Un nuovo studio coordinato da Giorgio Manzi per la Sapienza (Dipartimento di Biologia ambientale) in collaborazione con l’Università Federico II di Napoli e l’Università di Firenze, ha dimostrato una stretta relazione tra locomozione bipede e cambiamenti nell’occlusione dentaria, a partire dai nostri più antichi antenati di milioni di anni fa.
Questi risultati, pubblicati su Scientific Reports, contestano la diffusa convinzione secondo cui le caratteristiche della nostra dentatura sarebbero state una conseguenza diretta dei cambiamenti nella dieta avvenuti perlopiù con la comparsa dei primi strumenti del Paleolitico e con l’uso del fuoco per la cottura del cibo.
I ricercatori, confrontando la forma delle mandibole di un ampio campione di primati estinti e viventi con la velocità evolutiva con cui questo distretto osseo si è modificato nel tempo, hanno osservato che il mascellare inferiore della nostra specie e dei nostri parenti più prossimi, come le australopitecine o i Neanderthal, si è modificato nel corso degli ultimi milioni di anni più rapidamente che in qualsiasi altra scimmia del passato.
Quindi il cambiamento nelle mandibole ha interessato anche i nostri antenati più antichi, milioni di anni prima dell’uso sistematico di strumenti, della scoperta del fuoco e della cottura del cibo, in specie con abitudini alimentari molto differenti tra loro.
Secondo la nuova ricerca, la spiegazione di questa sorprendente accelerazione evolutiva è da individuare nel nuovo assetto della mandibola dovuto all’acquisizione della locomozione bipede e della postura eretta, avvenuta tra 6 e 7 milioni di anni fa. Ciò indica che i due processi-chiave dell’evoluzione umana, il bipedismo e l’occlusione dentaria, sono molto più interconnessi di quanto creduto finora.
I nuovi assetti strutturali hanno coinvolto collo, mandibola e cranio (portato sulla sommità della colonna vertebrale) dei nostri antenati, producendo a cascata una serie di effetti, in qualche modo imprevisti, che hanno consentito già alle prime forme di ominidi bipedi di adattarsi al consumo di alimenti più consistenti (semi e tuberi) in ambienti di foresta più rada e poi di savana. Successivamente, tali cambiamenti avrebbero consentito ai primi rappresentanti del genere Homo di modificare la loro dieta in senso più carnivoro, fino ad arrivare alle gracili mandibole di Homo sapiens con denti di dimensioni ridotte e il nostro curioso mento.