Martedì, 17 Dicembre 2024


I risultati di uno studio di Monzino e Università Statale di Milano, pubblicati sul Journal of American College of Cardiology Basic to Translational Science , identificano nell’infiammazione di basso grado e nell’attivazione piastrinica la causa dei danni polmonari, responsabili dei maggiori disturbi nella sindrome Long Covid, rendendo possibile una cura farmacologica personalizzata.


Un gruppo di ricercatori dell’ IRCCS Centro Cardiologico Monzino e dell’Università degli Studi di Milano, guidati da Marina Camera, Responsabile dell’Unità di Ricerca di Biologia Cellulare e Molecolare Cardiovascolare del Monzino e Professore Ordinario di Farmacologia presso l’Università Statale di Milano, in collaborazione con i clinici del Centro Cardiologico Monzino e dell’Istituto Auxologico Italiano, ha individuato i meccanismi molecolari alla base dei disturbi polmonari nei pazienti che soffrono della sindrome Long COVID, aprendo la strada a una possibile terapia.

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Uno studio internazionale, coordinato dalla Sapienza, ha dimostrato il coinvolgimento della citochina GDF15, nota per causare la riduzione dell’appetito, nella progressione della SLA. Il lavoro, pubblicato sulla rivista Brain Behavior and Immunity, suggerisce un nuovo potenziale biomarcatore e bersaglio terapeutico per il trattamento della malattia
La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia multifattoriale caratterizzata dalla degenerazione progressiva dei motoneuroni e dalla paralisi muscolare. Nonostante i trattamenti attualmente utilizzati, i pazienti sopravvivono solo 3-5 anni dopo la diagnosi iniziale.

La perdita di peso è un’importante caratteristica clinica, al momento della diagnosi, delle persone affette da SLA. Con una prevalenza stimata del 56%-62%, la perdita di peso è definita come un rilevante e indipendente fattore prognostico. Diversi studi hanno riportato che il decorso della malattia è sfavorevole quando i pazienti perdono peso rapidamente o hanno un indice di massa corporea basso al momento della diagnosi.

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Una ricerca coordinata dall’Istituto per la bioeconomia del Cnr e dall’Istituto Luke di Helsinki ha individuato proprietà antiossidanti, antibatteriche e antivirali nell’estratto ottenuto dalla corteccia e dai rametti di abete rosso. Lo studio in vitro, pubblicato su Separation and Purification Technology, avvia una potenziale nuova fase per questo settore, incentrata sullo sviluppo industriale di prodotti utili per la salute dell’uomo
Uno studio coordinato dall’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr- Ibe) e dall’Istituto Luke di Helsinki (Finlandia), ha rivelato le elevate proprietà antiossidanti, antibatteriche e antivirali dell’estratto di corteccia di abete. I risultati della ricerca in vitro, a cui hanno partecipato altri partner italiani, finlandesi e statunitensi, sono stati pubblicati sulla rivista Separation and Purification Technology.

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Al via il progetto europeo LUMINATE coordinato dall’Università di Pisa

Si chiama EndoFLight, è un rivoluzionario strumento chirurgico avanzato per riparare le articolazioni con biomateriali e stampanti 3D. Il dispositivo sarà sviluppato grazie a LUMINATE, un progetto coordinato dall’Università di Pisa e finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma di ricerca e innovazione Horizon Health 2024.

“EndoFLight utilizza una combinazione di tecniche di biostampa 3D, cellule del paziente e biomateriali avanzati, per riparare le cartilagini delle articolazioni in maniera personalizzata – spiega il professore Giovanni Vozzi del Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell’Università di Pisa e responsabile di LUMINATE - Il sistema ha una piccola telecamera che viene inserita nell'articolazione durante l'intervento per scansionare la lesione e determinare la dimensione e la forma dell'area danneggiata grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale, quindi EndoFLight riempie la lesione con biomateriali avanzati studiati appositamente per integrarsi con i tessuti circostanti e promuovere la rigenerazione della cartilagine”.

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