Nel vasto universo del microbiota intestinale umano, i protagonisti più studiati sono sempre stati i batteri. Tuttavia, un nuovo filone di ricerca sta portando alla ribalta il viroma: la comunità di virus che abita il nostro intestino e che, secondo le ultime evidenze, potrebbe essere la chiave per comprendere e trattare molte patologie gastrointestinali. Un’importante review pubblicata su Precision Clinical Medicine da un team internazionale guidato da Tao Zuo (Sun Yat-sen University, University of Heidelberg, Polish Academy of Sciences) offre una panoramica aggiornata e approfondita su come i virus intestinali—soprattutto i batteriofagi—regolino l’ecosistema microbico, influenzino l’immunità e aprano nuove prospettive terapeutiche.


Mancano almeno 502 pediatri di famiglia in Italia, con il 75% delle carenze concentrate in Lombardia, Piemonte e Veneto. Questa la denuncia della Fondazione GIMBE, che evidenzia come la situazione sia destinata ad aggravarsi: entro il 2028 andranno in pensione quasi 2.600 pediatri, a fronte di un ricambio generazionale incerto. La carenza si traduce in un sovraccarico per i pediatri esistenti, con numerosi casi in cui si supera il massimale di 1.000 assistiti, rendendo difficile per molte famiglie trovare un pediatra disponibile.
Il ruolo cruciale del Pediatra di Libera Scelta (PLS)
Il pediatra di famiglia è il punto di riferimento essenziale per la salute di bambini e ragazzi da 0 a 13 anni. L'assegnazione di un PLS è obbligatoria dalla nascita per garantire l'accesso ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) del Servizio Sanitario Nazionale. Nonostante il calo delle nascite, che ha ridotto il fabbisogno di PLS di oltre 500 unità in sei anni, la situazione rimane critica. Infatti, il passaggio automatico dei ragazzi di 14 anni al medico di medicina generale (MMG) e il numero maggiore di quattordicenni rispetto ai nuovi nati, generano un saldo netto positivo di assistiti per i PLS, aumentando il loro carico di lavoro.

 

L’esercizio fisico è universalmente riconosciuto come uno degli strumenti più potenti per migliorare la salute umana, con effetti preventivi e terapeutici su malattie croniche come il diabete e le patologie cardiovascolari. Tuttavia, i meccanismi molecolari precisi che sottendono i benefici di diversi tipi di esercizio sono rimasti a lungo poco esplorati, soprattutto a causa delle difficoltà tecniche nel raccogliere dati molecolari su larga scala in modo non invasivo. Negli ultimi anni, però, la ricerca si sta orientando verso approcci multi-omici che promettono di rivoluzionare la fisiologia dell’esercizio e la medicina dello sport.

Un recente studio pubblicato su Sports Medicine - Open da Kayvan Khoramipour, Sergio Maroto-Izquierdo, Simone Lista, Alejandro Santos-Lozano (Miguel de Cervantes European University) e Katsuhiko Suzuki (Waseda University) introduce due discipline emergenti: enduromics e resistomics. Questi nuovi campi di studio permettono di analizzare le modificazioni molecolari indotte rispettivamente dall’allenamento di endurance e da quello di resistenza, offrendo la possibilità di personalizzare l’esercizio fisico in base al profilo molecolare individuale.



La medicina, nella sua essenza, è una disciplina basata sulla scienza, sull'evidenza e sulla ricerca costante [16]. Eppure, osservando da vicino le dinamiche che la governano, emerge una riflessione inquietante: la pratica medica, purtroppo, assume talvolta le sembianze di una religione, dove il protocollo diventa il nuovo rituale e la critica è spesso soppressa in favore dell'ortodossia.


Il medico: esecutore o pensatore critico?
Come giustamente osservato, la base della classe medica è stata storicamente ancorata alle direttive provenienti dall'alto. Basti pensare a quanto tempo hanno impiegato a capire che le mani andavano lavate prima degli interventi. Un esempio storico e drammatico di questa resistenza è la vicenda di Ignaz Semmelweis, un medico ungherese che a metà del XIX secolo, osservando le altissime mortalità per febbre puerperale nelle cliniche ostetriche, intuì la correlazione con la mancanza di igiene delle mani dei medici che passavano dalle autopsie alle visite alle partorienti. Nonostante la drastica riduzione dei decessi ottenuta introducendo l'obbligo di lavare le mani con una soluzione di calce clorata, le sue teorie furono largamente derise e rifiutate dalla comunità medica del tempo. Semmelweis fu osteggiato, perse la sua posizione e finì i suoi giorni in un manicomio, morendo per una setticemia contratta proprio a causa di una ferita infetta [13]. La sua storia è un monito potente su quanto sia difficile per la scienza accogliere verità scomode che sfidano le pratiche consolidate e il prestigio della professione.


Lo studio dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in collaborazione con l’Università di Roma “Tor Vergata” e il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, identifica biomarcatori chiave nei pazienti trattati precocemente e apre nuove prospettive per terapie personalizzate.
Un gruppo di adolescenti e giovani adulti nati con l’HIV e trattati fin dalla prima infanzia ha mostrato una notevole capacità di controllo dell’infezione, mantenendo il virus in uno stato quasi inattivo. È quanto emerge da uno studio condotto dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, in collaborazione con l’Università di Roma “Tor Vergata” e il MIT di Boston, pubblicato sulla rivista Cell Reports Medicine.


