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 In aumento, in Italia, le persone con la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (Osas - Obstructive sleep apnea syndrome), il piu' frequente tra i disturbi respiratori del sonno, caratterizzato da episodi ripetuti di completa o parziale ostruzione delle vie aeree superiori e che, ad oggi, risulta ancora sotto diagnosticato e sottovalutato. Le conseguenze 'diurne' dell'Osas sono svariate e vanno da sintomi piu' leggeri come cefalea, eccessiva sonnolenza diurna, a molto gravi come un aumentato rischio di incidenti stradali, da 3 a 8 volte maggiore della popolazione sana, a deficit cognitivi (in particolare disturbi di memoria, concentrazione ed attenzione) e, in misura minore, depressione del tono dell'umore ed impotenza sessuale. Inoltre, l'Osas si collega ad un piu' alto rischio di morte per cause cardiovascolari (ictus e infarto del miocardio) ed e' associata a diabete fino al 60% dei casi e fino all'86% al diabete. Va quindi sempre sospettata nei casi di ipertensione arteriosa, soprattutto quando e' scarsamente controllata. Il problema si stima colpisca circa nel nostro Paese 6 milioni di persone in eta' lavorativa, quasi soprattutto uomini tra i 40 e i 70 anni, e non risparmia le donne, in una percentuale del 2%, cifra che aumenta nelle donne in eta' da menopausa o in caso di diabete e obesita'.
Pubblicato in Medicina

 

Il campo remoto presso l'ice cap di Renland a circa 2200 m sul livello del mare. Si può distinguere il sito della perforazione (tenda bianca) e il campo che ospitava il team di perforazione.

 

Ricostruite le variazioni atmosferiche dello iodio dal 1760 a oggi grazie a una carota di ghiaccio. L’aumento può avere effetti sull’aerosol ultrafine e sulla temperatura

 

Le analisi chimiche effettuate in una carota di ghiaccio prelevata dalla penisola di Renland (est della Groenlandia) hanno evidenziato un rapido aumento delle concentrazioni atmosferiche dello iodio, causato dall’innalzamento dei livelli di ozono dovuto alle attività umane e al recente ritiro del ghiaccio marino artico. La scoperta è stata pubblicata sulla rivista Nature Communications da un team internazionale di scienziati, tra i quali Andrea Spolaor dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr) e Carlo Barbante, direttore dell’Istituto Cnr e professore all’Università Ca’ Foscari Venezia.

“Attraverso uno studio multidisciplinare condotto sulla carota di ghiaccio prelevata in Groenlandia siamo riusciti a ricostruire e spiegare le variazione atmosferiche dello iodio dal 1760 fino ad oggi, mettendo in evidenza che le concentrazioni sono rimaste stabili fino alla metà del ventesimo secolo ma sono triplicate negli ultimi cinquant’anni”, spiegano Spolaor e Barbante. “Grazie anche all’uso di modelli climatici che includono processi sia atmosferici sia chimici, si è compreso che l’aumento delle concentrazioni di ozono durante la cosiddetta “Great acceleration” (l’incremento dell’impatto umano sull’ambiente nel secondo dopoguerra) e la diminuzione del ghiaccio marino sono le cause principali dell’aumento di iodio atmosferico nella regione del nord Atlantico. L’aumento delle concentrazioni atmosferiche di questo elemento ha molteplici implicazioni dato che promuove la formazione dell’aerosol ultrafine ed è coinvolto nel ciclo dell’ozono, con un effetto diretto sul bilancio energetico terrestre”.

 

 

 

 

Pubblicato in Ambiente
 
Uno studio dell'Irccs Policlinico San Donato di Milano, pubblicato oggi sulla rivista 'Journal of the American College of Cardiology', descrive per la prima volta l'anomalia elettrica alla base della fibrillazione ventricolare e della morte improvvisa in giovani altrimenti considerati sani, ma affetti da 'sindrome di Brugada'. Normalmente, la diagnosi di tale malattia si effettua mediante un elettrocardiogramma che viene eseguito spesso per caso, oppure in corso di screening cardiologico quando si verifica una morte improvvisa in un familiare. In questo lavoro si dimostra che, indipendentemente dai sintomi, la malattia e' presente sin dall'infanzia sulla superficie epicardica del ventricolo destro, sottolineando come il rischio di sviluppare aritmie ventricolari potenzialmente fatali sia presente per tutto l'arco della vita.
Pubblicato in Medicina
 
Jaw and rib of Mammuthus cf. intermedius found in the archaeological site WWTP Culebro 1 (Madrid)/Joaquín Panera  
 

Researchers from the CENIEH have participated in a paper published in the journal Quaternary International which brings out the importance of the valleys of the rivers Manzanares and Jarama in studying the relationship between human groups prior to our own species and proboscideans. Susana Rubio Jara and Joaquín Panera, archaeologists at the Centro Nacional de Investigación sobre la Evolución Humana (CENIEH), have participated in a paper published in the journal  Quaternary International which reviews more than 40 Pleistocene archaeological sites in the vicinity of Madrid, in the valleys of the rivers Manzanares and Jarama where one of the greatest concentrations of remains of elephants and mammoths in Europe is found.

