate da geologi e geomorfologi. Queste professionalità, che hanno basi naturalistiche rispetto a quelle storico-umanistiche degli archeologi, sono ormai entrate a far parte dei gruppi multidisciplinari di esperti che studiano e interpretano le varie forme di insediamento e uso del territorio dell'antichità. Partendo dai rapporti tra archeologia, geologia e geomorfologia, si descrivono forme e processi naturali dei diversi ambienti terrestri, dalle zone carsiche a quelle vulcaniche, dalle desertiche alle glaciali, passando per gli ecosistemi fluviali, fino alle fasce costiere.

Per ciascun ambiente trattato sono offerti numerosi esempi esplicativi corredati di immagini e casi di studio particolari, che consentono di comprendere meglio gli effetti che l'attività umana ha determinato, nel tempo, sui territori e i processi, spesso controproducenti, da essa innescati. Infine, viene presentato l'uomo del passato come agente geomorfico in opere idrauliche, di scavo e accumulo.

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Un’indagine multicentrica coordinata dall’IRCCS Galeazzi e dall’IRCCS Policlinico San Donato rivela come una massa muscolare ridotta possa favorire complicanze nei pazienti ricoverati per Covid-19.

È stato pubblicato sulla rivista scientifica Radiology uno studio coordinato dall’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi e dall’IRCCS Policlinico San Donato di Milano insieme all’Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità di Novara, all’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano, alla Fondazione Poliambulanza Istituto Ospedaliero di Brescia, all’Istituto Europeo di Oncologia e all’Ospedale di Cento – in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, l’Università degli Studi di Palermo e l’Università degli Studi del Piemonte Orientale – che ha dimostrato come la sarcopenia, ovvero una ridotta massa muscolare, rappresenti un fattore prognostico negativo nei pazienti ospedalizzati per Covid. L’obiettivo dello studio era stabilire quanto la ridotta massa muscolare fosse predittiva di decorso clinico sfavorevole nei pazienti Covid ricoverati nei reparti ordinari o in terapia intensiva, nel corso della prima ondata pandemica.

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Mercoledì, 07 Aprile 2021 08:14

T Cells Recognize Recent SARS-CoV-2 Variants


NIAID Research Suggests Protective Effects of Vaccination Remain Intact

When variants of SARS-CoV-2 (the virus that causes COVID-19) emerged in late 2020, concern arose that they might elude protective immune responses generated by prior infection or vaccination, potentially making re-infection more likely or vaccination less effective. To investigate this possibility, researchers from the National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), part of the National Institutes of Health, and colleagues analyzed blood cell samples from 30 people who had contracted and recovered from COVID-19 prior to the emergence of virus variants. They found that one key player in the immune response to SARS-CoV-2—the CD8+ T cell—remained active against the virus.

The research team was led by NIAID’s Andrew Redd, Ph.D., and included scientists from Johns Hopkins University School of Medicine, Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health and the immunomics-focused company, ImmunoScape.

The investigators asked whether CD8+ T cells in the blood of recovered COVID-19 patients, infected with the initial virus, could still recognize three SARS-CoV-2 variants: B.1.1.7, which was first detected in the United Kingdom; B.1.351, originally found in the Republic of South Africa; and B.1.1.248, first seen in Brazil. Each variant has mutations throughout the virus, and, in particular, in the region of the virus’ spike protein that it uses to attach to and enter cells. Mutations in this spike protein region could make it less recognizable to T cells and neutralizing antibodies, which are made by the immune system’s B cells following infection or vaccination.

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Lo studio, che ha coinvolto 122 soggetti in un esperimento online durante la primavera del 2020, ha evidenziato una maggiore difficoltà nel riconoscere le emozioni sui volti coperti dalle mascherine tradizionali rispetto a quelle dotate di una finestra di plastica trasparente che lascia intravedere la bocca. Il grado di affidabilità percepito resta però invariato. I risultati della ricerca, che ha visto la partecipazione del Dipartimento di Psicologia, sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports


Un tempo una rarità, nell'ultimo anno le mascherine sanitarie di ogni foggia e fattezza sono ormai arredo comune del nostro quotidiano. Fondamentali per contenere la pandemia di Covid-19, le mascherine comportano però alcuni effetti collaterali nella comunicazione non verbale, come documentato da un numero crescente di ricerche.

 "Di norma, siamo piuttosto bravi ad associare un'emozione a una determinata espressione del volto. Ma quando questo è mascherato, facciamo molta più fatica” - commenta Marco Marini, dottorando del Dipartimento di Psicologia e primo autore di uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Scientific Reports, in collaborazione con l’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione e l’Istituto Di Neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche e l’Università di Torino.

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Researchers from the University of Granada and the “San Cecilio de Granada” Teaching Hospital confirm that endocrine disruptors—chemical substances that may mimic or block the action of hormones—are present in some cosmetic products

The use of some cosmetic and beauty products (such as facemasks, lipsticks, face creams, nail polish, hair dyes, creams, hairspray, and hair mousse) could be related to an increased likelihood of developing endometriosis, due to certain chemical ingredients that mimic or block the action of hormones (known as endocrine disruptors).

This is one of the conclusions of a study conducted by researchers from the University of Granada (UGR) and the “San Cecilio de Granada” Teaching Hospital, published in the journal Environmental Research. The work forms part of a wider research project called EndEA.

Endometriosis is a very common gynaecological disease: it is estimated that one in 10 women of reproductive age could suffer from it. It is characterized by abnormal growth of endometrial tissue (which normally lines the inside of the uterus). This tissue extends into various areas of the abdomen and pelvis, causing a wide range of symptoms including intense chronic pain in the pelvic region, intestinal problems, and infertility, notably decreasing the quality of life of these women.

Pubblicato in Scienceonline

 

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