Giovedì, 05 Agosto 2021

 

Nel ghiaccio della sommità del Guliya a 6700 metri d'altezza nell'altopiano del Tibet, sono stati ritrovati virus risalenti a circa 15000 anni fa, in gran parte completamente diversi da quelli catalogati finora.

Il motivo per cui si rinvengono ancora organismi negli antichi ghiacciai è legato alla costituzione degli stessi che si sono andati formando grazie al graduale deposito di elementi contenuti nell'atmosfera, quali: polveri, microrganismi e gas, che sono rimasti intrappolati e stratificati. Effettuando dei carotaggi si estraggono estratti campioni le cui stratificazioni ricalcano la sequenza temporale di deposizione degli elementi dell'atmosfera.

Lo studio in questione è stato effettuato su carote estratte nel 2015 ed è stato effettuato grazie ad una collaborazione fra ricercatori del Byrd Center dello Stato dell'Ohio e il suo Center for Microbiome Science. In tal modo si è riusciti a comprendere i cambiamenti climatici, la composizione dell'aria ed i microrganismi presenti nei vari periodi.

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Studi sugli uomini di Neanderthal e su quelli di Denisova erano già stati effettuati in passato, e si era visto che tracce del DNA di quest'ultimo sono ancora presenti nelle attuali popolazioni di Papua Nuova Guinea e nelle Isole del Sud Est Asiatico. Ora, un team di ricercatori del CNRS, dell'Université d'Aix Marseille e dell'Establissement Francais du Sang (EFS), hanno sequenziato il genoma di un uomo di Denisova e di tre donne di Neanderthal vissute da 100.000 a 40.000 anni fa per identificarne il gruppo sanguigno- I ricercatori si sono concentrati sui sette gruppi sanguigni importanti per le trasfusioni di sangue (A, B, AB e 0), inclusi H/Se ed il fattore Rh. Va ricordato che i nostri attuali parenti più prossimi, gli scimpanzè, sono di gruppo A, mentre i gorilla di gruppo B. Questi ominidi invece mostravano tutte le varianti A, B, 0; in particolare, i Neanderthal esaminati avevano un unico allele Rh assente in quasi tutta la popolazione umana moderna ad esclusione di un aborigeno ed un papuano.

Pubblicato in Antropologia

 

La loro assunzione ha effetti positivi nel combattere la perdita di funzionalità cerebrali causata da infezioni, traumi o dall’invecchiamento, esiste infatti un’interazione tra la flora batterica intestinale e il cervello. A confermarlo, lo studio di un team di ricercatori del Cnr-Ibbc che ha individuato un mix di otto ceppi batterici vivi in grado di contrastare i processi neuro-infiammatori e di stimolare la neurogenesi adulta. La ricerca è stata pubblicata su Pharmacological Research

I processi neuro-infiammatori che si instaurano in seguito a infezioni, trauma cranici e a causa dell’invecchiamento possono alterare in maniera significativa la funzionalità cerebrale, con una ricaduta negativa sui processi cognitivi e sulla memoria. In questo contesto, un team di ricercatori dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc), ha condotto uno studio pubblicato sulla rivista Pharmacological Research. “È noto da tempo che l’interazione bilaterale fra la flora batterica intestinale e il cervello, il cosiddetto gut-microbioma-brain axis, gioca un ruolo fondamentale nella modulazione dei processi infiammatori sistemici, con conseguenti ripercussioni sul sistema nervoso centrale. La regolazione della flora batterica intestinale mediante l’assunzione di ceppi batterici vivi, i probiotici, rappresenta quindi un approccio molto promettente nella prevenzione e nella cura di numerose malattie”, spiega Stefano Farioli Vecchioli, che fa parte del Gut-Brain Microbioma Group (Gbm Group) assieme a Carla Petrella, Francesca De Santa, Georgios Strimpakos, autori dello studio finanziato da Beingpharma srl.

Pubblicato in Medicina

 

 

Il WWF lancia la campagna estiva per fronteggiare l'emergenza incendi. Incendi record anche in Turchia, dove si rischiano di perdere per sempre specie uniche e habitat vitali per 10 milioni di persone

L’ondata di caldo estremo che sta interessando l’Europa meridionale non si ferma e potrebbe essere una delle peggiori di sempre.

Link al report “Mediterraneo in fiamme” >

Il pianeta in crisi a causa del riscaldamento globale, del disastro climatico e dalla scellerata distruzione di ecosistemi (tra cui appunto le foreste) continua ad essere travolto da una raffica di eventi catastrofici: dalle micidiali ondate di caldo in Nord America, che hanno determinato numerosi decessi ed incendi devastanti dall’Oregon, al Canada all’Alaska, alle alluvioni in Europa e in Cina, ai roghi inarrestabili della Siberia e ora agli incendi che stanno mettendo a ferro e fuoco il Mediterraneo. Ultima (ma ancora per quanto?) nella tragedia la Turchia dove solo giovedì scorso il calore prodotto dagli incendi è stata 4 volte maggiore di qualunque dato sinora mai registrato durante altri incendi nel paese.

Una drammatica ondata di calore con picchi da record assoluto (nella città di Cizre sono stati registrati 49,1 °C) insieme ad atti sicuramente criminali (non dimentichiamoci che nel Mediterraneo gli incendi sono per più del 90% di origine umana) hanno generato incendi che stanno uccidendo persone, distruggendo un patrimonio di natura e di animali selvatici, cancellando un’importante economia collegata al turismo: un paese quindi tre volte in ginocchio.

Pubblicato in Ambiente

 

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