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Alle origini della Via Lattea: età e provenienza delle sue stelle più antiche
18 Mag 2021 Scritto da Università di Bologna
Utilizzando il metodo dell’asterosismologia, un gruppo internazionale di studiosi è riuscito a determinare con grande precisione l’età di un centinaio di stelle giganti rosse, alcune delle quali sono originarie di GaiaEnceladus, una galassia che venne inglobata nella Via Lattea circa 10 miliardi di anni fa.
Circa 10 miliardi di anni fa, una galassia nana, conosciuta come Gaia-Enceladus, entrò nel campo gravitazione della Via Lattea finendo per venire inglobata al suo interno. Per capire come questa collisione galattica, avvenuta nelle prime fasi di vita della Via Lattea, ha influenzato l’evoluzione della nostra galassia è però necessario riuscire a ricostruire una cronologia precisa: cosa non certo semplice per un evento avvenuto in un’epoca così remota. Un importante passo avanti in questa direzione arriva ora da un gruppo internazionale di ricerca, che ha coinvolto anche l’Università di Bologna, il quale è riuscito a determinare con una precisione senza precedenti l’età relativa di un centinaio di giganti rosse – una classe di stelle longeve e particolarmente brillanti – presenti nella Via Lattea, alcune delle quali sono però originarie della galassia GaiaEnceladus. Pubblicato su Nature Astronomy, lo studio nasce nell’ambito del progetto Asterochronometry, finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC) e guidato da Andrea Miglio, professore al Dipartimento di Fisica e Astronomia “Augusto Righi” dell’Università di Bologna e associato INAF.
Nella ricerca pubblicata su Physical Review Letters coinvolta anche l’Università di Pisa.
Nell’agosto del 2019 quando, per la prima volta in assoluto, fu scattata una fotografia di un buco nero i rivelatori Ligo negli Stati Uniti e Virgo a Pisa intercettarono un segnale gravitazionale che etichettarono come GW190814. A produrlo fu la fusione di due oggetti compatti: un buco nero da 23 masse solari e un oggetto due volte e mezzo circa la massa del sole (M⊙) di natura misteriosa. Ma una risposta a questo enigma arriva ora da uno studio appena pubblicato su Physical Review Letters secondo cui si tratterebbe di una stella di quark, cioè una stella compatta composta da una miscela di quark up, down e strange.
“L’oggetto secondario che ha partecipato alla fusione stellare che ha generato GW190814 poteva essere o il buco nero più leggero di sempre o la stella di neutroni più massiccia mai scoperta. E tuttavia entrambe le possibilità presentavano dei problemi e, in particolare, non era chiaro se una stella di neutroni potesse raggiungere una massa così elevata”, spiegano Ignazio Bombaci e Domenico Logoteta del Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa e INFN di Pisa, fra gli autori dello studio.
Alle origini del buco nero supermassiccio della Via Lattea
14 Mag 2021 Scritto da Università di Roma La Sapienza
Uno studio coordinato dal Dipartimento di Fisica della Sapienza fornisce nuove informazioni sulla formazione del buco nero che si trova al centro dalla nostra Galassia. Lo studio suggerisce che il buco nero super massiccio sia il residuo di un insieme di buchi neri più leggeri che, orbitando, hanno perso energia fino a fondersi. I risultati del lavoro sono stati pubblicati sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
Sagittarius A* (Sgr A*) è una intensa sorgente di onde radio molto compatta, situata al centro della Via Lattea, e nello specifico, nella costellazione del Sagittario. Sgr A* è anche il punto della nostra Galassia in cui si trova un oggetto estremamente compatto - 4 milioni di volte più massiccio del Sole - un componente caratteristico dei centri di molte galassie ellittiche e spirali.
L’identificazione di questo “mostro celeste” ha fatto vincere il premio Nobel 2020 per la fisica agli scienziati R. Genzel e A. Ghez, che hanno effettuato misurazioni dei movimenti delle stelle nella regione centrale della Galassia così precise da contribuire a dimostrare l’esistenza di questo oggetto, molto probabilmente assimilabile a un buco nero supermassiccio.
Un cristallo che ospita un effetto domino tridimensionale
31 Mar 2021 Scritto da Università di Roma La Sapienza
Un team di ricercatori del Dipartimento di Fisica dell'Università Sapienza e del Dipartimento di Fisica Applicata della Hebrew University of Jerusalem ha ripreso stereoscopicamente in tempo reale la percolazione frattale in un cristallo. La scoperta, pubblicata su Physical Review Letters, aiuta a comprendere il comportamento di materiali innovativi per l'immagazzinamento di informazioni ed energia
La percolazione è alla base della comprensione di una vasta gamma di fenomeni di importanza critica e molto diversi tra di loro, come ad esempio il modo in cui si espandono gli incendi, la desertificazione, la diffusione di un'infezione, oppure la propagazione dell'attività cerebrale.
