di Giorgio Dobrilla, Avverbi-Zadig edizioni, Roma 2008. 302 pagine, 14 euro.

Ignatz von Peczely, vissuto alla fine del XIX secolo, aveva appena 12 anni quando un giorno girovagando nei boschi venne aggredito da una robusta civetta, che si strinse furiosamente al suo braccio. La raccolse e, ingenuamente, iniziò a carezzarla... accorgendosi poco dopo che con un gesto maldestro le aveva spezzato una zampa. E fu una fortuna (per lui, non per la civetta, ovviamente) che questo accadesse, perché l'acuto ragazzo si accorse che nel momento stesso in cui l'arto si fratturava, una piccola macchia scura scompariva dall'occhio dell'animale. L'osservazione non fu replicata andando a spezzare zampe agli abitanti dei boschi, ma gli tornò utile una quindicina d'anni più tardi, quando laureatosi in medicina e insoddisfatto delle conoscenze fornitegli dall'istruzione accademica, il giovane decise di inventare un nuovo sistema diagnostico partendo proprio dal fenomeno accaduto nell'occhio della civetta. Sicuro che ogni evento riguardante una qualunque porzione del corpo si rifletta nella struttura oculare dell'individuo, inventò dunque l'iridologia, una particolare disciplina mediante la quale si dovrebbe verificare lo stato di salute o di malattia di una persona controllando la situazione delle sue iridi.

 

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