Mini stomaci ricreati in laboratorio per studiare le infezioni da Covid nei bambini
Pubblicato su «Nature Communications» lo studio SARS-CoV-2 infection and replication in human gastric organoid, risultato del lavoro di un team internazionale che ha sviluppato in laboratorio un modello dello stomaco umano utilizzabile per studiare come le infezioni hanno un impatto sul sistema gastrointestinale.
Con il progredire della pandemia da COVID-19 diversi ospedali hanno segnalato, soprattutto nei casi riguardanti bambini, sintomi gastrointestinali della malattia, associati agli effetti più usuali, quali tosse e difficoltà respiratorie. Partendo da questa evidenza, un team internazionale di ricerca - guidato dal Prof. Nicola Elvassore del Veneto Institute of Molecular Medicine (VIMM) e del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Padova e dal Prof. Paolo De Coppi del Great Ormond Street Institute of Child Health all'University College London - ha sviluppato e adattato un modello di mini-stomaco per studiare come un’infezione da SARS-CoV-2 colpisce lo stomaco. Lo studio che ne è conseguito è stato pubblicato su «Nature Communications». Le evidenze sperimentali sono state rese possibili dai recenti progressi compiuti nella creazione di “miniorgani” in laboratorio, noti come organoidi.
Oceano artico: sempre più caldo dall’inizio dello scorso secolo
Un team di ricerca internazionale guidato dall’Istituto di scienze polari e di scienze marine del Cnr con il contributo dell’Università di Cambridge ha ricostruito la storia recente del riscaldamento alle porte dell'Oceano artico, in una regione chiamata lo Stretto di Fram, tra la Groenlandia e le Svalbard. Il lavoro, pubblicato su Science Advances, data per la prima volta l’inizio del riscaldamento del più piccolo degli oceani e prevede un ulteriore aumento in futuro a causa del cambiamento climatico.
L’Oceano artico ha iniziato a riscaldarsi rapidamente all’inizio del XX secolo, decenni prima di quanto finora documentato dalle moderne misurazioni sperimentali. La notizia arriva da un gruppo di ricerca internazionale coordinato dall’Istituto di scienze polari (Cnr-Isp) e di scienze marine (Cnr Ismar) del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna con la collaborazione dell’Università di Cambridge. La causa è un fenomeno da tempo noto come 'atlantificazione', ossia una progressiva intrusione di acque atlantiche (calde e salate) nel dominio artico (freddo e dolce).