“È da sempre noto dalla letteratura specialistica – spiega Giorgio Manzi del Dipartimento di Biologia ambientale della Sapienza, a capo del team di questa ricerca e del progetto PRIN – che esiste una piccola, ma significativa differenza tra i Neanderthal e noi Homo sapiens nella disposizione dei muscoli che permettono al braccio di ruotare rispetto alla spalla: una stretta inflessione, chiamata solco ascellare, che corre lungo il bordo laterale della scapola”. Il solco ascellare si posiziona, nei Neanderthal, dorsalmente, mentre negli uomini moderni ha un andamento prevalentemente ventrale. A lungo si è indagato su tale carattere, passando da un’interpretazione principalmente funzionalista (alcuni atleti tendono ad avere scapole simili a quelle dei Neanderthal) fino a quelle basate sulle differenze genetiche.
“Adesso – continua Manzi – la scapola di Altamura, ricostruita con tecniche di imaging tridimensionale, modifica questo consolidato quadro di conoscenze. Il posizionamento del solco ascellare mostra una condizione pressoché unica tra i Neanderthal, ma differisce anche nettamente dalla morfologia moderna, avendo una condizione per così dire intermedia (bisolcata) a eminente orientamento ventrale”.
“Questo dato conferma – aggiunge Fabio Di Vincenzo, primo autore dello studio – che i Neanderthal avevano, all’inizio della loro esistenza come specie, una variabilità molto maggiore di quella riscontrata nelle fasi più recenti e classiche, che sono peraltro a ridosso della loro estinzione, avvenuta intorno a 40 mila anni fa”. Inoltre, i ricercatori hanno evidenziato come la scapola di Altamura mostri affinità con altri Neanderthal antichi (non “classici”) rivenuti più di un secolo fa in una località della Croazia chiamata Krapina. E’ una somiglianza che può essere spiegata con scambi genetici tra popolazioni di Neanderthal distribuite su quelle che oggi sono le due sponde del mare Adriatico.
“Se un dettaglio anatomico – conclude Di Vincenzo – ha potuto rivelare particolarità tanto sorprendenti rispetto a quanto conosciamo oggi sui Neanderthal, non è difficile immaginare quante informazioni altrettanto sorprendenti potranno arrivare quando sarà possibile studiare a fondo l’intero scheletro”.