20 luglio 1969: la Luna
Il 20 luglio del 1969 l’uomo, con Neil Armstrong, metteva per la prima volta piede su un corpo celeste che non era la Terra. Quell’impresa apriva e chiudeva un’era. L’era della conquista dello spazio e della competizione tra USA e URSS. Quel primo fondamentale passo, che apriva l’uomo all’esplorazione umana del Cosmo, rappresentava però anche la implicita fine della corsa alla Luna. Poco più di tre anni dopo, con la missione Apollo XVII, si concludevano le missioni umane con obiettivo il nostro satellite e il mondo spaziale, allora unito verso quell’unico obiettivo, perdeva interesse verso il pallido chiarore della Luna, che tornava ad essere oggetto dei rimandi romantici a cui poeti e romanzieri e poi ancora cineasti, si sono ispirati. Il mondo spaziale tutto, in primo luogo ancora USA e URSS, rivolgeva la propria attenzione verso altri corpi celesti, Venere, Marte, Mercurio e poi Giove, lo stesso sole, mentre l’uomo nello spazio faceva scegliere alle due potenze spaziale vie diverse, lo shuttle, per gli USA, le stazioni orbitanti per l’URSS.
A caccia d'acqua sulla Luna
Occhi puntati sulla Luna in questi giorni. E non solo per ricordare la missione Apollo 11, che giusto quaranta anni fa (era il luglio del 1969) portava per la prima volta degli esseri umani a mettere piede sul nostro satellite naturale, ma anche e soprattutto grazie a due missioni della NASA, le prime a raggiungere la Luna (senza astronauti, ovviamente) dopo dieci anni, chiamate LCROSS (Luna Crater Observation and Sensing Satellite) e LRO (Lunar Reconnaissance Orbiter). A loro spetta tra l'altro il compito di risolvere uno dei grandi punti interrogativi che ci restano sulla Luna, che per il resto è tutto sommato il corpo celeste che conosciamo meglio. Ovvero, c'è acqua lassù?
Come e quando su Marte cap. 2
Molte sono ancora le incognite di una viaggio umano su marte. Sia di tipo tecnologico, che di tipo scientifico, o meglio fisiologico.
Attualmente il viaggio di un sonda robotica sul pianeta rosso non può essere inferiore ai sei mesi. La distanza minima tra la Terra e Marte, ovvero quando i pianeti si trovano l’uno opposto all’altro è di 56milioni di chilometri e il razzo che avesse il compito di condurre un equipaggio umano sul suolo marziano non solo dovrebbe avere abbastanza energia per sfuggire alla gravità terrestre, ma anche per resistere all’attrazione solare. Inoltre il vettore dovrebbe avere una capacità di propellente tale da permettere all’equipaggio di lasciare il suolo di Marte vincendo la sua forza di attrazione, che sebbene minore di quella terrestre, è comunque importante. Con le attuali tecnologie è ora impresa ardua. Alcuni anni or sono è stata ipotizzata l’ipotesi di un razzo a propulsione nucleare, le cui incognite sono comunque tali che il progetto è stato per il momento accantonato.
L'eredità della Luna
Il 4 ottobre 1957 un oggetto di produzione terrestre orbitava per la prima volta al di fuori dell’atmosfera del pianeta Terra, dodici anni dopo,il 20 luglio del 1969, un uomo, George Armstrong, posava per primo il piede su un corpo celeste che non fosse il pianeta che aveva dato i natali al genere umano, la Luna. Due momenti fondamentali di un’era che oggi è denominata l’era spaziale. Oggi, 52 anni dopo lo Sputnik, si riconosce a questa era di aver prodotto un balzo in avanti all’umanità non già eguale, ma superiore, all’evoluzione che il genere umano aveva conosciuto nei 500 anni precedenti. Quelli per intenderci della fine del geocentrismo con la rivoluzione copernicana, con l’avvento dell’astronomia grazie a Galileo,ma anche agli studi di Leonardo, la rivoluzione industriale, gli avanzamenti nello studio della medicina grazie a Pasteur e Fleming, allo studio dell’atomo e delle regole dell’universo grazie ad Einstein e Fermi.
La Luna, vista dall'Italia
Venti luglio del 1969. La data che segna un prima e un dopo nell'esplorazione umana dello spazio. A dire il vero, in Italia era ormai il 21, le 4 del mattino del 21, quando Neil Armstrong faceva quell’ormai proverbiale piccolo, grande passo che cambiava per sempre la storia umana. Una diretta-tour de force di oltre 25 ore, prima volta nella storia della RAI aveva tenuto inchiodati tutti gli italiani davanti al televisore, seguendo momento per momento la missione Apollo 11, fino all’allunaggio (avvenuto sei ore prima, alle 22 circa ora italiana) e la discesa di Armstrong e Aldrin sul suolo lunare.
Tra loro anche alcuni spettatori decisamente interessati: alcuni già interpreti dell'avventura spaziale del nostro paese, o che ne sarebbero diventati protagonisti negli anni a venire. Per loro, ripensare lo sbarco sulla Luna a quaranta anni di distanza significa rivivere un momento che ha influenzato profondamente la loro vita professionale, e che ha finito per influenzare, per quanto indirettamente, il corso stesso delle attività spaziale italiane.