Questo modello permette non solo di comprendere diversi fenomeni (come sistemi) in modo qualitativo, ma anche di fare delle predizioni quantitative. Permette infatti di descrivere in modo statistico le connessioni a lunga distanza tra sistemi contenenti numerosi oggetti (collegati tra loro da relazioni aleatorie a corta distanza) e di definirne il comportamento.
Nei solidi, come i cristalli, si pensa che la percolazione sia il meccanismo di base che regola il passaggio da uno stato macroscopico a un altro, come una sorta di effetto domino. Finora questa è stata osservata in modo diretto in sistemi planari, ma mai all'interno di un mezzo tridimensionale.
Conversazioni crittografate: quando le leggi della fisica proteggono i dati sensibili
22 Mar 2021 Scritto da Università di Roma La Sapienza
Un nuovo studio Sapienza, frutto della collaborazione tra due gruppi sperimentali del Dipartimento di Fisica, dimostra come, attraverso l’impiego di un nuovo tipo di emettitori di fotoni, i quantum dots, sia possibile garantire un ulteriore livello di sicurezza per i dati trasmessi in un canale di comunicazione, sia che si tratti di una conversazione telefonica che una transazione bancaria. La ricerca, pubblicata su Science Advances, ha previsto lo sviluppo sperimentale del primo canale di comunicazione quantistica tra due edifici all’interno del campus Sapienza
Comunicare a distanza è diventata la regola nella vita di tutti i giorni sia per contattare privatamente amici o conoscenti, che per inviare dati sensibili, come ad esempio nelle transazioni bancarie.
Diventa quindi di fondamentale importanza creare un apparato di protezione che renda sicuro lo scambio di dati, salvaguardandoli da potenziali intrusi. Infatti gli attuali mezzi di comunicazione sono intrinsecamente vulnerabili e il loro livello di sicurezza dipende esclusivamente dalle capacità tecnologiche dell’intruso.
Osservati, per la prima volta da una pulsar al millisecondo in fase “esplosiva”, lampi in banda ottica e ultravioletta oltre alle pulsazioni nei raggi X tipiche di questi corpi celesti. La scoperta, guidata da ricercatrici e ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e basata anche su osservazioni effettuate con il Telescopio Nazionale Galileo, mette alla prova i modelli teorici che descrivono il comportamento delle pulsar in sistemi binari.
Si chiama SAX J1808.4-3658 ed è una pulsar, ovvero una stella di neutroni – quel che resta di stelle più massicce del Sole – che emette radiazione attraverso due coni di luce e ruota molto rapidamente, facendo sì che l'emissione appaia pulsante, come quella un faro. Ma non finisce qui. È una pulsar “al millisecondo”, cioè ruota ancora più veloce della maggior parte delle pulsar, completando ben 401 giri su sé stessa in un solo secondo, e per di più si trova in un sistema binario, orbitando insieme a un’altra stella alla quale sottrae regolarmente materia. Ma è anche un oggetto celeste decisamente incostante. Alterna infatti fasi di “quiescenza” a periodi più attivi o “esplosivi” ogni 3–4 anni: l’esplosione più recente, la nona dalla sua scoperta nel 1996, è stata registrata tra agosto e settembre 2019.
Uno studio dell'Università di Bonn, in collaborazione con l’Università di Padova, pubblicato sulla rivista «Physical Review X» determina il tempo minimo per operazioni quantistiche complesse: i risultati della ricerca hanno una ricaduta importante per il calcolo quantistico.
Il “limite di velocità” scoperto servirà per raggiungere il numero massimo di operazioni che possono essere eseguite dai computer quantistici
Anche nel mondo delle particelle più piccole, con le loro regole speciali, le cose non possono correre con velocità infinita. I fisici dell'Università di Bonn hanno dimostrato
qual è il limite di velocità per le operazioni quantistiche complesse. Nello studio sono stati coinvolti anche scienziati del MIT americano, delle università di Amburgo, Colonia, Padova e del centro di ricerca Jülich e la ricerca è stata selezionata per una mrecensione sulla rivista «Physics» della American Physical Society. Immaginiamoci di essere nella notte di capodanno a pochi minuti dalla mezzanotte (il lockdown è già storia) e di osservare un cameriere che si affretta a servire un intero vassoio ricolmo di calici di spumante. Corre da un ospite all'altro a tutta velocità. Grazie alla sua tecnica, perfezionata in molti anni di lavoro, gli riesce di non versare alcuna goccia del prezioso liquido.
