Alcuni ghiacciai, anche nelle aree temperate, fino al secolo scorso scendevano a quote relativamente basse. In queste aree la colonizzazione da parte di piante e animali è particolarmente rapida, e in meno di un secolo si può formare una foresta dove prima non c’era che detrito roccioso: questo significa che, dove inizialmente era possibile trovare solamente piante erbacee inframezzate a detrito roccioso, col ritiro dei ghiacciai a queste piante erbacee si sono aggiunti anche arbusti e conifere, modificando visibilmente la tipologia di vegetazione inizialmente presente. Molto più lenta è la risposta della fauna nelle aree vicino ai poli o nei ghiacciai alle altissime quote. Nella piana proglaciale del Ghiacciaio dei Forni, ad esempio, al posto degli alberi cent’anni fa c’era ghiaccio e con esso le specie criofile, ovvero amanti del freddo, associate, tra cui il coleottero Oreonebria castanea: questa specie ora sopravvive solo alle quote più alte dove è ancora rimasto ghiaccio, ma man mano che il ghiaccio si ritira viene meno il suo habitat.
I ghiacciai continuano a ritirarsi e molti di loro probabilmente scompariranno nei prossimi decenni. Gli autori si sono quindi chiesti quali ripercussioni potrà avere sulla perdita di biodiversità e sul funzionamento degli ecosistemi. È da qui che è nato il progetto ICE-Communities, finanziato dalla Comunità Europea, che sta studiando direttamente la colonizzazione dei terreni liberati dai ghiacciai in ritiro, analizzando ben 48 ghiacciai in tutti i continenti. Il progetto è stato possibile grazie al coinvolgimento di Parchi, Regioni, Province Autonome, Enti di Ricerca, SAT/CAI, APT locali, Collegio delle Guide Alpine e Comitato Glaciologico Italiano.
Il ritiro dei ghiacciai sta comportando la perdita di biodiversità
L’Università degli Studi di Milano ha coordinato uno studio volto ad analizzare con che modalità gli organismi colonizzano le aree che vengono liberate, anno dopo anno, dai ghiacciai in ritiro. La ricerca ha dimostrato che la biodiversità degli ambienti glaciali reagisce con modalità e tempi differenti in relazione al tipo di organismo considerato e alla posizione geografica del ghiacciaio. I risultati sono stati pubblicati su Annual Review of Ecology, Evolution, and Systematics.
L’arretramento dei ghiacciai sta mettendo a rischio di estinzione la flora e la fauna che solitamente vivono vicino al fronte dei ghiacciai stessi: questo è uno tra i risultati dello studio effettuato da un gruppo di ricercatori dell’Université Grenoble Alpes, del MUSE - Museo delle Scienze (Mauro Gobbi), CNR Pallanza e Université Savoie Mont Blanc, coordinati da Francesco Ficetola, docente di Zoologia dell’Università degli Studi di Milano, che ha analizzato il meccanismo con cui si modifica la biodiversità accanto ai ghiacciai nel momento del loro ritiro. I risultati sono stati pubblicati su Annual Review of Ecology, Evolution, and Systematics. A seguito dei cambiamenti climatici i ghiacciai si stanno ritirando, in tutti i continenti, con velocità crescente e possono quindi essere considerati una delle più iconiche manifestazioni del riscaldamento globale in atto.
Da un punto di vista biologico i territori da cui i ghiacciai stanno scomparendo sono un perfetto laboratorio all’aria aperta utile a descrivere da chi, come, e con che tempi vengono colonizzati substrati vergini, e permettono di comprendere come si stabilisce la vita laddove prima non c’era. Batteri, funghi microscopici, insetti e ragni sono tra i primi colonizzatori, seguiti poi da muschi e piante. Sono organismi che per vivere necessitano di ambienti freddi e umidi, quindi, annualmente si trovano a dover inseguire i ghiacciai in ritiro. Questi organismi stanno però rispondendo diversamente agli effetti del ritiro glaciale e questo dipende dalla loro capacità di dispersione, e dalla posizione geografica dei ghiacciai.
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