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Un biologo dell'Università dello Utah ha identificato 33 nuove specie di formiche predatori nell'America Centrale e nella Zona dei Caraibi. Molte di queste specie osservate al microscopio o una lente sono realmente mostruose e per tale motivo sono state identificate con i nomi di alcuni degli antichi Dei e demoni Maya.

Jack Longino, entomologo e biologo spiega "Tali specie sono mostruose viste sotto un microscopio, la loro testa è una sorta di scudo, gli occhi ridotti e piccoli ai lati e hanno mascelle feroci irte di denti aguzzi per colpire le loro prede! Sembrano una sorta di Alien in miniatura e questo le rende per me  interessanti e divertenti".

In uno studio pubblicato lunedì 29 luglio 2013, all'interno della rivista Zootaxa, Longino descrive ed identifica 14 nuove specie del genere Eurhopalothrix, e le distingue dalle altre 14 specie già conosciute dalla scienza. Il nome del genere deriva dal greco "dai capelli a forma di clava" e si pronuncia (you-row-pal-oh-thrix). In un'altro studio in pubblicazione Longino identifica altre 19 specie (rispetto alle 15 già esistenti), appartenenti al genere Octostruma (che si pronuncia oct-oh-strew-ma), il nome del genere significa che le antenne sono formate da otto segmenti.

 

Pubblicato in Scienze Naturali

La scoperta è avvenuta nell’atollo di Gambier. L’ha realizzata Francesca Benzoni, biologa dell’Ateneo, nell’ambito della spedizione scientifica internazionale Tara Oceans. “Scoperta importante per la conoscenza della biodiversità dei coralli”.

Milano, 30 luglio 2013 – Echinophyllia tarae: si chiama così la nuova specie di corallo scoperta nell’atollo di Gambier (Polinesia francese) dalla spedizione scientifica internazionale Tara Oceans, che dal 2009 al 2012 ha sondato, studiato e analizzato per la prima volta a livello globale la vita microscopica marina negli oceani.

La scoperta, pubblicata sulla rivista Zookeys (Echinophyllia tarae sp. n. (Cnidaria, Anthozoa,Scleractinia), a new reef coral species from the Gambier Islands, French Polynesia), è stata realizzata da Francesca Benzoni, ricercatrice del Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell’Università di Milano-Bicocca, che, all’interno della spedizione, ha coordinato e condotto gli studi sulla diversità dei coralli e il loro stato di salute.

La nuova specie di coralli (vedi gallery fotografica) è la prima specie descritta come risultato della spedizione Tara Oceans: appartenente al genere Echinophyllia, è un corallo duro, si sviluppa in colonie tra i 5 e i 20 metri di profondità, ed era finora noto solamente nell’arcipelago di Gambier.

 

Pubblicato in Scienze Naturali

Il conservatore onorario del Museo Civico di Rovereto, Giorgio Perazza, al centro dell'importante rinvenimento nell'ambito del lavoro di costante osservazione e mappatura del territorio finalizzato allo "Atlante corologico delle orchidee dell'Italia nord-orientale" di prossima pubblicazione da parte del Museo.

Oggi in campo botanico gran parte delle nuove specie e sottospecie si individuano attraverso differenze minime, non visibili a occhio nudo, e accertabili solo attraverso l'indagine genetica;
LA SCOPERTA DI UN FIORE NUOVO PER LA SCIENZA, CHE DIFFERISCE DALLE SPECIE GIÀ DESCRITTE SIA DAL PUNTO DI VISTA MORFOLOGICO CHE PER L'HABITAT PARTICOLARE, È FATTO DI PER SÉ RARISSIMO.
Se poi il _locus classicus_ è il BOSCO DI NUOVA FORMAZIONE A ERTO (Friuli Venezia Giulia), A MONTE DEL LAGHETTO RESIDUO DEL VAJONT,
SUL PENDIO DILAVATO IL 9 OTTOBRE 1963 DALL'IMMANE ONDATA provocata dall'enorme frana staccatasi
dal monte Toc e finita nella diga, la scoperta scientifica si mescola con la storia e diventa rappresentativa della capacità della Natura di rigenerarsi.
È questo il caso della NUOVA ORCHIDEA _LIPARIS LOESELII _SUBSP. _NEMORALIS_, descritta da Perazza, Decarli, Filippin, Bruna e Regattin
sull'importante rivista internazionale Journal Europäischer Orchideen, nel numero 44 (3) del 2012.