Luna: suggestioni
Quando l’uomo posò il piede sulla luna, mi sembrò strano. Non emozionante, non suggestivo: solo strano. Non mi sembrò un miracolo, ma una sfida. Forse perfino uno sfregio. Quell’impronta pesante, quella polvere sollevata come aria secca, quei gesti goffi: niente riusciva ad affascinarmi.
Tutti i miei compagni di classe lo erano, anche tutte le suore del convento delle Figlie della Misericordia dove mi trovavo. Ricordo anche un’immagine del Papa, Paolo VI, che alzava le mani esultando. Avevo nove anni allora. “Siamo arrivati sulla luna”, sentivo esultare intorno.
Quando e come su Marte cap.1
Che il genere umano finirà prima o poi su Marte è inevitabile. Non è certo l'esser comodo o utile quello che spinge gente dotata di spirito di avventura a raggiungere un determinato luogo. L'Antartide è meno gradevole di Marte, il monte Everest non è un luogo di villeggiatura e le isole Kerguelen non scherzano neppur loro. Inoltre, per quanto oggi lo spirito di avventura appaia profondamente addormentato, non credo che sarà sempre così. E' per spirito di avventura allo stato istintivo che alcune Tupaie abbandonarono gli alberi su cui abitavano venti milioni anni fa e s esero a scorrazzare nelle praterie, vivendo arrischiatamente, acquistando la posizione eretta, ed infine producendo la gloriosa specie umana.
Dunque su Marte si andrà. Ma quando?
Killzone 2
Il sequel dello spettacolare e meno conosciuto KILLZONE uscito nel 2004, ha completamente rivoluzionato i parametri della PS3, sfruttando il massimo delle potenzialità della console.
La grafica del gioco è veramente entusiasmante e sembra proiettarti direttamente nel campo di battaglia. Inoltre c’è da segnalare un netto miglioramento delle attività di gioco rispetto al precedente capitolo con l’aggiunta di vari nuovi elementi che aggiungono maggiore imprevedibilità, come il vento che ora incide sulla traiettoria delle granate e dei proiettili. In questa versione esiste anche la possibilità di giocare online che permette di affrontare contemporaneamente diversi giocatori.
Ambiente e salute: una relazione a rischio
Riflessioni su etica, epidemiologia e comunicazionedi Fiorella Battaglia, Fabrizio Bianchi, Liliana CoriPresentazione di Giuseppe Cantillo, Prefazione di Eugenio Picano, Postfazione di Pietro GrecoIl Pensiero Scientifico Editore (http://www.pensiero.it/)“Il punto di vista epistemologico ha preso come oggetto del suo esame la particolare configurazione del rapporto causa-effetto che si presenta nella disciplina epidemiologica, quando ricerca il nesso fra esposizione ambientale e effetti sulla salute. Le considerazioni svolte su questo piano sono interessanti non solo per il contributo al chiarimento dello statuto epistemico della ricerca biomedica, ma anche perché aiutano a mettere in rilievo e a definire il ruolo della medicina nella costituzione del paradigma delle scienze umane”. Dalla Presentazione di Giuseppe Cantillo. “È quindi appropriato che il libro sia scritto da tre ricercatori che lavorano, da prospettive diverse, sul triangolo Ambiente-Rischio-Salute. È solo l’approccio multidisciplinare, che integri e sintetizzi saperi diversi, che permetterà di definire in maniera chiara l’impatto dell’ambiente sulla salute e di comunicare quest’impatto in maniera onesta e veridica ai cittadini. Il libro testimonia uno sforzo di condivisione che va nella direzione giusta”. Dalla Prefazione di Eugenio Picano. Vengono analizzati casi-studio di particolare rilevanza:
Hypercontextuality di Michael Herrman
Il volume Hypercontextuality è il risultato dello studio che Michael Herrman ha svolto nell’ultimo decennio attraverso l’analisi e la comparazione dei fenomeni sociali e culturali che caratterizzano i paesi europei e le condizioni umane ed esistenziali di chi li vive ed attraversa con lo sguardo rivolto al concetto di spazio ed all’interpretazione dello spazio – in una parola: all’architettura.
Il titolo dell’opera è già esemplificativo del concetto che l’accompagna: Ipercontestualità, ovvero tutto ciò che intercorre tra un contesto urbano, sociale, culturale e la sua trasposizione a simbolo, a concetto, a stato d’animo. L’autore ha aggiunto come sottotitolo ‘l’architettura dello spostamento e del senza-luogo’ lasciando già intuire che affronta nell’opera una diversa idea di architettura e di spazio urbano, rivolta verso il non-statico, il non-ieratico: come il mondo contemporaneo mira alla fluidità, alla interconnessione tra gli uomini attraverso la comunicazione, la migrazione, il turismo o il commercio, così lo spazio viene letto ed interpretato dall’autore in maniera cinetica e diacronica.
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