The study of the remains of these large mammals, from the taphonomic point of view, has allowed it to be determined that, while the number of sites where their use is documented during the Lower Palaeolithic is generally much higher in Europe, in these Madrid valleys they are more frequent in the Middle Palaeolithic.

“This indicates that for the Neanderthals who wandered around the valleys of the Manzanares and Jarama, the proboscideans comprised an essential resource too, and implies that human groups with different lithic technologies, Acheulean and Mousterian, exploited this animal resource repeatedly over time”, comments Rubio.

Pubblicato in Scienceonline
Lunedì, 16 Aprile 2018 11:37

Binge-eating mice reveal obesity clues

 

 
 

Obesity is a growing issue in many countries, accelerated by easy access to calorie-dense foods that are pleasurable to eat (known as an ‘obesogenic environment’). But while it’s clear that eating too much leads to weight gain, little is known about the underlying behaviours that lead to overeating.

To mimic this obesogenic environment, the teams led by Mara Dierssen at CRG and Rafael Maldonado at UPF offered mice the option of a high-fat ‘cafeteria’ diet or a mixture of chopped-up commercial chocolate bars alongside their regular lab chow, before carrying out a detailed analysis of the animals’ activity and feeding behaviour. Their results have been published in two back-to-back articles in the journal Addiction Biology. Working together with Cedric Notredame (CRG) and Elena Martín-García (UPF), the scientists found that as well as becoming obese, the mice started very early to show the signs of addiction-like behaviour and binge-eating in response to these enticing foods. For example, when offered chocolate for just one hour per day, the animals will compulsively ‘binge’, consuming as much chocolate in one hour as they would over a whole day if it was continually available. They also showed inflexible behaviours, similar to those seen in addiction, choosing to wait for chocolate while ignoring freely available standard chow. Yet, at the same time, the chocolate did not seem to satiate hunger as well as regular food.

Pubblicato in Medicina
 
 
Uno studio dell'Irccs Policlinico San Donato di Milano, pubblicato oggi sulla rivista 'Journal of the American College of Cardiology', descrive per la prima volta l'anomalia elettrica alla base della fibrillazione ventricolare e della morte improvvisa in giovani altrimenti considerati sani, ma affetti da 'sindrome di Brugada'. Normalmente, la diagnosi di tale malattia si effettua mediante un elettrocardiogramma che viene eseguito spesso per caso, oppure in corso di screening cardiologico quando si verifica una morte improvvisa in un familiare. In questo lavoro si dimostra che, indipendentemente dai sintomi, la malattia e' presente sin dall'infanzia sulla superficie epicardica del ventricolo destro, sottolineando come il rischio di sviluppare aritmie ventricolari potenzialmente fatali sia presente per tutto l'arco della vita.
Pubblicato in Medicina
 
 
 
 
"La pelle, le unghie e i capelli sono tra le prime parti del corpo a essere interessate da malfunzionamenti della tiroide". Lo spiega in un comunicato Paolo Vitti, Presidente della SIE, Societa' Italiana di Endocrinologia, coordinatore e responsabile scientifico della Settimana Mondiale della Tiroide.

Gli ormoni tiroidei hanno infatti un importante ruolo nel mantenere le normali funzioni cutanee come il consumo di ossigeno, la divisione cellulare, la sintesi delle proteine, lo spessore cutaneo, la normale secrezione di sebo e la crescita di peli e capelli. Alcune di queste azioni degli ormoni tiroidei sono dirette e altre sono indirette e legate ad effetti piu' generali come ad esempio la produzione di calore e la circolazione del sangue periferica. Una tiroide che non funziona correttamente e' responsabile di molte alterazioni della pelle e degli annessi cutanei quali capelli e unghie: e' quindi molto importante valutare questi aspetti perche' potrebbero essere dei campanelli di allarme per le patologie tiroidee piu' diffuse"."Nel caso di una ridotta produzione di ormoni tiroidei, cioe' nell'ipotiroidismo, la pelle e' pallida, secca e fredda e se si ha un ipotiroidismo di lunga durata le palme delle mani e dei piedi possono assumere un colorito giallo-arancione per accumulo di carotene. Per quanto riguarda i capelli, essi sono opachi, secchi e fragili e si puo' avere perdita anche di barba, peli pubici e del terzo laterale del sopracciglio. Inoltre, nel 90% degli ipotiroidei le unghie sono sottili, fragili, di dimensioni ridotte, con delle striature longitudinali e trasversali e crescono meno velocemente. Proporzionalmente alla gravita' dell'ipotiroidismo si ha anche una guarigione delle ferite ritardata".
Pubblicato in Medicina
 
 
Le infezioni correlate all'assistenza (Ica) rappresentano un problema globale che coinvolge fino al 15% di tutti pazienti ospedalizzati nel mondo. In Europa, circa 3,2 milioni di pazienti acquisiscono un'Ica ogni anno e 37mila muoiono come diretta conseguenza di tali infezioni, anche a causa dell'aumento di patogeni Ica-associati multiresistenti ad antibiotici. È noto che la persistente contaminazione delle superfici ospedaliere contribuisce alla trasmissione delle Ica, in quanto l'ambiente ospedaliero rappresenta il serbatoio di patogeni diffusi sia dai pazienti ospedalizzati sia dal personale sanitario.

