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Uno studio condotto nell’ambito del progetto ERC Starting Grant “HIDDEN FOODS”, dalla Sapienza in collaborazione con team internazionali, ha rivelato, attraverso l’analisi del tartaro dentale di resti archeologici, l’intenso consumo di pesce e carboidrati nella dieta dei cacciatori-raccoglitori del Mediterraneo di 10.000 anni fa. Un team di ricerca internazionale, guidato da Emanuela Cristiani del Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e maxillo-facciali della Sapienza, ha fatto luce sulla dieta degli ultimi cacciatori-raccoglitori del Mediterraneo, rivelando un largo consumo di pesce e piante.

I risultati dello studio, condotto nell'ambito del progetto ERC Starting Grant HIDDEN FOODS, con le collaborazioni dell’Università di York (BioArCh), dell’Italian Academy for Advance Studies in America (Columbia University) e dell’Accademia Croata delle Scienze e delle Arti, sono pubblicati sulla rivista Scientific Reports.

Il team di ricerca internazionale ha analizzato le tracce conservate nei denti di un giovane individuo sepolto verso la fine dell’VIII millennio a.C e ritrovato nella grotta di Vlakno, sull’Isola di Dugi Otok in Croazia. Nello specifico, per analizzare i resti, i ricercatori hanno applicato un approccio integrato, che ha incluso lo studio dei microfossili intrappolati nella placca dentale mineralizzata, comunemente definita come “calcolo”, l’analisi degli isotopi stabili del carbonio e dell'azoto registrati nelle ossa umane e i dati paleoantropologici.

Pubblicato in Paleontologia

 

Lo strumento è stato messo a punto da un team internazionale guidato da ricercatori Sapienza

Analizzare le tracce di masticazione ancora visibili sui denti di animali e uomini del passato è un passaggio fondamentale per ricostruire le loro abitudini alimentari. A questo scopo un team internazionale guidato da ricercatori della Sapienza, in collaborazione con l’Università di Napoli Federico II, di Saragozza e di Helsinki, ha sviluppato un nuovo software open access per semplificare l’identificazione di tracce microscopiche lasciate dal cibo sui denti durante la masticazione degli ultimi pasti consumati.

“Lo studio dei denti fossili e in particolare delle tracce di usura presenti sulla superficie dentale restituisce una serie di importanti informazioni riguardo la dieta, la morfo-meccanica e, più in generale, la biologia di animali estinti” - spiega Flavia Strani, dottoranda presso il dipartimento di Scienze della Terra della Sapienza - “Le tecniche in uso per questo tipo di studi si sono molto sviluppate negli ultimi decenni, soprattutto grazie alla microscopia, ma abbiamo l’esigenza di un ulteriore salto di qualità”.
In questo ambito si colloca l’idea di MicroWeaR – questo il nome del software: nato dalla necessità di semplificare la ricerca, rende possibile misurare, quantificare e catalogare automaticamente le tracce microscopiche di usura dentale, per rivelare con precisione la modalità di masticazione e l’eventuale consumo di fibre vegetali, di alimenti vegetali più coriacei (tuberi, semi) o di carne.

Pubblicato in Paleontologia

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