La ricerca, pubblicata su Free Radical Biology and Medicine, si inquadra nel filone di ricerca del Cnr-Ibiom coordinato da Rosa Anna Vacca, che da anni studia le alterazioni molecolari alla base complesso quadro clinico della sindrome con lo scopo di individuare principi attivi naturali che possano migliorare le disfunzioni dei mitocondri -le “centrali energetiche” delle nostre cellule- ripristinare il corretto metabolismo energetico cellulare e ridurre lo stress ossidativo, fattori considerati chiave per l’insorgenza del deficit nello sviluppo neurologico nei bambini con sindrome di Down, e dell’invecchiamento precoce negli adulti.
In questo studio, in particolare, effettuato su cellule provenienti da aborti spontanei di feti, in parte caratterizzati da trisomia 21 e in parte sani, cioè privi di alterazioni cromosomiche, è stato dimostrato
che la polidatina è in grado di riattivare l'attività bioenergetica dei mitocondri riducendo la produzione eccessiva di radicali dell'ossigeno e che può, inoltre, prevenire i danni al DNA e l’invecchiamento
cellulare causati da stress ossidativo indotto con stimoli esterni: questa attività di prevenzione dal danno ossidativo avviene sia nelle cellule con sindrome di Down, sia in quelle sane. “La polidatina, polifenolo estratto dalla pianta Polygonum cuspidatum da secoli usata nella medicina tradizionale asiatica, è al centro dei nostri studi da tempo, essendo già note le sue proprietà antinfiammatorie e antiossidanti: aiuta, cioè, a proteggere le cellule dai danni causati dai radicali liberi, molecole instabili che accelerano l’invecchiamento e le malattie”, afferma Rosa Anna Vacca (Cnr-Ibiom). “L’idea è quella di utilizzarla come integratore alimentare per gestire alcuni dei sintomi della sindrome di Down, da somministrare già nella primissima infanzia. Benchè siano diversi i composti naturali di origine vegetale che oggi vengono proposti nel trattamento della patologia, siamo convinti che la polidatina possa diventare un candidato ideale per applicazioni cliniche future legate alla prevenzione dei disturbi associati alla sindrome: ha, infatti, dimostrato di non avere effetti tossici collaterali, e in più è stabile, idrosolubile, e si distribuisce meglio nel nostro corpo. Inoltre, è un precursore del resveratrolo, un altro composto naturale noto per i suoi effetti benefici in particolare come coadiuvante nel trattamento di malattie neurologiche”.
Alla ricerca ha preso parte anche l’Istituto di farmacologia traslazionale del Cnr Roma (Cnr-Ift) con Giampietro Ravagnan: lo studio di questa molecola, infatti, ha portato già in anni precedenti a diversi brevetti internazionali depositati dal Cnr-Ift. Aggiunge Apollonia Tullo del Cnr-Ibiom: “Grazie a questa ricerca abbiamo compreso anche un altro, importante, meccanismo d'azione della polidatina: è in grado di “abbassare” i livelli di miR-155, una piccola molecola di RNA (microRNA) che “bersaglia” geni coinvolti in aspetti fondamentali delle funzioni mitocondriali, come la bioenergetica mitocondriale, il controllo della qualità dei mitocondri e la loro formazione. In pratica, avviamo rivelato che quando il livello di miR-155 è troppo alto - come nel caso della sindrome di Down, perché espresso dal cromosoma 21 che è in triplice copia- la polidatina riesce ad “abbassarlo”, riportandolo a valori normali, e contribuendo a riattivare questi geni importanti, che preservano le funzioni mitocondriali e cellulari.
Un aspetto, quest’ultimo, concludono le ricercatrici, che rafforza l’idea che la polidatina possa diventare un candidato ideale per applicazioni cliniche future nella prevenzione di patologie associate alla sindrome di Down: proprio il malfunzionamento del miR-155, infatti, è associato ad alcuni tipi di leucemie acute che insorgono frequentemente nei bambini con la sindrome. In prospettiva, il nostro approccio potrà migliorare la qualità di vita delle persone affette da tale patologia.
La ricerca è stato finanziata nell’ambito del progetto del Cnr “NUTRAGE, Nutrizione, Alimentazione & Invecchiamento Attivo”.