Le Alternative. Guida critica alle cure non convenzionali

di Giorgio Dobrilla, Avverbi-Zadig edizioni, Roma 2008. 302 pagine, 14 euro.

Ignatz von Peczely, vissuto alla fine del XIX secolo, aveva appena 12 anni quando un giorno girovagando nei boschi venne aggredito da una robusta civetta, che si strinse furiosamente al suo braccio. La raccolse e, ingenuamente, iniziò a carezzarla... accorgendosi poco dopo che con un gesto maldestro le aveva spezzato una zampa. E fu una fortuna (per lui, non per la civetta, ovviamente) che questo accadesse, perché l'acuto ragazzo si accorse che nel momento stesso in cui l'arto si fratturava, una piccola macchia scura scompariva dall'occhio dell'animale. L'osservazione non fu replicata andando a spezzare zampe agli abitanti dei boschi, ma gli tornò utile una quindicina d'anni più tardi, quando laureatosi in medicina e insoddisfatto delle conoscenze fornitegli dall'istruzione accademica, il giovane decise di inventare un nuovo sistema diagnostico partendo proprio dal fenomeno accaduto nell'occhio della civetta. Sicuro che ogni evento riguardante una qualunque porzione del corpo si rifletta nella struttura oculare dell'individuo, inventò dunque l'iridologia, una particolare disciplina mediante la quale si dovrebbe verificare lo stato di salute o di malattia di una persona controllando la situazione delle sue iridi.

Molto diversamente da lui, il dottor Edward Bach aveva un'altra dote, scoperta non si sa come: quella di saper capire le qualità e le proprietà di una sostanza mettendosene un pizzico sulla punta della lingua. Fu così che, avendo deciso anche lui di rifondare la medicina, si mise a catalogare le proprietà terapeutiche delle varie componenti dei fiori, che spiluccava – probabilmente dal suo giardino – e "assaggiava" appoggiandoseli sulla lingua. In breve questo ricercatore sui generis scoprì le doti curative di 38 fiori, con i quali fondò quella particolare disciplina chiamata, in suo onore, "cura dei fiori di Bach". Ciò accadeva agli inizi del Novecento e da allora soltanto un irriverente discepolo ha osato modificare le prescrizioni del maestro, aggiungendo ai rimedi elementari da lui definiti un 39esimo composto costituito da una miscela di più fiori.


Non tutte le medicine "alternative" hanno avuto inizi tanto aleatori, né sono così recenti o, soprattutto, tanto prive di concezioni dottrinali di riferimento. L'omeopatia è nata oltre un secolo prima queste sue moderne "sorelle", cioè alla fine del Settecento; l'ayurveda deriva da millenari sistemi religiosi indiani; l'agopuntura cinese, che si sostiene sull'asserita esistenza di canali e punti significativi sulla pelle, sembra ancor più longeva; e la cristalloterapia, che fa appello a energie cosmiche ed evanescenti vibrazioni avvertite già dai nostri preistorici antenati, sembra volersi perdere nelle brume di un passato ancora più remoto. Distinguere le origini di ciascuna di queste "discipline è relativamente importante, per poter iniziare a inquadrare e porre nella giusta prospettiva sistemi diversi, troppo spesso accomunati sotto l'identica dicitura di "alternativi", quasi fossero semplici diramazioni di un corpus dottrinario unico. Il volume di Dobrilla si rivela molto attento a una simile esigenza e dà all'inquadramento storico di ogni indirizzo l'attenzione che merita, permettendo di operare gli opportuni distinguo e capire i passaggi, e l'evoluzione, che alcune di loro hanno avuto nel tempo. Altre, invece, si sono tramandate senza andare incontro a modifiche o accrescimenti, esattamente come avviene a qualunque sistema di fede, ascientifico e arazionale.

