La ricerca si è svolta in tre fasi: iniziale somministrazione di prove ai bambini e consegna di questionari ai genitori (pre-test), fase di intervento (training) e fase finale in cui sono state riproposte le prove e i questionari (post-test). La fase di training o intervento, della durata di circa due mesi, ha previsto la realizzazione di attività in piccolo gruppo condotte dalle educatrici opportunamente formate e supervisionate. Tali attività consistevano nella lettura di storie prosociali ai piccoli, a cui seguivano attività differenziate in base alle condizioni sperimentali: conversazione su emozioni e comportamenti prosociali dei protagonisti (Condizione 1); conversazione su stati fisici e azioni concrete presenti nelle storie (Condizione 2); gioco libero (Condizione 3).
I ricercatori hanno dimostrato che i bambini della Condizione 1, cioè quelli che hanno svolto attività di conversazione su stati interni e comportamenti prosociali, hanno migliorato significativamente le loro abilità empatiche e prosociali rispetto ai coetanei posti nelle altre condizioni sperimentali.
In particolare, i genitori dei bambini coinvolti nella conversazione sul mondo interno e sui comportamenti d’aiuto hanno osservato nei loro figli un incremento nella manifestazione di condotte empatiche e prosociali, come ‘volgere lo sguardo verso un altro bambino che piange’, ‘abbracciare le persone quando sono dispiaciute’ o ‘condividere i giocattoli con un’altra persona’. Tali bambini durante i compiti sperimentali hanno mostrato un incremento statisticamente significativo nelle risposte di aiuto strumentale, condivisione di materiali e conforto o consolazione, rispetto ai bambini degli altri gruppi sperimentali.
«Le attività conversazionali implementate nel programma TEPP – il primo programma di promozione della prosocialità al nido - hanno incoraggiato lo scambio tra punti di vista diversi e facilitato il riconoscimento del legame tra mondo interno e manifestazioni esterne, - spiega Ilaria Grazzani, docente di psicologia dello sviluppo e dell’educazione - aiutando così i bambini a mettere in atto comportamenti di aiuto, condivisione e conforto in risposta ai bisogni dell’altro. Già nella prima infanzia è dunque possibile promuovere comportamenti sociali a valenza positiva che sappiamo essere associati, nel corso dello sviluppo, a benessere soggettivo, popolarità tra i pari, diminuzione di frequenza di comportamenti ostili ed aggressivi, autoefficacia emotiva, autostima e riuscita scolastica».