Un team di ricercatori dell'IFOM, dell'Università di Torino e dell'Università degli Studi di Milano, in collaborazione con il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, l'Ospedale San Raffaele e l'Istituto di Candiolo, ha individuato una strategia innovativa per rendere i tumori del colon-retto sensibili all'immunoterapia, combinando due chemioterapici specifici. La scoperta, resa possibile grazie al sostegno dell'European Research Council (ERC) e della Fondazione AIRC, è stata pubblicata sull'autorevole rivista scientifica Cancer Cell e apre nuove possibilità terapeutiche per il tumore al colon-retto.

 

Le cellule staminali mesenchimali (MSC), ricavabili da tessuto adiposo e midollo osseo, possiedono notevoli proprietà immunomodulanti e antinfiammatorie, rendendole preziose sia in medicina umana che veterinaria. Tuttavia, la loro applicazione è spesso limitata dalla capacità proliferativa ridotta e dalla variabilità qualitativa legata all'età del donatore e al sito di prelievo. Per superare queste sfide, un metodo per produrre MSC utilizzando cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) sta guadagnando crescente interesse come via per garantire un approvvigionamento stabile di MSC omogenee. Le iPSC, infatti, vantano una capacità di proliferazione illimitata e la versatilità di differenziarsi in svariati tipi cellulari. Nonostante questo enorme potenziale, gli studi focalizzati sull'applicazione in medicina canina rimangono ancora limitati.


In un significativo passo avanti per migliorare la medicina veterinaria, un team di ricerca guidato dal Professor Shingo Hatoya e dal Dott. Masaya Tsukamoto presso la Graduate School of Veterinary Science dell'Università Metropolitana di Osaka ha generato con successo iPSC da quattro diversi tipi di cellule somatiche canine. Utilizzando queste cellule, è stato possibile indagare e definire il metodo ottimale per la produzione di MSC canine.

 

Uno studio pilota firmato Cnr, Università degli studi di Milano e Policlinico, pubblicato su Brain Stimulation, ha evidenziato come la stimolazione elettrica spinale non invasiva possa modulare i biomarcatori dello stress ossidativo e dell’infiammazione in pazienti affetti da sclerosi multipla, aprendo a nuove prospettive terapeutiche ad affiancamento dei trattamenti standard

Uno studio pilota appena pubblicato sulla rivista internazionale Brain Stimulation ha evidenziato come la stimolazione elettrica spinale non invasiva (tsDCS) possa modulare i biomarcatori dello stress ossidativo e dell’infiammazione in pazienti affetti da sclerosi multipla (SM), aprendo a nuove prospettive terapeutiche ad affiancamento dei trattamenti standard.

Il progetto pilota, finanziato dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM), è frutto della collaborazione tra l’Università degli Studi di Milano, la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, e l’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche, e ha coinvolto un gruppo multidisciplinare di ricercatori clinici e bioingegneri.



La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) resta una delle malattie neurodegenerative più temute e difficili da trattare, con una sopravvivenza media di circa quattro anni dalla diagnosi e nessuna cura definitiva all’orizzonte. In questo scenario, un gruppo di ricercatori dell’Università di Uppsala ha compiuto un passo rivoluzionario: grazie alla stampa 3D, sono riusciti a creare modelli di tessuto nervoso umano coltivabili a partire dalle cellule dei pazienti stessi. Questa innovazione apre nuove prospettive per la medicina di precisione, la ricerca farmacologica e la comprensione dei meccanismi alla base della SLA, integrando stampa 3D, organoidi nervosi, medicina rigenerativa, SLA, cellule staminali umane, neurodegenerazione, terapia personalizzata, bioink, bioprinting, modelli in vitro.

Dalla pelle al midollo spinale: come nasce un organoide nervoso

I ricercatori hanno utilizzato cellule staminali umane ottenute dalla pelle dei pazienti, riprogrammate per diventare progenitori dei motoneuroni, le cellule che controllano i muscoli e che nella SLA vengono progressivamente distrutte. Queste cellule sono state mescolate con un gel di gelatina e stampate strato su strato mediante una stampante 3D, ricreando così la struttura tridimensionale del tessuto nervoso.

Un elemento chiave dell’innovazione è stato l’uso di un bioink più morbido, che mantiene la forma ma permette la crescita delle fibre nervose (neuriti) anche all’interno dello scaffold, e non solo in superficie come nei precedenti tentativi. Inoltre, l’aggiunta di particelle di silice mesoporosa caricate con fattori di crescita ha favorito la maturazione cellulare e la formazione di reti neurali più complesse.

“La nostra metodologia consente di costruire organoidi di motoneuroni direttamente dalle cellule cutanee del paziente, da cui possiamo ottenere modelli di midollo spinale utilizzabili per testare nuovi trattamenti,” spiega Elena Kozlova, autrice principale dello studio.


Spezia millenaria dal colore vivace e dal sapore distintivo, la curcuma è ben più di un semplice ingrediente culinario. Originaria del Sud-Est asiatico, in particolare dell'India, è da secoli un pilastro della medicina ayurvedica e della medicina tradizionale cinese, venerata per le sue straordinarie proprietà benefiche. Oggi, la scienza moderna sta confermando ciò che le antiche tradizioni sapevano da tempo, rendendo la curcuma una delle spezie più studiate e apprezzate nel campo del benessere.

Un Tesoro di Composti Bioattivi: La Curcumina
Il segreto delle virtù della curcuma risiede principalmente nella curcumina, il polifenolo responsabile del suo caratteristico colore giallo-arancione. La curcumina è il principale principio attivo e il più studiato tra i curcuminoidi, un gruppo di composti bioattivi presenti nella curcuma. È a questo composto che si attribuiscono la maggior parte delle proprietà salutistiche della spezia.

 

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