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Uno studio dell’Istituto di neuroscienze del Cnr e dell’ospedale Humanitas di Milano, pubblicato su Biological Psychiatry, rivela che il sistema immunitario materno, se attivato da infezioni nelle prime fasi della gestazione, può alterare lo sviluppo del cervello del nascituro, rendendolo più suscettibile all’epilessia. Definiti i meccanismi e identificata una possibile strategia preventiva

 

L’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) e l’ospedale Humanitas di Milano gettano nuova luce su alcuni meccanismi molecolari responsabili di difetti dello sviluppo del cervello del nascituro, in conseguenza di un’attivazione del sistema immunitario materno. Il lavoro è stato pubblicato su Biological Psychiatry. “È nota ormai da tempo l’associazione tra le infezioni materne durante la gravidanza e difetti del neurosviluppo del nascituro, ma i meccanismi molecolari che sono alla base di questo processo non sono ancora chiari. Nel nostro studio effettuato su modelli murini, utilizzando un agente (PolyI:C) che mima un’infezione virale, abbiamo dimostrato che una singola attivazione del sistema immunitario materno, nelle prime fasi della gravidanza, rende la prole più suscettibile all’insorgenza di crisi epilettiche”, spiega Michela Matteoli, direttore del In-Cnr e Responsabile del Neuro Center di Humanitas.

Pubblicato in Medicina

 

Ricercatori dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr hanno partecipato a una competizione internazionale per definire i limiti della mappatura delle reti neuronali tramite il neuroimaging. Lo studio è pubblicato su Nature Communications

 

La più grande comunità internazionale di imaging radiologico (Ismrm, International society for magnetic resonance in medicine) ha indetto una delle più imponenti competizioni internazionali (The Tractometer Challenge: http://www.tractometer.org/ismrm_2015_challenge/) allo scopo di valutare lo stato dell’arte dei metodi avanzati di mappatura completa dei ‘fili’ che collegano il cervello umano. A questo progetto ha partecipato l’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr) di Catanzaro, come unica realtà italiana, insieme ad altri 20 centri di neuroscienze tra i più avanzati al mondo che hanno ‘gareggiato’ tra loro. Lo studio è pubblicato sulla rivista Nature Communications. “Ricostruire il connettoma del cervello è come ricostruire la rete metropolitana di una megalopoli partendo dal nome delle stazioni, con il rischio di mettere in connessione stazioni che non fanno parte della stessa linea”, spiega Alessia Sarica, assegnista di ricerca dell’Ibfm-Cnr. “Per mettere alla prova i software di neuroimaging è stato creato un cervello sintetico, le cui connessioni erano sconosciute ai partecipanti. Ai concorrenti veniva dato un cervello ‘sintetico’ ricostruito manualmente da esperti tenendo presente dati post-mortem, quindi senza possibilità di errore. I partecipanti alla competizione erano invitati a provare i loro metodi di ricostruzione su queste immagini modificate ad hoc. La deviazione dal modello o il numero di fasci in più o meno determinava i parametri di performance della singola unità di ricerca: accuratezza nella ricostruzione e percentuali di errori”.

Pubblicato in Medicina

 

 

Postmenopausal hormone therapy is not associated with increased risk of stroke, provided that it is started early, according to a report from Karolinska Institutet in Sweden published in the journal PLOS Medicine. Roughly three in ten women in the menopause transition are afflicted by symptoms that seriously affect their wellbeing, such as hot flushes, dry mucosa and insomnia. However, although the symptoms can be treated effectively with female sex hormones, prescriptions have been low over the past 15 years as researchers have demonstrated a link between such therapy and an increased risk of certain diseases, including stroke. There is still, however, a need for more research on the issue, as the risk can be influenced by the time of the treatment and other factors, reasons Karin Leander, researcher at Karolinska Institutet’s Institute of Environmental Medicine.

Pubblicato in Scienceonline
Lunedì, 27 Novembre 2017 07:53

When magma prevents volcanic eruptions

 

 

Following a large caldera-forming eruption some magma remains in the magma reservoir.This magma cools, its viscosity increases, and when new magma is injected, the magma left over after the caldera-forming eruption stops the fresh magma from propagating to the surface and promotes caldera resurgence.