Un piccolo trucco lo aiuta: mentre il cameriere accelera i suoi passi, inclina un po' il vassoio così da evitare che lo spumante fuoriesca dai bicchieri. A metà strada, verso il tavolo, lo inclina nella direzione opposta e rallenta. Solo quando si è fermato completamente riporta il vassoio in posizione orizzontale. m«Sotto certi aspetti gli atomi nel loro mondo microscopico sono simili allo spumante. Conviene infatti pensarli come onde di materia: non si comportano come palle da biliardo, bensì come un mliquido speciale. Se si vogliono trasportare gli atomi da un posto all'altro il più velocemente possibile occorre essere destri come il cameriere di capodanno. E persino allora esiste un limite di velocità che questo trasporto non può superare - spiega il dottor Andrea Alberti mdell'Istituto di Fisica Applicata all'Università di Bonn e leader dello studio».
Michele Cignoni dell’Università di Pisa ha collaborato alla ricerca dell’INAF studiando la datazione delle stelle
La Via Lattea contiene delle stelle che appartenevano a una galassia nana molto antica. La scoperta arriva da uno studio dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) a cui ha collaborato l’Università di Pisa e che è stato pubblicato sulla rivista ApJ Letters.
A rivelare la presenza di questa galassia primordiale è stato in particolare lo studio di 44 stelle alla cui datazione ha lavorato Michele Cignoni dell’Ateneo pisano.
“In collaborazione con il team INAF dell’Osservatorio Astrofisico di Torino formato da Paola Re Fiorentin, Alessandro Spagna e Mario G. Lattanzi – spiega Cignoni - abbiamo analizzato i dati astrometrici e spettroscopici di alta qualità della missione spaziale Gaia combinati con le osservazioni da Terra fornite dai telescopi Apogee e Galah. Abbiamo così scoperto otto nuovi gruppi di stelle con velocità molto coerenti fra loro. Tra questi gruppi il più interessante, che abbiamo chiamato Icarus, è compatibile con i resti di una galassia nana "precipitata" nel proto-disco della Via Lattea 10 miliardi di anni fa”.
“Il mio contributo in questo studio – continua Cignoni - è stato quello di stimare l'età delle stelle di questi gruppi, suggerendo un'età media superiore a 10 miliardi di anni, quindi superiore alle età tipiche delle stelle della Via Lattea nate nel disco della nostra Galassia”.
La scoperta di nuove forme bidimensionali dei nitruri apre nuove prospettive per l’elettronica ultra-veloce e ad alta efficienza energetica. Uno studio pionieristico dell’Istituto per la microelettronica e microsistemi del Cnr di Catania pubblicato su Advanced Materials
L’emergenza ambientale a livello globale richiede il passaggio verso forme di energia rinnovabili e l’adozione di metodi efficienti per la distribuzione, la conversione e l’utilizzo dell’energia elettrica. In questo contesto, gli straordinari progressi ottenuti nel corso degli ultimi anni nella tecnologia dei materiali semiconduttori ad ampia banda proibita, quali il carburo di silicio (SiC) e il nitruro di gallio (GaN), sono stati alla base della transizione verso una elettronica ad alte prestazioni e ad alta efficienza energetica, in grado di rispondere all’emergenza posta dal riscaldamento globale.
La recente dimostrazione di nuove forme bidimensionali del GaN e di altri nituri (InN ed AlN) apre nuove prospettive per l’applicazione di questi materiali nella micro e nanoelettronica. Uno dei primi studi in questa direzione, realizzato dai ricercatori dell’Istituto per la microelettronica e microsistemi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Imm) di Catania, in collaborazione con l’Università di Linkoping in Svezia e con l’MFA-EK di Budapest, nell’ambito del progetto europeo Grifone, è stato recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Advanced Materials.
Dare un “calcio” agli atomi per far diventare trasparente un materiale
11 Gen 2021 Scritto da Università degli studi di Trieste
Un team ricercatori di Italia, Germania e Stati Uniti, in uno studio pubblicato su Nature Physics, dimostra come in un ossido di Rame l’eccitazione degli atomi con un campo infrarosso possa migliorare altre proprietà del materiale
Trieste, 8 gennaio 2021 - Tutti i dispositivi optoelettronici funzionano sulla base di come i materiali assorbono, trasmettono o riflettono la luce. Per questo, comprendere come i materiali interagiscono con la radiazione a livello atomico non solo aiuta a decidere quale materiale scegliere per una determinata applicazione - ad esempio nel campo delle telecomunicazioni o della sensoristica -, ma apre anche allo sviluppo di materiali con proprietà sempre nuove. Una collaborazione tra ricercatori provenienti da Italia, Germania e Stati Uniti ha dimostrato come in un ossido di Rame (CuGeO3) far vibrare gli atomi forzatamente, “calciandoli” con un impulso laser a infrarossi, può rendere il materiale trasparente per tempi brevissimi (meno di 10 alla meno 12 secondi).