Coronavirus: scoperto ruolo della proteina "E" nelle cellule infettate

Università di Padova 08 Mag 2023


Ricercatori guidati dall’Università di Padova aprono nuove prospettive di contenimento e cura grazie ai piccolissimi anticorpi nanobodies.


La malattia da coronavirus (COVID-19) è una malattia respiratoria contagiosa causata dal virus SARS-CoV-2. Gli esiti clinici sono variabili e vanno dal recupero spontaneo alla malattia grave fino alla morte.
Nel marzo 2020, l'Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato una pandemia globale di COVID-19, tre anni dopo sono stati confermati in tutto il mondo circa 670 milioni di casi e 6,8 milioni di decessi. I coronavirus, incluso SARS-CoV-2, contengono un genoma di RNA a filamento singolo racchiuso in un capside virale costituito da quattro proteine strutturali: la proteina nucleocapside (N), la proteina spike (S), la proteina E e la proteina di membrana M. Team di ricercatori internazionale guidato dall’Università di Padova ha pubblicato sulla prestigiosa rivista «Cell Death and Disease» lo studio Perturbation of the host cell Ca2+ homeostasis and ER-mitochondria contact sites by the SARS-CoV-2 structural proteins E and M che evidenzia il ruolo delle proteine E ed M – fino a oggi ancora poco caratterizzate - nei meccanismi di proliferazione cellulare dei coronavirus, aprendo nuove prospettive di contenimento e cura delle epidemie da diversi tipi di coronavirus.

«In particolare, la proteina E, ancora non particolarmente studiata nelle sue caratteristiche di azione, e presente in tutti i coronavirus ed è caratterizzata da un basso tasso di mutazione – spiega il prof Tito Calì, del Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Padova e correspondig author della ricerca -. Il nostro studio si è focalizzato quindi sulle proteine E ed M di SARS-CoV-2, ed è emerso che esse giocano ruoli diversi nel meccanismo di produzione delle particelle virali all’interno della cellula. Abbiamo inoltre prodotto, purificato e testato specifici anticorpi piccolissimi chiamati nanobodies in grado di modulare l’attività della viroporina E andando così a modificare il meccanismo patologico che, nella cellula, permette la proliferazione del virus». «Questo studio, oltre a permettere una maggiore comprensione dei meccanismi molecolari attraverso cui queste proteine interferiscono con i processi cellulari suggerisce che la proteina E potrebbe essere un importante candidato terapeutico non solo per lo sviluppo di nuovi vaccini, ma anche per la gestione clinica del COVID attraverso regimi farmacologici mirati contro la sua funzione che, ad oggi, sono molto limitati». conclude la prof.ssa Marisa Brini, del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e coautrice dello studio. 

Lo studio, finanziato dal fondo “Emergenza COVID 19” dell’Università di Padova è stato svolto dalla Dr.ssa Elena Poggio (DiBio), dalla Dr.ssa Francesca Vallese (Columbia) e dal Dr. Andreas Hartel (Columbia) in collaborazione con ricercatori della Columbia University di New York e della Technical University of Darmstadt, in Germania e coordinato dal Prof Tito Calì del DSB e dalla Prof. Marisa Brini del DiBio.

Vota questo articolo
(0 Voti)

Lascia un commento

Assicurati di aver digitato tutte le informazioni richieste, evidenziate da un asterisco (*). Non è consentito codice HTML.

 

Scienzaonline con sottotitolo Sciencenew  - Periodico
Autorizzazioni del Tribunale di Roma – diffusioni:
telematica quotidiana 229/2006 del 08/06/2006
mensile per mezzo stampa 293/2003 del 07/07/2003
Scienceonline, Autorizzazione del Tribunale di Roma 228/2006 del 29/05/06
Pubblicato a Roma – Via A. De Viti de Marco, 50 – Direttore Responsabile Guido Donati

Photo Gallery