Ambiente

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La malattia di Pierce, nota anche come "malattia della vite di Pierce," è una delle minacce più temibili per le viti d'Europa. Questa devastante condizione ha guadagnato notorietà grazie all'opera pionieristica del fitopatologo americano Newton B. Pierce, che la identificò nel tardo XIX secolo.

L'Eredità di Newton B. Pierce
Newton B. Pierce, nato nel 1849, fu un appassionato ricercatore nel campo della fitopatologia. Durante la sua carriera presso l'United States Department of Agriculture (USDA) e successivamente presso l'Università della California, Riverside, Pierce dedicò il suo impegno a studiare le malattie delle piante e a trovare soluzioni per proteggere le coltivazioni agricole.
Durante il suo lavoro all'USDA, Pierce iniziò a indagare su una misteriosa malattia che stava colpendo le viti della California negli anni '80 del XIX secolo. Questa malattia causava un'ampia gamma di danni, tra cui appassimento delle foglie, ingiallimento, marciume delle radici e morte improvvisa delle viti. Questi sintomi avevano conseguenze gravi, portando a significative perdite nella produzione di uva e alla distruzione di vigneti.


Il webinar di #CAMBIAMOAGRICOLTURA lunedì 23 ottobre alle 18.00 sulla pagina Facebook

 

Il glifosato è davvero così innocuo come sembrano indicare le autorità europee?
Le risposte a questa domanda nel Webinar organizzato dalla Coalizione #CambiamoAgricoltura, lunedì 23 ottobre alle ore 18.00 in diretta sulla pagina Facebook. L’evento è organizzato con il contributo di Fondazione Cariplo nell’ambito del Progetto #CambiamoAgricoltura: Dal Piano Strategico Nazionale della PAC post 2022 alla Strategia UE “Farm to Fork”. Per maggiori informazioni: www.cambiamoagricoltura.it

Foreste, toccasana per l’asma

21 Ott 2023 Scritto da

 

Una ricerca condotta dall’Istituto per la bioeconomia del Cnr e dal Club alpino italiano, con l’Istituto Pio XII di Misurina e l’Ospedale universitario di Parma, ha stabilito che i monoterpeni, componenti degli oli essenziali emessi dalle piante, possono migliorare le condizioni respiratorie dei bambini e degli adolescenti asmatici. Lo studio è pubblicato su Forests

 La “terapia forestale”, oltre che avere effetti significativi sulla riduzione dei sintomi dell’ansia, può contribuire al miglioramento delle funzioni respiratorie di bambini e adolescenti affetti da asma e sottoposti alle terapie convenzionali. Lo dimostra una ricerca sperimentale realizzata presso il Lago di Misurina (Belluno) da un gruppo di ricerca dell’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (Cnr-Ibe) e del Club alpino italiano (Cai), assieme a Istituto Pio XII di Misurina, e alle Università di Parma, Ferrara e Verona.

Uno studio congiunto dell’Università Statale di Milano e dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche, pubblicato su Animal Conservation, sancisce il ritorno del castoro europeo sul territorio italiano dopo 500 anni: un esempio di ritrovata biodiversità, che necessita di strumenti di monitoraggio per ridurre i possibili danni dovuti alle attività del castoro.

 Le attività di reintroduzione e “rewilding” sono alcuni degli strumenti principali usati nel campo della biologia della conservazione per cercare di mitigare gli impatti dell’uomo sull’ambiente e riportare gli ecosistemi ad uno stato più naturale. Queste azioni possono talvolta comportare alcune sfide, in particolare quando le specie coinvolte sono grandi carnivori, grandi erbivori, o “ingegneri ecosistemici”, specie che con le loro attività possono modificare notevolmente gli habitat ed il paesaggio.


La ricerca dell’Università degli Studi di Milano e dell’Università di Toronto, condotta con la collaborazione della Northwestern University di Chicago e il CNR di Milano, ha sviluppato metodi per trasformare l’anidride carbonica da scarto, prodotto dal settore dell’autotrasporto e in svariate attività industriali, a risorsa a basso impatto ambientale, impiegata come combustibile o come solvente e materia prima nell’industria. La pubblicazione su Cell - Joule.
Trasformare l’anidride carbonica da scarto a prodotto commerciale ad alto valore aggiunto e basso impatto ambientale tramite processi elettrocatalitici: è il risultato ottenuto da un gruppo di scienziati internazionali e appena pubblicato su Cell - Joule. Lo studio è stato coordinato da Ivan Grigioni, ricercatore di Chimica Fisica presso il Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Milano, assieme a Sungjin Park e a Tartela Alkayyali dell'Università di Toronto (Canada) e condotto in collaborazione con la Northwestern University di Chicago e il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) con l’Istituto di scienze e tecnologie chimiche “Giulio Natta” (Cnr-Scitec) di Milano.