 

Calderas are huge topographic depressions formed by large volcanic eruptions. They sometimes experience an inflation of their floor of up to a kilometre, caused by magma injection. This process, dubbed «caldera resurgence», remains one of the least understood in volcanology. Researchers from the University of RomaTre and the University of Geneva show that non-erupted magma left after the caldera-forming eruption behaves as a “rubber sheet” that inhibits the rise of the newly injected magma. A spectacular proof of our planet’s activity, calderas are huge topographic depressions, similar to flat-bottomed craters, with a diameter of several tens of kilometres. They are formed by large volcanic eruptions, and sometimes experience an inflation of their floor of up to a kilometre, caused by magma injection. This well-known process, dubbed «caldera resurgence», has been observed several times and yet remains one of the least understood in volcanology. The enigmatic question was: Why after an eruption the arrival of new magma does not produce another major eruption but resurgence? A team of researchers from the University of Roma Tre, Italy, and the University of Geneva (UNIGE), Switzerland, shows that the non-erupted magma left after the caldera-forming eruption behaves as a “rubber sheet” that inhibits the rise to the surface of the newly injected magma. A research published in Nature Communications.

Pubblicato in Scienceonline
Domenica, 26 Novembre 2017 10:31

La scienza unisce le culture

Nasce The Science Bridge: 82 istituzioni di tutto il mondo, fra cui Sapienza, unite per sviluppare nuove terapie e promuovere lo scambio scientifico interculturale tra Occidente e Medio Oriente. L’articolo di presentazione dell’iniziativa è pubblicato sulla rivista Neuron

“The Science Bridge” è l’iniziativa di scambio scientifico interculturale che riunisce oltre 200 scienziati provenienti da ogni parte del mondo attorno a due ambiziosi obiettivi: promuovere collaborazioni di ricerca fra diversi paesi per accelerare le scoperte scientifiche e lo sviluppo di nuove terapie e migliorare le relazioni umane fra le diverse culture nel mondo, a partire da quelle tra Paesi Occidentali e del Medio Oriente-Sud/Est asiatico. La Sapienza è rappresentata da Patrizia Campolongo del Dipartimento di Fisiologia e farmacologia, co-autore dell’articolo di presentazione dell’iniziativa, pubblicato pochi giorni fa sulla rivista Neuron con la collaborazione di 82 centri di ricerca e 22 nazioni.

IL PROGRAMMA

Nell’articolo gli autori presentano il programma “The Science Bridge” che si articola in due fasi di attuazione. In un primo tempo è prevista l’organizzazione di conferenze scientifiche, programmi di scambi di ricerca e borse di studio condivise per aumentare la collaborazione nelle scienze biologiche - specialmente le neuroscienze - mantenendo come obiettivo principale l’ottenimento di nuove cure e trattamenti terapeutici mirati. In un secondo tempo si auspica la creazione di due “istituti gemelli”, ovvero di due enti di ricerca complementari situati uno in Occidente e l’altro in un Paese del Medio Oriente - Sud/Est asiatico, strutturati in modo da promuovere il libero scambio di idee e la condivisione delle scoperte.

Pubblicato in Scienza generale
Mercoledì, 22 Novembre 2017 15:20

European restoration and habitat preservation

 

 

Several important marine habitats in the European oceans are about to disappear. No complete mapping of existing or threated marine habitats in Europe are available, nor a full overview of the restoration potential of degraded habitats. These are the objectives of the EU financed four-year MERCES-project. Not since the previous mass extinction 65.5 million years ago, have the world´s species disappeared at the same alarming rate as today. During the previous extinction, there was an asteroid causing the mass mortality. Today, human activities ruin the living areas of plants and animals, constituting the biggest threat towards the species diversity on Earth. But Europe is preparing to fight the trend: The degraded ecosystems shall be repaired, and European researchers are about to find out how.

Pubblicato in Scienceonline

 Si è tenuto oggi un evento dal titolo “Medici del futuro 2.0 farmaci equivalenti-biosimilari qualità, efficacia e sostenibilità” presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, con l’obiettivo di assicurare e promuovere l’utilizzo di questi farmaci, in quanto rappresentano delle opportunità per il nostro SSN a un costo più contenuto. Questo consente, di conseguenza, un allargamento della base di pazienti che può accederne, nonché più idonee opportunità terapeutiche per i cittadini. L’evento vuole essere un’occasione per rafforzare la fiducia verso la sicurezza e l’efficacia dei biosimilari con politiche di prezzo sostenibili. Ha dato il benvenuto il Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” – il Prof. Orazio Schillaci, sottolineando che l’iniziativa, fortemente voluta dagli studenti, è molto utile per dibattere su una tematica così interessante come quella dei farmaci equivalenti-biosimilari soprattutto in un momento economico così delicato: “Aprire una finestra di confronto proprio nella Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma "Tor Vergata", non può che essere la sede più adatta per discutere di queste problematiche” – ha concluso il Preside. Prof. Giuseppe Novelli, Rettore Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" - ha spiegato che un’alta formazione di qualità si traduce anche in giornate di approfondimento come questa, centrata su tematiche particolarmente importanti: "Ai nostri giovani, i nostri futuri medici, l’Ateneo intende offrire strumenti di conoscenza e valutazione avanzati che potranno aiutarli nella professione, e contribuire a fare vera informazione scientifica".

