L’osservazione di modelli animali tramite risonanza magnetica ha mostrato che questa alterazione è associata a un malfunzionamento del meccanismo molecolare della proteina mTOR, responsabile della regolazione e produzione di sinapsi, e potenziale target per trattamenti farmacologici. A conferma del ruolo chiave di questa proteina, i ricercatori hanno dimostrato che quando la sua attività viene inibita farmacologicamente, il numero di sinapsi ritorna a livelli fisiologici, ristabilendo completamente la corretta funzionalità dei circuiti coinvolti
“Questo lavoro si inserisce negli studi sul cervello e le malattie del neurosviluppo che conduciamo nel nostro Centro di ricerca a Rovereto - dichiara Alessandro Gozzi - Esso rappresenta una tessera importante per decodificare il mosaico rappresentato dall’autismo, che è appunto un insieme eterogeneo di disturbi e cause. La sfida è identificare tutti i tasselli del mosaico mancanti, così da permettere la futura messa appunto di terapie di precisione mirate a specifici sottotipi di autismo”.
A partire da questi risultati i ricercatori sono riusciti a fare un ulteriore passo avanti e identificare fra chi è affetto da disturbi dello spettro autistico, coloro che hanno questa specifica forma. A questo scopo, i ricercatori hanno confrontato i loro dati con quelli provenienti da banche dati di risonanza magnetica cerebrale di persone con autismo. Attraverso l’uso di sistemi di intelligenza artificiale, il confronto ha evidenziato in un sottogruppo di pazienti disfunzioni di connettività cerebrale simili a quelle riscontrate nei modelli murini e contemporaneamente analisi genetiche hanno rivelato una anomalia della proteina mTOR.
“Con questo studio – conclude Pasqualetti - si dimostra ancora una volta quanto sia fondamentale affiancare alla ricerca clinica modelli avanzati per lo studio del funzionamento del nostro cervello, sia per capire quali alterazioni molecolari e cellulari possono essere all’origine della patologia, che per testare su questi stessi modelli farmaci sperimentali o interventi terapeutici che potrebbero ridimensionare se non addirittura eliminare le alterazioni cellulari osservate nella condizione patologica”.