La trombosi venosa è generalmente multifattoriale, i fattori di rischio infatti possono essere:
predisposti, come mutazioni genetiche “che modificando il funzionamento del sistema di coagulazione e favoriscono la formazione di trombosi venose”. Da ricercare, in particolare, in pazienti giovani (sotto ai 40 anni) oppure in casi di trombosi ricorrenti;
acquisiti, in cui “si distinguono le circostanze a rischio (situazioni transitorie) e i terreni a rischio (patologia aggiunta, a volte pregressa)”.
Quali sono i sintomi a cui prestare attenzione?
Non è possibile quantificare la diffusione della patologia ”perché tante volte, in particolare nel campo venoso, la trombosi rimane asintomatica e viene scoperta successivamente a causa di una delle sue complicanze. A differenza di quella arteriosa, dove la trombosi si riconosce più facilmente a causa dell’insorgenza brutale e conseguenze cliniche più evidenti”.
La trombosi arteriosa ha per conseguenza “l’assenza di ossigenazione dei tessuti e strutture a valle, come ischemia, ictus cerebrale, infarto miocardico, intestinale, renale e degli arti inferiori, che possono presentarsi con diversi sintomi di allarme come ad esempio: ischemia transitoria cerebrale (TIA), angina pectoris, dolori alla gamba, arto freddo di colore bianco o scuro”. La trombosi venosa invece ha per conseguenza “il bloccaggio del ritorno venoso verso il cuore del sangue contenuto a monte, con il rischio sempre possibile della migrazione di questo coagulo verso il cuore o il polmone (embolia polmonare). Bisogna sempre prestare attenzione ai dolori percepiti alla gamba, anche a riposo, gonfiore, rossore e aumento di volume dell’arto”.
Perché i contraccettivi orali sono spesso associati al rischio di trombosi
“L’assunzione della pillola anticoncezionale aumenta significativamente il rischio di trombosi venosa specialmente se associata ad un'altra patologia”. Gli estrogeni contenuti nella pillola “favoriscono la coagulazione sanguigna e rinforzano l'adesività delle piastrine, rendendo il sangue più denso. Vengono inoltre alterate la pressione relativa nei vasi e le funzionalità delle pareti”.
Diagnosi e principali trattamenti
“La prima cosa da fare è consultare il medico curante, se necessario andare al Pronto Soccorso (PS) e farsi visitare dallo specialista angiologo in modo di poter eseguire un ecocolordoppler arterioso e/o venoso del settore interessato”. In seguito possono essere richiesti altri esami più mirati di conferma diagnostica o di eventuale terapia d’urgenza, come l’angio-TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) o l’angio-RMN (Risonanza Magnetica Nucleare).
Le prime terapie sono quelle prescritte dal medico curante, “seguite e/o confermate dallo specialista, a base soprattutto di anticoagulanti o vasodilatatori. Gli accertamenti complementari specifici possono essere completati poi da interventi chirurgici o trattamenti endovascolari”.