Pubblicato in Scienze Naturali

Il 21 e il 22 ottobre i maggiori esperti del mondo di simulazione si danno appuntamento alla 29esima edizione della International CAE Conference per confrontarsi sulla sperimentazione virtuale. Al centro dell’attenzione lo sfruttamento dell’HPC, il calcolo ad alta qualità, per l’innovazione di prodotti, processi e servizi per rendere l’Italia più competitiva. La CAE apre la settimana Aerospace italiana con l’avvio del tavolo tecnico delle aziende del settore.

25 Luglio 2013 - Per solcare le onde con un catamarano come quelli impegnati nell’America’s Cup o per andare tra le stelle con un’astronave bisogna prima passare per una simulazione computerizzata, le stesse che servono per costruire un ponte a prova di onde o una casa che non cada al primo terremoto.  Al mondo delle simulazioni, indispensabile per l’innovazione necessaria alle aziende per ripartire dopo la crisi, è dedicata l’International CAE Conference, evento di riferimento per il mondo della sperimentazione virtuale e del CAE (Computer‐aided engineering, ovvero sia l'ingegneria assistita dal computer) e che vede l’Italia protagonista del settore.

Pubblicato in Eventi

Una ricerca della Bristol University suggerisce che durante il Giurassico (165 milioni di anni fa) esistevano pesci ossei lunghi fino a 16 metri

Giganteschi pesci che si cibavano di plankton colonizzavano i mari di 160 milioni di anni fa, e che insieme ai Dinosauri sono scomparsi 65 milioni di anni fa, soppiantati successivamente dalle grandi balene e squali che si cibano ancora oggi di plankton marino. La domanda per gli scienziati era: Quanto grandi erano tali pesci giganti? Una nuova ricerca suggerisce che potessero avere dimensioni comprese fra i 12 ed i 16 metri.

Gli animali attuali che si cibano di plankton sono oggi i vertebrati  più grandi della Terra. La prima specie di pesce fossile simile a tali animali scoperta era un pesce chiamato “Leedsichthys” che viveva nel Giurassico medio circa 165 milioni di anni fa. Questa specie era una sorta di pioniere della nicchia ecologica oggi occupata dai mammiferi (balene) e dai pesci cartilaginei (mante, squali balena, ecc…) ma solo una dato era sconosciuto. Quali dimensioni tali specie raggiungeva? Questo almeno era la questione fino ad oggi rimasta insoluta.

Il professore Jeff Liston della University of Kunming in China e la University of Bristol’s School of Earth Sciences diccono: “ Le parti osse di Leedsichthys sono rare e male conservate. Tutte le stime fatte finora di dimensione o crescita erano approssimative e dedotte da ipotesi non supportate da dati. Sonop stati esaminati una vasta gamma di reperti, non solo le ossa, ma anche parti anatomiche conservate di resti molli, che mostrano strutture simili agli anelli di crescita, in modo da ricavare l’età dei vari reperti esaminati, e quindi ricavare dati correlati dimensione-età e stime di crescita”.

 

Pubblicato in Paleontologia

Un gruppo di ricercatori delle Università di Pavia, Milano-Bicocca e Statale di Milano ha condotto per la prima volta un’indagine completa e non invasiva su una tavola di violino realizzata da Antonio Stradivari. Sono emerse tecniche di costruzione, materiali e vernici utilizzate dal celebre liutaio cremonese.

Milano, 22 luglio 2013 – Raggi ultravioletti, raggi X e, persino, la tecnica di datazione che si usa per gli alberi, la dendrocronologia. È il mix di tecniche non invasive utilizzato per far luce sulla composizione e le caratteristiche della tavola armonica di un violino costruito da Antonio Stradivari circa tra secoli fa.

La ricerca, realizzata dal Laboratorio Arvedi dell’Università degli Studi di Pavia, in collaborazione con il Centro Universitario per le Datazioni dell’Università di Milano-Bicocca e il Dipartimento di Fisica dell’Università Statale di Milano è stata pubblicata di recente sulla rivista Applied Physics A (M. Malagodi, C. Canevari, L. Bonizzoni, A. Galli, F. Maspero, M. Martini, A multi-technique chemical characterization of a Stradivari decorated violin top plate).

La tavola Stradivari appartiene all’inglese Charles Beare, uno dei più noti esperti di violini a livello mondiale, che l’ha messa a disposizione grazie alla partnership di ricerca avviata con la Fondazione Antonio Stradivari Museo del Violino di Cremona e la Civica Scuola di Liuteria di Milano.

