Cambiamento climatico: il ritiro dei ghiacciai indebolisce l’ecosistema
Con il ritiro dei ghiacciai le interazioni tra piante e impollinatori diventano più fragili, rischiando direndere l'intero ecosistema più vulnerabile ai cambiamenti ambientali in atto e meno resiliente.
E’ il risultato della ricerca di un’equipe internazionale di scienziati coordinato dall’Università Stataledi Milano, effettuata nell’area del ghiacciaio del Mont Miné nelle Alpi Svizzere e pubblicata su Ecography.
I ghiacciai si stanno ritirando, questo ormai è noto. Ma che cosa succede alla terra una volta libera dal ghiaccio? Che tipo di nuovo ecosistema si viene a formare?
Per capire l'impatto del ritiro dei ghiacciai su biodiversità e funzionamento dei sistemi ecologici, un’équipe internazionale di scienziati dell’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con l’University of Lausanne, con l’Università Sapienza di Roma e con l’Università di Modena e Reggio Emilia, ha preso in esame le interazioni tra piante e impollinatori e ha scoperto che il ritiro dei ghiacciai mette a rischio la stabilità delle relazioni tra piante e impollinatori, fondamentali per la biodiversità.
Individuata una nuova molecola capace di rallentare la progressione della retinite pigmentosa
L’Università di Pisa partner dello studio che ha guadagnato la copertina del Journal of Medicinal Chemistry.
Si chiama REPISTAT, è una nuova molecola capace di rallentare la progressione della retinite pigmentosa, una rara patologia genetica che può portare negli anni alla totale cecità. La scoperta arriva da uno studio, che si è guadagnato la copertina del Journal of Medicinal Chemistry. A progettare e sintetizzare la molecola è stato un gruppo di ricerca di chimica farmaceutica dell’Ateneo di Siena in collaborazione, per le prove biologiche, con il Dipartimento di Farmacia dell’Ateneo pisano, e con l’Istituto di Neuroscienze del CNR - Pisa, la University College London e l’Università di Ferrara.
Come le cellule immunitarie "annusano" i patogeni
Ricercatori dell'Università di Bonn hanno messo a punto un metodo innovativo per osservare in azione i recettori immunitari.
Le cellule immunitarie sono in grado di rilevare le infezioni proprio come un cane fiuto, grazie a speciali sensori chiamati recettori Toll-like, o TLR. Ma quali segnali attivano i TLR e qual è la relazione tra l'intensità e la natura di questa attivazione e la sostanza rilevata? In uno studio recente, i ricercatori dell'Università di Bonn e dell'ospedale universitario di Bonn (UKB) hanno utilizzato un metodo innovativo per rispondere a queste domande. Questo approccio potrebbe accelerare la ricerca di farmaci per combattere malattie infettive, il cancro, il diabete o la demenza. I loro risultati sono stati pubblicati sulla rivista "Nature Communications".
Underwater caves provide clues to understanding the first settlers of Sicily
Diver pointing at potential Pleistocene sediments on the seabed/Ilaria Patania
Sicily, one of the first Mediterranean islands to be permanently occupied by human populations, continues to unveil its mysteries through the EOS project (Early Occupation of Sicily), led by Professor Ilaria Patania from Washington University in St. Louis and in collaboration with Ignacio A. Lazagabaster, a researcher at the Centro Nacionalde Investigación sobre la Evolución Humana (CENIEH). This project focuses on the study of archaeological sediments found in caves and rock shelters along the southern coastal zones of Sicily, including several underwater sites that require subaquatic excavation methods.
Lotta ai tumori e alle malattie genetiche grazie alle nanoparticelle lipidiche
I ricercatori del NanoDelivery Lab della Sapienza hanno sviluppato una tecnologia che utilizza nanostrutture biocompatibili per trasportare grandi molecole di DNA preparando il terreno per nuove terapie geniche mirate. I risultati dello studio sono pubblicati su Nature Communications
L’avvento delle nanoparticelle lipidiche ha rivoluzionato il campo della terapia genica. Utilizzate anche nello sviluppo di vaccini a base di mRNA contro il COVID-19, le nanoparticelle lipidiche hanno dimostrato un grande successo nelle applicazioni cliniche. Tuttavia, la capacità di queste particelle di incapsulare efficacemente molecole di DNA di grandi dimensioni rimane ancora un campo poco battuto.