Lo studio dell’Università di Pisa pubblicato sulla rivista Fungal Biology.


Identificati per la prima volta sulle coste toscane 32 tipi di microfunghi che mettono a rischio la sopravvivenza degli embrioni delle tartarughe marine (Caretta caretta). La scoperta documentata sulla rivista Fungal Biology è stata effettuata da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali (DiSAAA-a) dell’Università di Pisa, assieme al personale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale (IZS) delle Regioni Lazio e Toscana e al responsabile scientifico dell’Associazione tartAmare.

La caratterizzazione molecolare dei microfunghi ha rivelato che si tratta di specie associate al genere Fusarium, note come patogeni delle piante, alcune delle quali mai ritrovate prima nelle uova di tartarughe marine. Questa particolarità, secondo i ricercatori, svela nuovi scenari sul parassitismo fungino, aprendo la possibilità che un microrganismo sia capace di infettare componenti sia del regno vegetale sia di quello animale.

Una ricerca del Cnr evidenzia come le caratteristiche delle piante siano cruciali nel determinare la resilienza agli incendi di foreste, praterie e savane. Lo studio, svolto in collaborazione con le Università di Reading e Madrid, è pubblicato su The American Naturalist: i risultati sono stati ottenuti grazie a un modello matematico

 Possiamo determinare la resilienza agli incendi di diversi tipi di ecosistemi a partire dalle caratteristiche delle piante che li compongono? Quale ruolo giocano gli adattamenti che le piante hanno sviluppato? A questi interrogativi ha risposto, in una ricerca pubblicata su The American Naturalist, un gruppo internazionale composto da ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche – con l’Istituto di geoscienze e georisorse di Pisa (Cnr-Igg) e l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima di Torino (Cnr-Isac), e le Università di Reading (Regno Unito) e Uned (Madrid).


Dopo il 2022, che si è rivelato essere il più caldo come temperatura media annuale, anche il 2023 ha battuto un record storico. La forte ondata di calore che ha colpito la città di Genova durante lo scorso mese di agosto ha fatto registrare la temperatura massima più alta da quando sono iniziati i rilevamenti nel lontano 1833.

Uno studio internazionale, pubblicato su Nature Communications, ha mappato le temperature in alta montagna in diverse zone del globo: il riscaldamento è stato molto più intenso in prossimità dei ghiacciai ed è stata rilevata anche una diminuzione della durata della stagione con neve al suolo. Lo studio è stato coordinato dai ricercatori dell’Università degli Studi di Milano e del Cnr, in collaborazione con il MUSE-Museo delle Scienze di Trento

Le conseguenze del cambiamento climatico sono sotto gli occhi di tutti, ma le diverse aree del nostro pianeta non si stanno riscaldando tutte alla stessa velocità. Le aree di alta montagna soffrono particolarmente gli effetti del riscaldamento globale, ma fino ad oggi mancavano dati che coprissero ad elevato dettaglio e in tutto il mondo queste aree così delicate. Il lavoro appena pubblicato sulla rivista Nature Communications prova a colmare questa lacuna.



Greenpeace accoglie con favore la decisione del Tribunale amministrativo di Giacarta di respingere una causa intentata da due aziende produttrici di olio di palma, PT Kartika Cipta Pratama e PT Megakarya Jaya Raya, contro il ministro dell’Ambiente e delle foreste indonesiano. Le due aziende produttrici di olio di palma miravano a ribaltare un decreto ministeriale che ha reso più difficile ottenere i permessi per ampliare le piantagioni di palma da olio a discapito della foresta. La sentenza ha però respinto questo tentativo, salvando oltre 65 mila ettari di foresta pluviale incontaminata, un territorio esteso come quasi quattro volte la città di Milano.

 

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