Schema della trasmissione. Il sistema Alfa-Centauri a sinistra, la Terra e il nostro Sole (non in scala): il cono di trasmissione è ampio come la distanza Terra-Sole
Si tratta del sistema stellare più vicino al nostro, noto come alfa Centauri, ossia la stella principale della costellazione del Centauro, visibile nei cieli australi. Questo è un gruppo di tre stelle a circa 4,3 anni luce dal sole. In pratica, nello studio si indica come dimensionare il sistema ottico che invierà i messaggi luminosi con i dati, come realizzare effettivamente gli emettitori e, infine, con che protocollo trasmettere i dati considerando l’enorme distanza della sonda una volta raggiunto il pianeta, dalla terra. Questa distanza è di circa 40 milioni di miliardi di chilometri e rappresenta l’estremo dei sistemi di comunicazione finora considerati.
«Lo schema di comunicazione prevede l’invio di una sonda a forma vela, spinta da un potente fascio laser dalla terra, e che può raggiungere il 20% della velocità della luce – spiega il prof. Villoresi -. In questo modo compie la distanza fino a destinazione in vent’anni. Una volta su Proxima centauri B, utilizzando trasmettitori molto sottili e posti sulla superficie della vela, il messaggio viene trasformato in impulsi luminosi che costituiscono un fascio conico con una ampiezza molto ridotta.
Questo fascio permetterà, utilizzando un codice di correzione dell’errore capace di far raggiungere il punto di ricezione terrestre individuato, di comunicare le osservazioni “registrate” dalla vela nell’arco di qualche settimana. In sostanza, un “telefono” interstellare che dallo spazio chiama a casa!» Lo studio è stato realizzato da ricercatori del Padua Quantum Technologies Research Center, diretto dal prof. Villoresi, un centro interdipartimentale dell’Università di Padova che ha lo scopo di formare dei team interdisciplinari che possono affrontare tematiche hardware ed interessanti facendo sinergia delle expertise complementari.
In particolare hanno operato esperti di comunicazione quantistica spaziale, di nano ottica e nanofabbricazione e infine di sistemi di telecomunicazione. Il risultato non sarebbe stato possibile per il singolo sottogruppo, ma si è reso possibile grazie alla stretta cooperazione di scienziati con formazione differenti. Il contesto è quello del progetto internazionale «Star Shot», supportato dal Breakthrough Initiatives, una fondazione privata con sede negli Usa ma di carattere internazionale, che finanzia progetti proprio nel tema della ricerca della vita nell’universo. Il team Padovano è entrato a far parte del progetto grazie al più che ventennale lavoro di ricerca – finanziato inizialmente dall’Ateneo - che ha dimostrato la fattibilità delle comunicazioni quantistica nello spazio, utilizzando singoli fotoni per realizzare protocolli di comunicazione tra satelliti a terra.
Lo studio High directional optical transmitter with phased array of nanoptical emitters and efficient error correction for long distance space communications fa parte del progetto «StarShot», che coinvolge altri team che si sono occupati di aspetti differenti del progetto, tra cui Caltech, MIT, Arizona State University, Hawaii University, UCLA, University of Arizona e Berkeley. Lo studio è stato presentato dal prof. Paolo Villoresi al primo simposio interstellare, tenutosi in dicembre a Lussemburgo. Si sta formando una comunità scientifica che guarda da diversi punti di vista, le sfide e opportunità dei viaggi interstellari.