Da rifiuti a risorsa: gli scarti agro-alimentari diventano fitovaccini e biopesticidi
Due studi internazionali, coordinati dalla Sapienza, mostrano come i residui della produzione di olio extravergine d’oliva possano essere valorizzati in composti immunostimolanti e antimicrobici, efficaci nella protezione delle piante da malattie come come Xylella fastidiosa. I risultati sono stati pubblicati sulle riviste Plant Stress e Plant Physiology and Biochemistry
La crescente produzione globale di olio d'oliva ha portato con sé sfide ambientali rilevanti. Gli scarti generati dai frantoi spesso non vengono smaltiti in modo controllato, causando danni al suolo e compromettendo la salute microbica a causa dell'alto contenuto di tannini e composti fenolici.
Per produrre l'etilene ci vuole...il sole
Un catalizzatore a base di cobalto (in centro) promuove la conversione di molecole di acetilene (a sinistra) in molecole di etilene (a destra) mediante l’impiego della luce come fonte energetica.
Studio dell’Università di Padova rivoluziona i processi chimici di produzione di etilene puro con la luce solare per un futuro più sostenibile.
L’etilene è la sostanza chimica organica più importante dell’industria moderna: con una produzione annua che raggiunge 200 milioni di tonnellate, le sue applicazioni spaziano dalla produzione di circa il 60% di tutte le plastiche alla gestione agricola, fino alla sintesi di numerosi prodotti chimici e composti organici.
Oggigiorno l’etilene viene prodotto principalmente attraverso la pirolisi petrolchimica di idrocarburi, un processo industriale che introduce delle impurezze di acetilene che limitano il diretto utilizzo dell’etilene prodotto. Per questo motivo, in industria, l’etilene deve essere prima purificato dall’acetilene in un processo di trasformazione che attualmente presenta grandi problematiche in termini di sostenibilità poiché necessita di alte temperature e metalli nobili – costosi e difficili da reperire – come catalizzatori. Nonostante i progressi compiuti, queste strategie tradizionali per la conversione dell’acetilene in etilene possiedono ancora una selettività relativamente bassa (ossia l’acetilene non viene soltanto convertito nel desiderato etilene, ma una parte di esso viene anche convertito in prodotti non desiderati).
Atomi metallici intrappolati nella "rete" del grafene: così nascono i materiali del futuro
Una ricerca svolta congiuntamente dall’Istituto Officina dei Materiali del Cnr e dalle Università di Trieste, MilanoBicocca e Vienna ha dimostrato un metodo semplice e innovativo per realizzare nuovi materiali che uniscono le straordinarie proprietà manifestate da singoli atomi metallici con la robustezza, flessibilità e versatilità del grafene. Lo studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, promette applicazioni nei campi della catalisi, della spintronica e dei dispositivi elettronici.
Ecco il chip in silicio per convertire il calore disperso in energia elettrica
La ricerca dagli scienziati del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell'Università di Pisa.
Strutture in silicio dell’ordine di grandezza di nanometri (nanostrutture) e integrabili su chip che funzionano da generatori termoelettrici, convertendo direttamente il calore in energia elettrica.
La novità arriva da un team di ingegneri elettronici del dipartimento di ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, che hanno pubblicato due lavori su riviste internazionali, dimostrando la validità di una tecnologia basata su un materiale, come il silicio, biocompatibile e non inquinante (si ricava a partire dalla sabbia) per la produzione di “green energy”.
SARS-CoV-2 “steals” our proteins to protect itself from the immune system
Researchers at the Medical University of Vienna and the Medical University of Innsbruck discovered that SARS-CoV-2 hijacks three important host proteins that dampen the activity of the complement system, a key component of early antiviral immunity. This significantly impairs viral clearance which may affect the course of both acute COVID-19 infections and post-COVID-19 sequelae. The study was recently published in the journal “Emerging Microbes & Infections”.
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