La ricerca paleogenetica, che ha permesso di aumentare considerevolmente la quantità di dati sul DNA antico della regione, ha gettato nuova luce sui percorsi di vita degli abitanti delle società del passato e sulla diffusione e diversificazione delle loro lingue, ricostruendo tassello dopo tassello il complesso puzzle ‒ fino a oggi molto frammentario ‒ sulle conoscenze di queste antiche culture e i modi di vita di queste popolazioni.
Gli studi sono stati coordinati da un team internazionale di ricercatori delle università di Vienna e di Harvard e condotti da 202 coautori tra cui Dušan Borić (Dipartimento di Biologia ambientale) e Emanuela Cristiani (Dipartimento di Scienze odontostomatologiche e maxillo-facciali) della Sapienza e Francesca Candilio del Servizio di bioarcheologia del Museo delle civiltà di Roma.
Le ricerche confluite nei tre articoli pubblicati presentano un quadro sistematico delle storie ‒ spesso interconnesse ‒ dei popoli di questa regione, dalle origini dell'agricoltura fino al tardo Medioevo.
Particolarmente significativo risulta essere il primo articolo sulla patria e sulla diffusione delle lingue anatoliche e indoeuropee (The genetic history of the Southern Arc: a bridge between West Asia and Europe), a cui hanno contribuito principalmente i ricercatori della Sapienza. Il lavoro presenta i risultati genetici relativi ai periodi del Calcolitico/Età del Rame e dell’Età del Bronzo, secondo i quali la patria della famiglia linguistica indo-anatolica si trovava in Asia Occidentale, con solo dispersioni secondarie di indoeuropei non anatolici dalla steppa. Le espansioni dei pastori della steppa verso sud, nei Balcani e in Grecia, e verso est, attraverso il Caucaso in Armenia, hanno lasciato una traccia nel DNA delle popolazioni dell'Età del Bronzo della regione. La nascita delle lingue greca, paleo-balcanica e albanese (indoeuropea) nell'Europa sud-orientale e della lingua armena in Asia occidentale si è formata grazie all'interazione tra i migranti di lingua indoeuropea provenienti dalla steppa e le popolazioni locali e può essere tracciata da diverse forme di prove genetiche. Alcuni dei risultati più sorprendenti si trovano nella regione centrale dell'Arco Meridionale, l'Anatolia, dove i dati su larga scala mostrano che, a differenza dei Balcani e del Caucaso, l'Anatolia non è stata praticamente influenzata dalle migrazioni dei pastori della steppa.
Il secondo articolo sulle prime società agricole e le loro interazioni (Ancient DNA from Mesopotamia suggests distinct Pre-Pottery and Pottery Neolithic migrations into Anatolia) fornisce i dati sul DNA antico degli agricoltori del Neolitico pre-ceramico provenienti dall’area del Tigri nella Mesopotamia settentrionale (Turchia orientale e Iraq settentrionale), in particolare del primo Neolitico degli Zagros nord-occidentali e del Neolitico dell’Armenia. Gli autori hanno potuto studiare la storia genetica di queste società per le quali la ricerca archeologica ha documentato complesse interazioni economiche e culturali. I risultati genetici supportano lo scenario di una rete di contatti pan-regionali tra le prime comunità di agricoltori, mostrando come queste culture agricole formano un continuum di ascendenza che rispecchia la geografia dell'Asia occidentale.
Il terzo articolo, incentrato sul periodo storico (A genetic probe into the ancient and medieval history of Southern Europe and West Asia), rivela che le antiche comunità mediterranee hanno conservato tracce delle loro diverse origini rimanendo, al tempo stesso, collegate tra loro da fenomeni migratori. Le analisi supportano la teoria secondo cui gli antichi “Micenei” della Grecia possono essere modellati come un insieme di una popolazione di origine steppica simile a Yamnaya e di una popolazione egea simile a quella “minoica” della prima Età del Bronzo in un rapporto di circa 1:10, con alcune distinzioni evidenziate nello studio. I risultati mostrano anche che l'ascendenza delle persone che vivevano intorno a Roma nel periodo imperiale era quasi identica a quella degli individui romani/bizantini provenienti dall'Anatolia. Precedenti ricerche avevano già dimostrato le origini orientali di molti abitanti di Roma, ma solo i recenti studi hanno permesso sorprendentemente di trovare un legame così specifico e chiaro con l'Anatolia stessa, e non con altre zone orientali dell'Impero romano come il Levante.
“Nel complesso – commenta Dušan Borić ‒ le scoperte sono un esempio di come i risultati archeogenetici possano gettare nuova luce sui percorsi di vita degli abitanti delle società antiche e sulla diffusione e diversificazione delle loro lingue. Tuttavia, per affrontare le grandi domande sul passato con la paleogenetica, è necessaria una ricerca sistematica su larga scala che colmi le attuali lacune geografiche e temporali”.
“C’è ancora molto da scoprire – conclude Emanuela Cristiani ‒ e solo nuovi scavi e lavori sul campo nelle zone orientali dell'Asia occidentale consentiranno di comporre il puzzle”.