“L’effetto della stimolazione spinale sui biomarcatori di ossidazione e infiammazione rappresenta un’indicazione promettente della possibilità di intervenire su meccanismi patogenetici centrali della malattia”, dichiara Alberto Priori, direttore della SC di Neurologia dell’ASST-Santi Paolo e Carlo e direttore del Centro di Ricerca ‘Aldo Ravelli’ dell’Università degli Studi di Milano. “Si tratta di una linea di ricerca coerente con l’approccio innovativo che perseguiamo da anni nella neuromodulazione non invasiva”.
Lo studio ha coinvolto persone con sclerosi multipla e spasticità, sottoposti per cinque giorni a stimolazione spinale attiva e placebo. I risultati mostrano una riduzione dei radicali liberi (ROS) e un aumento della capacità antiossidante (TAC), con correlazioni significative con aspetti cognitivi e sociali della qualità della vita.
“Il nostro approccio metodologico ha integrato modelli computazionali, analisi biomolecolari e scale cliniche, in una prospettiva sistemica e personalizzata: è un primo passo verso la definizione di protocolli predittivi per trattamenti personalizzati nei pazienti con sclerosi multipla”, commenta Sara Marceglia, docente di bioingegneria all’Università degli Studi di Milano.
Sul piano dei meccanismi biologici, lo studio suggerisce un possibile coinvolgimento di marcatori associati a rimielinizzazione e neuroprotezione, come la transtiretina e l’interleuchina-6. “I risultati ottenuti indicano che, anche in studi su piccoli campioni, l’utilizzo di biomarcatori specifici può offrire informazioni cruciali sull’efficacia e sui target della neuromodulazione”, sottolinea Simona Mrakic-Sposta, fisiologa del Cnr-Ifc.
“Questo studio evidenzia come l’approccio della psicobiologia, che integra componenti neurobiologiche, comportamentali e cliniche, sia fondamentale per comprendere e modulare le dinamiche mente-corpo nella sclerosi multipla”, dichiara Roberta Ferrucci, neuropsicologa presso il la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e docente presso l’Università degli Studi di Milano. “La possibilità di intervenire anche sugli aspetti psicosociali della qualità della vita attraverso strategie non farmacologiche, sicure e personalizzabili, rappresenta una prospettiva concreta per la presa in carico integrata delle malattie neurologiche complesse”.