I risultati evidenziano per la prima volta che i meccanismi di scivolamento lungo la faglia non sono la causa principale dell’instabilità, ma la conseguenza di una complessa interazione di processi antagonisti di dilatazione e compressione su diverse zone della faglia che preparano i meccanismi di innesco e propagazione. La mappatura dei meccanismi sorgente della rottura (dilatanti, taglio e compattazione) è stata derivata dall’analisi dei microterremoti registrati durante esperimenti triassiali di deformazione condotti su litologie di diversa composizione e tessitura, quali graniti e arenarie, e a condizioni di carico rappresentative degli sforzi agenti nella crosta terrestre.
Lo studio ha sviluppato un nuovo metodo di analisi del segnale sismico che ha permesso di identificare il processo di innesco della faglia rilevato da meccanismi iniziali di compattazione, che sono seguiti da meccanismi dilatanti durante i primi stadi di sviluppo della faglia. Ciclicità periodiche di alternanza di questi meccanismi guidano successivamente la formazione e propagazione della rottura. I risultati di questa ricerca permettono quindi di proporre nuove strategie di monitoraggio microsismico calibrate sulla fase premonitrice deformativa che si sviluppa prima dei fenomeni di instabilità, fornendo importanti implicazioni sulla comprensione dei fenomeni precursori della rottura e supporto per strategie di mitigazione dei rischi naturali e indotti.
Lo studio è stato possibile tramite un dottorato di ricerca riservato a studenti internazionali finanziato dall’Università di Torino, condotto dal Dr. Thomas King sotto la supervisione del Prof. Sergio Vinciguerra del Dipartimento di Scienze della Terra. Il team è stato completato dalla collaborazione di Philip Benson e Jodi Burgess, ricercatori dell’Università di Portsmouth, e del Prof. Luca De Siena dell’Università di Mainz.