 

Pubblicato in Fisica

La terapia genica si propone di curare le malattie di origine genetica intervenendo sul DNA del soggetto malato, ovvero andando a “curare” il gene o i geni coinvolti nell’insorgenza della malattia in questione. Questo approccio terapeutico può operare in modi diversi: permettendo a un gene “difettoso” di funzionare correttamente, impedendo a un gene “nocivo” di esercitare la sua funzione negativa sull’organismo o ancora inserendo nelle cellule del paziente un gene “estraneo” in grado di produrre una molecola capace di arrestare lo sviluppo della malattia. In tutti i casi, la terapia genica mira ad intervenire a monte del processo patologico. Molti sono i centri di ricerca italiani ed internazionali impegnati nella cura di diverse patologie di origine genetica e ad oggi sono altrettanto numerosi gli studi che stanno confermando la validità di questo approccio terapeutico.

Pubblicato in Genetica
Sabato, 11 Maggio 2013 00:00

Cellule staminali

Le cellule staminali, in particolare le cellule staminali embrionali, sono da diversi anni al centro dell’attenzione del mondo biomedico per le loro potenzialità rigenerative. Queste cellule hanno una caratteristica straordinaria definita totipotenza, che consiste nella capacità di dare origine a diversi tipi di cellule del corpo, come ad esempio le cellule del cuore, del fegato o dell’occhio. Le cellule staminali embrionali hanno inoltre la capacità di dividersi un numero illimitato di volte, dando vita a un quantità molto grande di cellule totipotenti.   Per tale caratteristica esse rappresentano in teoria una fonte inesauribile di cellule del corpo e lo strumento ideale della medicina rigenerativa, che si propone di riparare tessuti od organi danneggiati.

Pubblicato in Genetica

La degenerazione maculare legata all’età, detta più semplicemente AMD, colpisce prevalentemente persone di età media superiore ai 65 anni, tanto da essere considerata, nei Paesi tecnologicamente avanzati, la prima causa di cecità legale dell’età senile L’AMD è una patologia degenerativa che interessa la macula, la regione centrale della retina deputata alla visione fine e dettagliata che ci permette di riconoscere un volto, leggere, guidare … insomma quella che ci consente di svolgere le attività quotidiane più importanti. Essa, progredendo, può provocare seri danni alla visione, interferendo profondamente sulla qualità di vita dei pazienti che ne sono affetti. Ed è proprio l’incidenza sociale dell’AMD,  uno dei motivi di numerosissime ricerche volte alla comprensione dei meccanismi che portano alla sua insorgenza con la finalità di mettere a punto strategie in grado di prevenirla, considerando che, attualmente non esistono ancora cure certe e definitive. L’aumento dei casi di AMD è dovuto certamente all’allungamento della vita media, tuttavia vi sono numerosi fattori di rischio che possono contribuire allo sviluppo di questa malattia quali lo stress ossidativo, il genere (le donne sono più colpite degli uomini), la razza, la coesistenza di malattie cardiovascolari ed in particolare la sucettibilità genetica (che dipende dal nostro DNA).

Pubblicato in Medicina

L’edema maculare diabetico (DME) è una grave complicanza della retinopatia diabetica, una malattia oculare che colpisce nel tempo la maggior parte dei pazienti affetti da diabete. Il DME causa danni molto gravi alla macula, la regione centrale della retina responsabile della visione distinta, che ci permette di svolgere tutte le azioni quotidiane più importanti, quali leggere, guidare e riconoscere i dettagli più fini. Questa patologia è causata dall’alterazione della permeabilità dei vasi sanguigni della retina, che causa la fuoriuscita di sangue o fluidi al di sotto della macula. Con il passare del tempo, si forma un accumulo di liquidi al di sotto della macula – una condizione indicata come edema maculare diabetico – che porta ad un danno strutturale della macula stessa. I sintomi percepiti dal paziente in presenza di DME consistono in una visione offuscata ed una perdita della visione spesso progressiva, che può giungere fine alla cecità legale. Il DME colpisce soggetti diabetici di tutte le età ed è la principale causa di cecità legale nelle persone in età lavorativa nei Paesi tecnologicamente avanzati; essa assume pertanto una grande rilevanza dal punto di vista socio-economico.

Pubblicato in Medicina

Medicina

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