I metodi finora usati per controllare la contaminazione microbica in ambiente ospedaliero, basati sull'uso di detergenti e disinfettanti chimici, mostrano pero' dei limiti, poiche' non possono prevenire la ricontaminazione, hanno un elevato impatto ambientale e possono inoltre contribuire alla selezione di patogeni resistenti ai disinfettanti stessi, ma anche ad antibiotici, contribuendo potenzialmente ad un ulteriore aumento degli stessi patogeni associati alle infezioni. Sulla base delle acquisizioni legate agli studi sul microbiota umano, il concetto di 'salute' delle superfici ospedaliere e' stato quindi recentemente ripensato considerando che, analogamente al corpo umano, piuttosto che eradicare tutti i microbi (patogeni e non), la sostituzione dei patogeni da parte di microrganismi buoni potrebbe essere piu' efficace nel prevenire le infezioni.
Pubblicato in Medicina
 
 
Ha preso avvio a Caserta lo storico corso residenziale della Societa' Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale 'SIPPS & FIMPAGGIORNA 2018'. L'evento, dal titolo "Dalle Linee Guida alle Buone pratiche clinico-assistenziali" e' organizzato dalla Societa' Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale e dalla Federazione Italiana Medici Pediatri, e rientra nel programma di 'Educazione Continua in Medicina' del ministero della Salute. La SIPPS, insieme alla FIMP e alla Societa' Italiana di Medicina Perinatale (SIMP), ha deciso di approfondire, attraverso una Position Paper, il problema dell'adeguatezza delle diete vegetariane relativamente alla crescita e allo sviluppo neurocognitivo dei bambini, nonche' dei loro effetti come fattori di esposizione (sia di rischio che di prevenzione) per le patologie trasmissibili e non trasmissibili e per i disturbi della condotta alimentare, sulla base della ricerca e della valutazione delle evidenze scientifiche ad oggi disponibili, condotte secondo criteri metodologici validati. "Anche in Italia, come nel resto del mondo- ha spiegato Margherita Caroli, coordinatore del Position Paper sulle diete vegetariane in gravidanza e relatrice- il numero delle persone che abbracciano stili alimentari diversi, fra cui quelli vegetariani, declinati nelle varie forme, e' in aumento. In alcuni casi intere famiglie, a volte con conoscenze nutrizionali insufficienti, abbracciano nuovi modelli alimentari, intraprendendo un percorso che necessita peraltro di assunzioni calibrate dei diversi alimenti. I bambini quindi, soprattutto in questi casi, potrebbero venir esposti a stili alimentari non ideali per la loro crescita".
Pubblicato in Medicina

Conservato presso il Museo di Antropologia “G. Sergi” della Sapienza, il corpo del guerriero, a cui mancano la mano destra, il polso e parte dell’avambraccio, è una importante testimonianza di amputazione perfettamente guarita e di pratiche di cura moderne

Il Laboratorio di Paleoantropologia e bioarcheologia del Dipartimento di Biologia ambientale ha analizzato i resti scheletrici di un antico guerriero longobardo ritrovato in una necropoli del Veneto e conservato presso il Museo di Antropologia “G. Sergi” della Sapienza, diretto da Giorgio Manzi. Dagli studi condotti insieme al Dipartimento di Scienze dell’antichità e alla Scuola di Dottorato in Archeologia della Sapienza, in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano, è emerso che il corpo del guerriero, a cui mancano la mano destra, il polso e parte dell’avambraccio, è una importante testimonianza di amputazione perfettamente guarita e di pratiche di cura moderne. I ricercatori hanno preso in considerazione diverse circostanze per spiegare da una parte le cause, e quindi cosa può aver portato all’amputazione dell’avambraccio, dall’altra gli esiti, ovvero come si sopravviveva 1300 anni fa, in un’epoca pre-antibiotica, a un’operazione così rischiosa.

“Il coltello era orizzontale, appoggiato al bacino mentre di norma viene sepolto al fianco del cadavere”, spiega Ileana Micarelli, primo nome dello studio. “Il braccio destro era piegato a 90 gradi, con radio e ulna tagliati al netto e al posto della mano c’erano una fibbia metallica e tracce di materiale organico, pelle o legno. L’amputazione è avvenuta con un colpo unico e senza anestesia”. Lo studio, pubblicato sul Journal of Anthropological Sciences (JASs), ha ipotizzato che l’uomo appartenesse alla prima generazione di longobardi arrivati in Italia dall’Europa dell’est, e che per una caduta da cavallo, una ferita di battaglia divenuta infetta o per la comminazione di una pena, potesse aver subito l’amputazione dell’avambraccio.

Pubblicato in Paleontologia

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