“A distanza di un anno – prosegue Palagi – abbiamo fatto un nuovo esperimento i cui risultati sono stati, da un certo punto di vista, sorprendenti. Non solo, infatti, questo fenomeno non scompare nel tempo, come era invece lecito attendersi, ma sembra essere strettamente legato al ‘gradiente di familiarità’. Come avviene con la risata o lo sbadiglio, anche la risposta mimica nell’uso dello smartphone è più evidente quando si è insieme a persone che si conoscono”.
“Ad innescare quello che viene definito dalla scienza come ‘effetto camaleonte’, ossia l’imitazione inconscia dei comportamenti altrui, è la direzione dello sguardo di chi, in un gruppo, utilizza lo smartphone per primo”, spiega Veronica Maglieri, primo nome nel lavoro che ha messo in evidenza questo elemento di novità.
Se è ben noto, infatti, come lo sguardo sia, tra gli animali sociali, un elemento di comunicazione importantissimo, che guida il loro comportamento anche in situazioni di pericolo, è la prima volta che tale meccanismo (c.d. gaze-following) viene rilevato in relazione agli oggetti manipolati dagli individui che interagiscono.
Grazie a questo risultato, dunque, lo studio condotto dalla prof.ssa Palagi assieme al prof. Dimitri Giunchi e alle dottoresse Veronica Maglieri e Anna Zanoli, apre a una miglior comprensione del successo di questi dispositivi, portando all’attenzione dei ricercatori un fenomeno etologico che potrebbe essere alla base del possibile fenomeno di dipendenza da questi “strumenti sociali”.