Pubblicato in Medicina
Mercoledì, 22 Novembre 2017 11:08

Smart people have better connected brains

 

 

A study at Goethe University Frankfurt shows: In intelligent persons, some brain regions interact more closely, while others de-couple themselves. Differences in intelligence have so far mostly been attributed to differences in specific brain regions. However, are smart people’s brains also wired differently to those of less intelligent persons? A new study published by researchers from Goethe University Frankfurt (Germany) supports this assumption. In intelligent persons, certain brain regions are more strongly involved in the flow of information between brain regions, while other brain regions are less engaged. Understanding the foundations of human thought is fascinating for scientists and laypersons alike. Differences in cognitive abilities – and the resulting differences for example in academic success and professional careers – are attributed to a considerable degree to individual differences in intelligence. A study just published in “Scientific Reports” shows that these differences go hand in hand with differences in the patterns of integration among functional modules of the brain. Kirsten Hilger, Christian Fiebach and Ulrike Basten from the Department of Psychology at Goethe University Frankfurt combined functional MRI brain scans from over 300 persons with modern graph theoretical network analysis methods to investigate the neurobiological basis of human intelligence.

Pubblicato in Scienceonline

Ricercatori di Nano-Cnr e dell'Università di Regensburg hanno elaborato un interruttore ultra veloce per le onde elettroniche, che potrebbe consentire di accelerare enormemente i futuri dispositivi elettronici, aprendo al nuovo campo della plasmonica. Lo studio pubblicato su Nature Nanotechnology

 

La lucentezza tipica dei metalli è dovuta agli elettroni che si muovono liberamente all'interno del materiale, riflettendo la luce. Illuminando opportunamente il metallo si possono generare delle ‘onde’ sulla superficie di questo ‘mare’ di elettroni, che vengono dette plasmoni di superficie. Quando la luce è concentrata su un punto di pochi nanometri (un nanometro è un milionesimo di millimetro, circa dieci volte il diametro di un atomo), essa genera onde in miniatura che si propagano sulla superficie del materiale in modo circolare. La plasmonica intende sfruttare queste onde per realizzare dispositivi elettronici compatti e ultraveloci: finora tuttavia non si era trovato un modo per accendere e spegnere tali onde rapidamente. Per la prima volta, ricercatori dell'Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (Nano-Cnr) e della Scuola Normale Superiore, in collaborazione con l'Università di Regensburg, hanno dimostrato che è possibile accendere e spegnere con velocità elevatissima onde di elettroni. Un risultato che potrebbe portare a interruttori con velocità di commutazione enormemente maggiori rispetto a quelle dei più avanzati transistor attuali e quindi alla possibilità di costruire dispositivi elettronici ultraveloci. Lo studio è pubblicato su Nature nanotechnology.

Pubblicato in Tecnologia

 

Mercury is one of the top 10 chemical concerns for public health according to the World Health Organization (WHO). In more than half of Swedish lakes the mercury levels are so high that eating the fish is a threat to the health of people and wildlife. To make matters worse, the problem seems to have no solution in sight. But new research gives hope: the mercury problem could very well be blowing away in the wind. “Our research shows that Swedish freshwater fish might be on their way to becoming safe to eat in decades with current mercury pollution control measures, rather than in centuries as was previously believed”, says Kevin Bishop, Swedish University of Agricultural Sciences (SLU), one of the researchers in the Swedish-Chinese-Swiss team behind the study. After almost ten years of developing a sensitive technique to measure the movements of mercury gas between the atmosphere and landscape, the research group has published the first annual mass balance of mercury inputs and outputs for a peatland. While it is a major technical accomplishment just to have measured whether mercury gas is going into or out of the peatland 10 times a second for a year, the result of the mass balance is what is really remarkable.

Pubblicato in Scienceonline

Medicina

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