Ambiente

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Un'indagine congiunta di Greenpeace e Report svela il vero destino degli abiti dismessi.

Una recente e approfondita indagine, condotta dall'Unità Investigativa di Greenpeace Italia in collaborazione con la trasmissione Report di Rai 3, ha messo in luce la destinazione finale degli abiti usati gettati nei cassonetti o consegnati ai programmi di raccolta dei grandi marchi di moda (come H&M, Zara e Nike).Tra giugno 2024 e maggio 2025, i ricercatori hanno tracciato il percorso di 26 capi di abbigliamento usati (di cui 14 integri e 12 danneggiati) dotati di tracker GPS, consegnati ai servizi di raccolta in 11 città italiane.

I ricercatori dell'SLF stanno studiando le molteplici e rapide conseguenze dei cambiamenti climatici sull'ambiente alpino. L'obiettivo è preparare le popolazioni a far fronte alle sfide significative poste da un habitat che sta mutando a ritmi serrati.

Il Clima Alpino a Doppia Velocità

Nel cuore dell'Europa, le Alpi stanno sperimentando un riscaldamento che procede a una velocità doppia rispetto alla media globale. Ghiacciai in fusione, instabilità delle pareti rocciose e trasformazioni della flora e della fauna sono solo alcune delle manifestazioni. Gli scienziati dell'SLF (Istituto di Davos) stanno analizzando questi processi in corso e le necessità di adattamento delle comunità montane. Di seguito una sintesi delle loro attuali ricerche e conclusioni:

Intensificazione dei Rischi Naturali

I cambiamenti climatici stanno accentuando i pericoli naturali in molte aree montane, ponendo sfide specifiche alla regione alpina. È la conclusione di uno studio coordinato congiuntamente da Samuel Weber, esperto di permafrost dell'SLF, e Mylène Jacquemart, glaciologa di WSL e Politecnico di Zurigo.


Una nuova e rivoluzionaria ricerca, frutto della collaborazione tra l'Università di Oxford e l'Università "La Sapienza" di Roma, ha svelato una drastica diminuzione dell'efficacia operativa della fauna selvatica africana. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature, quantifica questa perdita e suggerisce strategie innovative per la conservazione.

Ogni sistema naturale possiede una sua "energia funzionale" intrinseca, che è cruciale per alimentare processi ecologici fondamentali come il riciclo dei nutrienti e la diffusione dei semi. I ricercatori hanno introdotto un nuovo modello basato sull'"energetica degli ecosistemi" per misurare l'entità di questa perdita nel contesto della fauna africana.

I risultati sono allarmanti: l'energia funzionale complessiva generata dalla fauna africana è diminuita di oltre un terzo rispetto al periodo precoloniale. La causa principale è l'estinzione e il forte declino di specie di grandi dimensioni (come elefanti, leoni e rinoceronti) che, in quanto veri e propri "ingegneri ecologici", modellavano e regolavano l'ecosistema in modo insostituibile. Animali più piccoli o il bestiame non possono replicare il loro impatto sistemico.

 

Un lavoro di un team internazionale guidato dalla Sapienza, e diffuso sulla rivista Environmental Science & Technology, ha dimostrato che il digestato, il residuo organico risultante dalla produzione di biogas, può essere trasformato in un autentico stimolatore immunitario naturale per le piante, a patto che venga adeguatamente trattato.

Questa scoperta, tutelata anche da un brevetto internazionale, schiude nuove possibilità per diminuire l'impiego di pesticidi e fertilizzanti chimici, favorendo così una gestione agricola più sostenibile e circolare. Il digestato, già apprezzato come concime naturale grazie al suo apporto nutritivo, presenta tuttavia due aspetti problematici: uno squilibrio nella sua composizione nutrizionale e la presenza di un'abbondante componente microbica che può limitarne l'efficacia agronomica.



