DIABETE DELL'ADULTO: CONOSCERLO E AFFRONTARLO

Comunicato Stampa Università La Sapienza 18 Set 2017

 

 

Lo studio descrive le caratteristiche della malattia, ne indica le terapie e il rischio di complicanze

Esiste una forma di diabete autoimmune a lenta evoluzione che si manifesta dopo i 30 anni e che viene definito LADA (acronimo dall’inglese: Latent Autoimmune Diabetes in Adults). Ancora poche sono le conoscenze riguardo questa patologia, che non richiede un trattamento insulinico per almeno sei mesi dalla diagnosi e che comunemente viene diagnosticata come diabete di tipo 2. Infatti, nella fase iniziale, il diabete LADA è caratterizzato da una minore compromissione del metabolismo glucidico rispetto al diabete di tipo 1 classico, ma, come dimostrato da studi epidemiologici condotti negli ultimi dieci anni, la prevalenza di tale forma di diabete è sovrapponibile a quella del diabete tipo 1 ad insorgenza giovanile.

Il team del Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza coordinato da Raffaella Buzzetti, insieme all’Unità operativa complessa di Endocrinologia e Diabetologia del Campus Biomedico, ha esaminato e descritto le terapie più idonee sia alla diagnosi, sia nelle fasi più avanzate della malattia. I risultati sono esposti nella review a tre nomi pubblicata nei giorni scorsi sulla prestigiosa rivista Nature Reviews Endocrinology.

“In mancanza di linee guida specifiche per questa forma di diabete – spiega Raffaella Buzzetti – abbiamo cercato di fornire un quadro delle possibili soluzioni adatte alla varietà e molteplicità dei casi in cui la malattia si manifesta”.

L’elevata eterogeneità del LADA era stata dimostrata in un precedente studio denominato NIRAD (diabete non richiedente insulina alla diagnosi) che aveva analizzato 5000 pazienti in 84 centri su tutto il territorio nazionale, favorendo l’avanzamento delle conoscenze su questa patologia.

Sulla base di tale acquisizione i ricercatori della Sapienza ipotizzano che l’eterogeneità possa essere il risultato di meccanismi patogenetici differenti che comprendono diversi livelli di insulinoresistenza e di autoimmunità. Questo rende difficile, sia definire le modalità di trattamento a priori, sia la generalizzazione delle strategie di cura, mettendo in luce la necessità di realizzare terapie personalizzate.

Il contributo degli autori, in tal senso, si posiziona tra quelli più rilevanti per la diffusione di conoscenze in tema di epidemiologia, fisiopatologia e prevalenza delle complicanze, migliorando le possibilità per il medico di effettuare una diagnosi precoce e un adeguato trattamento.

Ultima modifica il Lunedì, 18 Settembre 2017 07:37
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