Era proprio quel che ci voleva – replicò soddisfatto Vittorio Emanuele – per giustificare agli occhi delle diplomazie europee la decisione di far scendere in meridione l'esercito piemontese. «Bravo Tommasi» aggiunse «ella ha reso un buon servigio al Paese». Poi, seduta stante, lo nominò colonnello di Stato maggiore e se lo portò appresso per tutto il viaggio compiuto nelle settimane seguenti nelle terre del sud alla testa dell'esercito. Tommasi fu presente anche al celebre incontro di Teano, a fine ottobre. L'Abruzzo, di fatto, era stato conquistato senza la necessità di sparare un sol colpo e il plebiscito, indetto per il 21 di quel mese, non fece che ribadire ciò che Tommasi aveva ottenuto con abilità e persuasione.
Ma perché parlare di tutto questo qui? Non certo soltanto per ricordare una pagina poco nota della conquista del regno borbonico preludio all'unificazione italiana, bensì perché il principale protagonista di questa pagina di storia, Salvatore Tommasi, era un uomo di scienza, di medicina per la precisione, così come scienziato era colui che l'accompagnò da Garibaldi, Raffaele Piria (un abile chimico autore di suoi numerosi studi sulla salicina che aprirono la strada alla realizzazione dell'acido acetilsalicilico: l'aspirina). Due figure di ricercatori, scienziati, intellettuali importanti; e non gli unici che punteggiarono gli avvenimenti risorgimentali, i quali terminato l'impegno civile e talora militare nelle vicende di quegli anni tornarono tranquillamente a riprendere il loro posto nelle università, nei laboratori, negli ospedali, nemmeno sfiorati dal pensiero di poter sfruttare a proprio vantaggio personale l'eminenza raggiunta in "politica".
Il medico Salvatore Tommasi, originario di Roccaraso, dopo anni di travaglio e di esilio dovuto alla sua avversione al governo illiberale dei Borboni, si era stabilito in Piemonte e aveva assunto una docenza all'università di Pavia. Con suo rammarico aveva sospeso l'insegnamento della medicina quando Cavour gli chiese di recarsi nel sud; ma non appena poté, cioè non appena il gesto non fosse apparso di sgarbo alla cortesia del re, si dimise da tutto e tornò alle sue lezioni universitarie, alla famiglia, alle visite ai malati. Tornò, soprattutto, a lavorare per affermare un'idea di medicina positiva, materialista e scientifica come in Italia non s'era mai sentita prima. E suo, quasi soltanto suo, fu l'impegno grazie al quale nacque e si sviluppò in Italia negli ultimi decenni dell'Ottocento la medicina moderna, contraddistinta da criteri di razionalità, sperimentazione e verifica, controllo di efficacia della diagnosi, fondatezza e ragionevolezza della terapia. Tommasi fu la persona che più operò negli ambienti italiani per far cessare la sanguinosa pratica del salasso e introdurre lo studio della fisiologia quale base indispensabile, assieme all'anatomia, per comprendere le ragioni della patologia.
Assolutamente pertinente, dunque, forse addirittura indispensabile, un volume che nella cornice dell'epopea risorgimentale ripercorresse la figura di questo personaggio restituendogli una dimensione a tutto tondo, nella quale trovino posto altre realtà storiche, umane e artistiche che contrassegnarono in definitiva la nascita dello Stato italiano.
Massimo Biondi
L'Abruzzo e l'unità d'Italia. Una pagina di storia, a cura di Guglielmo Ardito, GSE Edizioni, Roma 2011, pagg. 110, € 16,00.
Lo si può chiedere rivolgendosi a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.