Roma, città celebre per il suo verde secolare e il maestoso skyline disegnato dai Pini e dai Cipressi, sta vivendo una vera e propria "strage silenziosa" del suo patrimonio arboreo. Negli ultimi anni, tra necessità di sicurezza e polemiche sulla trasparenza, la Capitale ha visto l'abbattimento di migliaia di alberi (stime indicano oltre 13.000 esemplari dal 2021 al 2025), un numero che aumenta se si considerano gli alberi classificati come "morti in piedi" o a rischio schianto.
Il culmine di questa ondata di tagli ha colpito persino i simboli vegetali della città:

 

Il silenzio fotosintetico: quanto costa all'aria e alla salute?
L'abbattimento di alberi maturi comporta un grave danno ambientale netto per la qualità dell'aria, che si riflette direttamente sulla salute pubblica, con le malattie respiratorie in costante aumento nei centri urbani.
Produzione di ossigeno e filtro inquinanti. Un singolo albero adulto può produrre ossigeno sufficiente a coprire il fabbisogno annuale di 10 persone. Soprattutto, la capacità di un albero di filtrare inquinanti come le polveri sottili (PM10) è direttamente proporzionale alla sua massa fogliare. Le piante adulte assorbono una quantità di CO2 superiore, arrivando perfino al 31% in più rispetto alle giovani.


Una ricerca, coordinata da scienziati dell'Università Sapienza di Roma, mette in luce gli effetti dei mutamenti climatici sui mammiferi che popolano i deserti. Lo studio rivela che, già nei prossimi decenni, il riscaldamento globale potrebbe colpire persino le specie più specializzate nel sopravvivere in contesti di estrema siccità e caldo record.

Sebbene la parola "deserto" suggerisca un'area desolata o spopolata, gli habitat desertici custodiscono una frazione rilevante della biodiversità, seppur poco varia, ma eccezionalmente singolare. Esempi di questa fauna unica, che caratterizza i deserti terrestri, includono animali noti come la volpe del deserto, simboli della conservazione come l'orice (un'antilope dell'Africa e del Medio Oriente), e vari piccoli roditori.

 

Quanto tempo resisteranno i ghiacciai all'aumento delle temperature globali? Non a lungo, secondo un nuovo e allarmante modello.

Un gruppo di ricerca internazionale, guidato dall'austriaco ISTA (Institute of Science and Technology Austria) e con la collaborazione degli italiani Cnr-Isp e Cnr-Irsa, ha sviluppato un modello previsionale per stimare la capacità di "auto-raffreddamento" dei ghiacciai. Questa cruciale funzione mitiga localmente gli effetti del cambiamento climatico, ma è destinata a esaurirsi, accelerando drammaticamente la loro fusione. I risultati dello studio, basati su dati raccolti in 350 stazioni meteo in tutto il mondo, sono stati pubblicati sulla rivista Nature Climate Change.

Un team di ricerca del Dipartimento di Scienze della Terra della Sapienza Università di Roma, guidato dal dottorando Eduardo Di Marcantonio e dai professori Luigi Dallai e Massimo Marchesi, ha messo a punto il primo metodo analitico per l'analisi isotopica dei principali PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) presenti nell'ambiente.

I PFAS, noti come "inquinanti eterni" a causa della loro persistenza e del potenziale accumulo negli organismi viventi con effetti cancerogeni, sono composti chimici usati in una vasta gamma di prodotti (antiaderenti, tessuti impermeabili, cosmetici, ecc.).

 

Il piombo non è solo un problema delle aree industrializzate. Un recente studio condotto dall'UAB e dalla UB in una regione incontaminata dell'Amazzonia peruviana dimostra che questa tossina persistente rappresenta una crisi sanitaria inaspettata per le popolazioni indigene.

I risultati sono sbalorditivi: i livelli medi di piombo nel sangue superano di oltre il doppio la soglia di rischio (11.74μg/dL), con una percentuale che sfiora il 95% di adulti e bambini con esposizione pericolosa. Il piombo è noto per i suoi effetti deleteri su organi vitali e, in particolare, sul neurosviluppo infantile.

Un legame complesso e controintuitivo

L'inquinamento atmosferico è universalmente riconosciuto come una minaccia per la salute umana e per gli ecosistemi. Le particelle sottili (PM2.5), prodotte dalla combustione di combustibili fossili, dagli incendi o sollevate dalle tempeste di sabbia, sono note per i loro effetti dannosi. Tuttavia, una nuova ricerca sta svelando un lato inaspettato e profondamente controintuitivo di questo fenomeno: in determinate condizioni, queste stesse particelle possono avere un effetto benefico sui raccolti agricoli, agendo come catalizzatori per la pioggia e aumentando la resilienza delle colture allo stress idrico. Uno studio condotto da un team internazionale di scienziati del clima e agronomi sta riscrivendo la nostra comprensione dei complessi legami tra atmosfera, inquinamento e agricoltura.

 

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