L’idea dei ricercatori è stata quindi di intervenire non sul virus, ma sulle cellule ospiti dei pazienti lievi o ai primi sintomi: se si blocca la produzione dei nucleotidi, il virus non riceve più materiali per fare copia di se stesso. Viene, per così dire, “affamato” e non può proliferare all’interno dei polmoni né migrare in altri distretti del corpo. Ne viene così limitato il potenziale infettivo.
Per riprodurre questo meccanismo biologico, i ricercatori hanno sperimentato su cellule in vitro, presso il laboratorio di Microbiologia dell’Università di Brescia, diretto dal professore Arnaldo Caruso, il Metotrexato, un farmaco approvato dalla FDA (Food and Drug Administration, l’agenzia governativa statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti farmaceutici) e utilizzato da decine di anni in terapie antitumorali e su patologie autoimmuni. Questo farmaco è in grado di inibire la biosintesi delle purine, uno dei costituenti dei nucleotidi che vengono prodotti dalle cellule per costruire il proprio RNA.
I risultati della sperimentazione hanno soddisfatto le aspettative: utilizzando questo approccio di biologia sistemica, i ricercatori sono riusciti a dimostrare che il Metotrexato, somministrato in quantitativi paragonabili a quelli usati per altre terapie già consolidate, inibisce la replicazione dell’RNA del Sars-CoV-2, la sua sintesi virale e quindi la sua replicazione. Il virus viene così tenuto “sotto controllo”. Inoltre potrebbe essere impiegato efficacemente su altre varianti del Sars-CoV-2 che risultassero insensibili a futuri vaccini o trattamenti antivirali specifici.
Alla sperimentazione in vitro seguirà al più presto lo studio clinico sull’efficacia del Metotrexato nell’inibire la duplicazione del Sars-CoV-2. L’obiettivo è confermare se il farmaco sia in grado di ridurre gli effetti del virus sui pazienti dai sintomi lievi o precoci. Per prevenire, in combinazione con la risposta del sistema immunitario del paziente, la diffusione dell’infezione e l’insorgenza di possibili complicazioni fatali.
«Questo studio è il risultato di un metodo molto innovativo – afferma Lilia Alberghina, Direttore scientifico di ISBE.IT-SYSBIO Centro di Systems Biology dell’Università di Milano-Bicocca – su diversi piani: l'approccio scientifico metodologico, basato sulla biologia sistemica; una fortissima interdisciplinarietà, visto che alla ricerca hanno preso parte clinici, biochimici, virologi e microbiologi; una forte collaborazione tra più istituzioni. Lo stesso team ha già definito le fasi di svolgimento dello studio clinico. Ora occorre partire al più presto per validare anche a livello clinico l’efficacia terapeutica del farmaco e così cercare di portare sollievo ad una pesante ed angosciosa situazione sociale ed economica».
«Un approccio nuovo alla terapia antivirale – aggiunge Arnaldo Caruso, Docente di Microbiologia dell’Università degli Studi di Brescia e Presidente della Società Italiana di Virologia – che parte dalle nostre conoscenze su Sars-CoV-2. Un virus che ha bisogno di replicare continuamente nella cellula che infetta altrimenti viene degradato ed eliminato. Il Metotrexato toglie energia alla cellula impedendo che il virus replichi. Con questo semplice meccanismo noi possiamo bloccare il virus ed i suoi effetti patogenetici. Non essendo un farmaco diretto verso componenti virali, non dobbiamo temere che mutazioni del virus possano in futuro renderlo inefficace. Se poi consideriamo i già noti effetti anti-infiammatori del Metotrexato, la sua efficacia nei pazienti Covid potrebbe diventare ancora più significativa. Una speranza in attesa della sperimentazione sul paziente».