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Lunedì, 11 Giugno 2018
 
 
Il tabacco e' la principale causa di morte in tutto il mondo. Nel 2016, il consumo di tabacco ha causato oltre 7,1 milioni di morti per lo piu' legati a malattie polmonari e cardiache, cancro e ictus. Si e' celebrato lo scorso 31 maggio la Giornata mondiale senza tabacco (World No Tobacco Day). Il Forum delle Societa' Respiratorie Internazionali (Firs) ha lanciato, in occasione del 'World No Tobacco Day', un nuovo documento pubblicato sull'European Respiratory Journal, giornale ufficiale dell'European Respiratory Society (Ers), contenente le raccomandazioni per evitare e ridurre l'uso delle sigarette elettroniche nei giovani. Contrariamente alle affermazioni divulgate soprattutto tra i piu' giovani, gli aerosol di sigarette elettroniche non sono semplicemente 'innocui vapor d'acqua' come da piu' parti sostenuto. Potrebbe essere necessario un lungo tempo di osservazione per determinare nel prossimo futuro nei giovani adulti l'entita' del carico sanitario derivante dall'uso precoce e continuativo delle sigarette elettroniche.

Il Forum of International Respiratory Societies raccomanda infatti: 1. Per proteggere i giovani, i sistemi elettronici di somministrazione di nicotina dovrebbero essere considerati prodotti del tabacco e regolati come tali. Il potere di dipendenza della nicotina e dei suoi effetti avversi nei giovani non dovrebbe essere sottovalutato. Tutte le forme di promozione devono essere regolate.
Pubblicato in Medicina

 

 

La ricerca tutta italiana e finanziata con fondi statunitensi è stata sviluppata dall’Istituto Italiano di Tecnologia di Rovereto e dall’Università di Pisa

Un innovativo approccio di ricerca sviluppato all’Istituto Italiano di Tecnologia di Rovereto e dall’Università di Pisa potrà aiutare a capire come alterazioni genetiche compromettono la regolare funzione del cervello, aprendo nuove frontiere nella comprensione delle cause dei disturbi dello spettro autistico. 
Lo studio, pubblicato sulla rivista Brain, è stato condotto dal team di ricercatori guidato da Alessandro Gozzi dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Rovereto e dal professore Massimo Pasqualetti del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa in collaborazione con cinque altri gruppi di ricerca distribuiti sul territorio nazionale. La ricerca, interamente italiana, è stata finanziata dalla fondazione statunitense Simons Foundation for Autism Research Initiative (www.sfari.org), un ente che seleziona e premia le ricerche più innovative nel campo dell’autismo a livello mondiale.


“Sebbene sia noto che l’autismo sia altamente ereditario, - spiega Alessandro Gozzi, coordinatore del team di ricerca e ricercatore all’IIT - il ruolo che i geni hanno nel determinare questa sindrome non è ancora chiaro. Questo studio rappresenta un’importante dimostrazione di come specifiche alterazioni del DNA possano compromettere le connessioni cerebrali e la regolare funzione del cervello, causando una delle forme più diffuse di autismo.” 
Utilizzando la risonanza magnetica funzionale, una tecnica di neuroimmagine totalmente non invasiva che permette di ricostruire digitalmente il cervello dei pazienti in tre dimensioni, i ricercatori IIT hanno analizzato le scansioni cerebrali di 30 bambini affetti da disturbi dello spettro autistico, tutti portatori della stessa mutazione genetica conosciuta con il termine scientifico di “delezione 16p11.2”. L’analisi di questi segnali ha permesso di scoprire che la corteccia prefrontale nei bambini portatori della mutazione oggetto di studio, rimane isolata e non riesce a comunicare efficacemente con il resto del cervello, generando sintomi specifici dell’autismo, come un ridotto interesse ad instaurare relazioni sociali e problemi nella comunicazione.

Pubblicato in Medicina
 
International research network publishes in the landmark 50th issue of the journal Internet Archaeology exploring new ways of processing millions of Roman artefacts associated with the consumption of food and drink
  • Research draws on datasets from sites such as Pompeii, well-preserved military sites such as Vindolanda and other urban sites including London and Colchester in the UK
  • Studies investigate social behaviour associated with how food and drink was consumed in the Roman world
  • New models are designed for investigating artefact assemblages that have, to date, been too large to investigate for understanding social behaviour
The landmark 50th issue of the journal Internet Archaeology highlights the pioneering research conducted by a network of academics, professional archaeologists and museum curators, led by the Universities of Leicester and Exeter, who are investigating new ways of analysing vast quantities of Roman artefacts in order to better understand eating and drinking habits across the Roman world.

Eating and drinking are core activities around which interactions within and between households and communities are structured.

Current knowledge of everyday consumption practices for the majority living in the Roman Empire remains uneven, however, and little is known about how, where and with whom most people ate their meals, or what aspects of this social practice might have conveyed a universal sense of shared behaviour.

The 'Big Data on the Roman Table' (BDRT) research network, which is led by Professor Penelope Allison from the University of Leicester’s School of Archaeology and Ancient History and Professor Martin Pitts from the University of Exeter, has explored theoretical and technological approaches to analysing the large amount of available artefactual data from the Roman world, so that social behaviour associated with food-consumption practices can indeed be investigated.
Pubblicato in Scienceonline

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