Le tecnologie antighiaccio, gli algoritmi del Coronavirus e l'acqua nel profondo della Terra: un milione di euro dalla Commissione europea per la ricerca dell'Università Milano-Bicocca
Tecnologie antighiaccio efficaci e sostenibili da applicarsi nei settori dell'aeronautica e dell'automobilistica. Algoritmi in grado di combinare dati genomici su larga scala per ricostruire le mutazioni del Coronavirus nel corso della sua diffusione pandemica. Modelli per definire le caratteristiche e le modalità di circolazione dell'acqua a 15-20 chilometri nella crosta terrestre.
Sono gli obiettivi di “Surfice”, “Alpaca” e “Fluidnet”, i tre progetti di ricerca dell'Università di Milano-Bicocca – in partnership con altri atenei, imprese ed enti europei – che hanno ottenuto finanziamenti per oltre 1 milione di euro vincendo il bando MSCA - Innovative training networks del Programma quadro europeo per la ricerca e l'innovazione Horizon 2020. Il bando si era chiuso lo scorso 14 gennaio. A fine maggio i risultati sono stati trasmessi ai candidati. In un caso (“Surfice”) Milano-Bicocca è l'ente coordinatore del progetto, negli altri due figura come partner. Con 23 proposte presentate e 3 progetti selezionati, l'Ateneo milanese ha riscontrato un tasso di successo del 13 per cento, superiore alla media europea (10 per cento, pari a 147 ricerche finanziate su 1.503 presentate e valutate).
#Covid19: cosa rivelano Tac e radiografia sull’infezione
L’infezione da Coronavirus colpisce le vie respiratorie e la polmonite è una delle sue complicazioni principali. Una Tac o una radiografia possono dare informazioni utili per la diagnosi di Covid-19?
L’abbiamo chiesto a Valentina Vespro, medico radiologo del Policlinico di Milano esperto in radiologia toracica.
- È possibile individuare il virus tramite radiografia o Tac del torace?
L’imaging radiologico non rappresenta un criterio diagnostico per l’infezione da Coronavirus (Sars-Cov2), ma è in grado di evidenziare l’eventuale polmonite che ad essa si può associare, in tal caso infatti è possibile vedere alla radiografia o alla TC una opacità, definita addensamento. Questo è un segno di possibile polmonite Covid-19 dovuta all’infezione in corso che dovrà essere confermata con il tampone. Per questo motivo una RX o una TC del torace negativi, cioè senza un addensamento a livello polmonare, non possono escludere a priori l’infezione da Sars-Cov2.
Dalla nostra esperienza e dai dati pubblicati fino ad ora dalla letteratura mondiale, si può dire che le alterazioni evidenziate dalla TC per le loro peculiarità (pattern radiologico) e per la loro distribuzione all’interno dei polmoni sono abbastanza caratteristiche di questo tipo di infezione.
- Cosa avviene a livello dei polmoni dei pazienti Covid-19?
Nel caso in cui l’infezione da Coronavirus colpisca i polmoni, si è notata una correlazione diretta tra evoluzione del quadro radiologico e lo stato di salute del paziente (situazione clinica).
Nei primi 4 giorni (fase iniziale) la radiografia è caratterizzata da addensamenti sfumati, nella parte inferiore dei polmoni. Dal 5° all’8° giorno, si può assistere ad un peggioramento clinico del paziente che presenterà tosse e difficoltà respiratoria (dispnea ingravescente). L’RX mostrerà una maggiore estensione degli addensamenti a livello polmonare: nella radiografia i polmoni appariranno, per così dire, sempre più ‘bianchi’.
Lo studio di queste alterazioni polmonari con TC ad alta risoluzione ha mostrato che inizialmente viene coinvolto l’interstizio intralobulare (cioè il tessuto che riveste gli alveoli) e con il progredire della malattia si diffondono nello spazio ‘cavo’ dell’alveolo*, determinano un danno alveolare diffuso.
Nelle radici delle leguminose un aiuto all'agricoltura sostenibile
Uno studio dell’Istituto di bioscienze e biorisorse del Cnr di Napoli, pubblicato su New Phytologist, propone un nuovo modello per il funzionamento del nodulo azoto-fissatore, l’organo radicale che nelle colture leguminose permette la conversione dell’azoto atmosferico in nutrienti utilizzabili dalle piante, rendendo i terreni agricoli più fertili
Pubblicato dalla rivista New Phytologist, uno studio condotto da ricercatori dell’Istituto di bioscienze e biorisorse del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Ibbr) coordinato da Maurizio Chiurazzi ha consentito di identificare un nuovo meccanismo di controllo per il corretto funzionamento del nodulo azoto-fissatore nelle piante leguminose. Il nodulo azoto-fissatore si forma grazie all’interazione tra le colture leguminose e il rizobio, un batterio che vive nei terreni e che può stabilire una simbiosi con le leguminose. Insediandosi nei noduli radicali della pianta, il rizobio permette la formazione di questo nuovo organo in grado di ridurre l’azoto atmosferico in nutrienti per la pianta.