Astrofisica

Astrofisica (60)

L’instancabile satellite scientifico Agile (Astrorivelatore Gamma a Immagini Leggero) dell’Agenzia Spaziale Italiana compie otto anni: era nato per una vita operativa di due anni, ma è tuttora pienamente efficiente e ancora non si è stancato di studiare l’Universo.

Un team internazionale guidato da ricercatori dell'Università di Zurigo, con la partecipazione dell’Università di Leichester e del NAOC di Beijing, ha sviluppato una nuova tecnica nella rilevazione di materia oscura nell’Universo. Il principale risultato dello studio conferma la presenza di un’enorme zona di materia oscura vicino al Sole. Ecco gli estremi dell’articolo: Silvia Garbari, Chao Liu, Justin I. Read, George Lake, A new determination of the local dark matter density from the kinematics of K dwarfs, “Monthly Notice of the Royal Astronomical Society”, 9 August, 2012.

La natura della materia oscura è ancora, per molti aspetti, un mistero: si tratta di una sostanza invisibile e misteriosa che può essere individuata solo indirettamente, grazie alla forza gravitazionale che essa esercita. Gli studi sugli ammassi di galassie condotti negli anni trenta da F. Zwicky e S. Smith ne hanno evidenziato per la prima volta l’esistenza. Un ammasso è un aggregato di molte galassie separato da grandi spazi vuoti: F. Zwicky e S. Smith hanno osservato che le velocità degli aggregati sono decisamente superiori a quelle previste per un sistema gravitazionale standard – intendendo con questo termine un sistema in cui la cui massa totale è identica a quella della materia visibile. L’esistenza di una materia non visibile (dunque oscura) rappresenta una larga percentuale della massa-energia totale dell’Universo (a seconda delle interpretazioni, questa massa oscilla tra il il 72% e il 90% circa).

 

Eraclito, grande filosofo e pensatore presocratico, affermava nel suo libro Sulla natura (Perì physeōs) che Il sole è nuovo ogni giorno. Niente di più vero. Negli ultimi giorni abbiamo sentito parlare spesso delle tempeste solari che partono dalla nostra stella e possono arrivare fino alla Terra. Quando parliamo di tempeste solari descriviamo in realtà più fenomeni. Uno di questi è il brillamento solare o flare, un improvviso aumento di luminosità dovuto al rilascio di energia magnetica accumulata negli strati atmosferici del sole. I fenomeni violenti del Sole sono, infatti, collegati al suo campo magnetico, che varia nel tempo seguendo un ciclo di ventidue anni. Le prime osservazioni di questa variazione sono state effettuate già da Galileo, notando un cambiamento nel numero di macchie solari visibili nel corso degli anni. Quando sul Sole non sono visibili macchie il suo campo magnetico è simile a quello di una calamita con due poli. Se le macchie aumentano di numero anche il campo magnetico diventa sempre più complesso e si “aggroviglia”. Sono proprio le linee di campo magnetico che emergono in zone diverse dai poli solari a causare le macchie. Quando in alcune zone la complessità del campo aumenta troppo questo tende a riordinarsi rilasciando grandi quantità di energia sotto forma di luce visibile, raggi x e particelle accelerate. Un fenomeno associato ai brillamenti più intensi è l’emissione di massa coronale, in cui parte del gas che forma la corona solare viene accelerato verso lo spazio dal rilascio di energia del brillamento. Proprio questo gas magnetizzato, quando colpisce la Terra, causa intense tempeste geomagnetiche.

 

Astrofisica da record

21 Gen 2009 Scritto da

Un 2008 da record per l’Agenzia Spaziale Italiana e l’esplorazione del cosmo. Infatti nella lista dei più importanti risultati della fisica per l'anno 2008, riportata sul numero 879 di dicembre dell'American Institute of Physic Bullettin of Research News e divisa in dieci aree tematiche, ben cinque riguardano ricerche condotte da missioni spaziali che vedono l'ASI in primo piano.

 

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