 

 

Ma il discorso di Dobrilla non si esaurisce qui. Sono anche altri due i pilastri, o meglio i piani sui quali si sviluppa questa sua esaustiva illustrazione delle medicine alternative, e che costituiscono punti forti peculiari, che caratterizzano quest'opera rispetto alle altre che è pure possibile reperire sul tema. Il primo è l'estrema attenzione, il rigore (ma anche la chiarezza) con cui viene affrontato il quesito centrale relativo a ogni modalità proposta quale terapeutica: quanto, quel sistema, cura davvero? Quanto è forte la dimostrazione oggettiva, al di là della testimonianza occasionale, della sua efficacia? Per analizzare questo aspetto e consegnare al lettore elementi utili a trovare una risposta concreta, Dobrilla prende in considerazione, caso per caso, le migliori evidenze scientifiche acquisite, cioè le pubblicazioni mediche comparse sulle riviste accreditate, che hanno riferito i risultati di singoli studi clinici o hanno valutato cumulativamente l'insieme delle ricerche già completate. Con grande attenzione seleziona dunque la letteratura disponibile, ne discute la portata, ne evidenzia i pregi e i limiti, estraendone infine le implicazioni e riferendone i risultati. Risultati che ognuno, a questo punto, è messo in grado di valutare da solo, in base alle proprie propensioni ma anche, se vuole, con la ragionevolezza e la serenità necessarie, senza più pregiudizi.


L'altro piano di discussione sul quale si sviluppa il volume concerne la dimensione sociale, legale, logistica, organizzativa, che le medicine alternative, al pari di qualunque altro sistema, assumono nel momento in cui si consolidano in una popolazione ed elaborano proprie forme di presenza e di comportamento. E qui la trattazione si fa più infida e scivolosa: non perché Dobrilla non riesca a esprimere con chiarezza le sue idee o non formuli suggerimenti significativi, ma perché è la situazione stessa dell'intero comparto della "medicina alternativa" a essere, in Italia, contraddittoria e oscura, insoddisfacente e lontana dall'aver trovato una definizione quanto meno accettabile. Perché se l'intero settore della Sanità si è finora – fortunatamente – sviluppato avendo a guida la medicina moderna e la mentalità scientifica, alcune "discipline" eretiche, quali l'omeopatia e l'agopuntura, sono riuscite a trovare un inusitato diritto di ospitalità nell'ambito accademico, un'ospitalità della quale si fregiano e che finisce per diventare un'illusoria patente di autorevolezza; per quanto non si conoscano i motivi di tanta "promozione", non garantita o regolata da una legge, né sostenuta da una seria validazione scientifica. Altre discipline, per contro, non hanno goduto di un analogo privilegio, ma le si vede tollerate in un'ostinata indifferenza generale. La ragione di simili diversità è oscura, ma instilla il dubbio se a promuovere l'una o l'altra "medicina alternativa" sia stata un'indefinita qualità presente in alcune e mancante in altre, o solo l'efficacia di una lobby di potere, o magari l'adesione personale all'una e non all'altra, da parte di chi si trova casualmente nella posizione di poter rilasciare attestati e diplomi, autorizzazioni e patenti.


Ancor peggio, comunque, è constatare in tutto ciò la mancanza di una seria volontà, nelle autorità amministrative, politiche e soprattutto culturali, di far luce sull'intera faccenda, definendo una politica lineare e limpida nei confronti delle "discipline alternative" e pronunciando parole chiare, e comprensibili a tutti, sul loro ruolo, la loro efficacia, la loro validità. Il timore è che la condizione di incertezza e di confusione sia destinata a durare ancora per diverso tempo, in cui ognuno continuerà a regolarsi come meglio potrà e secondo quel che gli parrà di credere. Sarà importante non dimenticare, allora, che sulla materia esistono ottimi punti di riferimento, come questo volume di Giorgio Dobrilla, ai quali ci si può affidare per entrare consapevolmente nella magmatica dimensione delle medicine alternative. L'indifferenza e l'indecisione trovano oggi sempre meno giustificazioni.


Massimo Biondi

Ultima modifica il Martedì, 06 Marzo 2012 14:38
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