Ottobre 2020


Sperimentato con successo su un gruppo di bambini e ragazzi con HIV, dovrà essere testato anche su altri pazienti immunodepressi. Lo studio pubblicato su Frontiers in Immunology.
Un nuovo test del sangue predice l’efficacia del vaccino antinfluenzale sui bambini immunodepressi affetti da HIV. È stato messo a punto dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, in collaborazione con la University of Miami e BioStat Solutions, con un metodo innovativo che combina lo stimolo in vitro del sangue, l’analisi dell’espressione genica dei linfociti e l’intelligenza artificiale. I risultati dello studio, appena pubblicati sulla rivista scientifica Frontiers in Immunology, hanno un’importante ricaduta clinica: per i bambini immunodepressi essere protetti dal virus dell’influenza è fondamentale; sapere in anticipo se il vaccino funzionerà o meno consentirà di programmare percorsi vaccinali personalizzati ed efficaci nel tempo, con l’aggiunta di adiuvanti o con un maggior numero di richiami.


LO STUDIO
Dal prelievo all’espressione genica. Lo studio del Bambino Gesù, durato due anni, ha coinvolto 23 pazienti dell’Ospedale affetti da HIV, con un sistema immunitario compromesso dalla malattia e quindi particolarmente vulnerabili ai rischi dell’influenza. Per arrivare al test predittivo i ricercatori hanno ideato un metodo chiamato In VItro Gene Expression Testing (IVIGET): dopo aver prelevato una piccola quantità di sangue da ciascun bambino (3 ml), ne hanno stimolato una parte in vitro con il vaccino antinfluenzale. Dai campioni di sangue sono stati poi “estratti” i linfociti maggiormente implicati nella risposta immunitaria e ne è stata analizzata l’espressione genica, ovvero il modo in cui si “comportano” i geni prima e dopo la stimolazione in vitro.
L’intelligenza artificiale. I dati ottenuti durante la fase di laboratorio, eseguita al Bambino Gesù con la collaborazione dei ricercatori della University of Miami, sono stati trasferiti ai biostatistici e bioinformatici della società americana BioStat Solutions che, processando le informazioni con un complesso algoritmo, hanno stilato una classifica dei geni in base alla loro capacità di “segnalare” la risposta immunitaria al vaccino (importance ranking), hanno assegnato a ciascuno di questi un punteggio (prediction score) e hanno calcolato il coefficiente di predittività, ovvero il valore numerico che misura la probabilità di efficacia del vaccino.


IL TEST PREDITTIVO
L’applicazione del coefficiente di predittività ai bambini coinvolti nello studio si è rivelata attendibile al 96%: la previsione di efficacia del vaccino è risultata esatta in 22 pazienti su 23. Ora il nuovo test dovrà essere validato con una sperimentazione su una coorte più ampia di bambini immunodepressi, cioè con una ridotta risposta immunologica alle vaccinazioni. Un obiettivo ulteriore dei ricercatori è quello di semplificare la procedura nella fase di laboratorio. Se oggi sono circa 100 i geni analizzati per ogni tipo di linfocita selezionato (10 sottopopolazioni linfocitarie), si punta a ridurre sensibilmente questi numeri per rendere il test più rapido, economico e fruibile su larga scala. «Sapere in anticipo se un vaccino sarà efficace o meno è molto importante sul piano clinico: è una informazione che ci consentirà di personalizzare il piano vaccinale del singolo paziente» spiega il dott. Nicola Cotugno della struttura complessa di Immunologia clinica e Vaccinologia del Bambino Gesù diretta dal dott. Paolo Palma. «Nei casi in cui avremo di fronte un bambino che sappiamo non risponderà al vaccino, potremo programmare l’aggiunta di adiuvanti, sostanze che potenziano la risposta del sistema immunitario, oppure un maggior numero di richiami. Il prossimo passo è la validazione del test su una coorte più ampia di bambini immunodepressi e, in futuro, la sperimentazione del nostro sistema predittivo su altri tipi di vaccino e altre categorie di persone vulnerabili come i bambini trapiantati, gli allergici,le donne in gravidanza e gli anziani».

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Immagine del neurone umano ritrovato a Pompei

 


Lo studio dei ricercatori della Federico II, del Cnr, del CEINGE-Biotecnologie Avanzate, delle Università Roma Tre e Statale di Milano è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Plos One

Un nuovo studio pubblicato da Plos One, autorevole rivista scientifica americana, rivela l'eccezionale scoperta di neuroni umani da una vittima dell'eruzione che nel 79 d.C. seppellì Ercolano, Pompei e l'intera area vesuviana fino a 20 km di distanza dal vulcano.

Lo studio è stato eseguito dal team di ricerca coordinato dall'antropologo forense Pier Paolo Petrone - responsabile del Laboratorio di Osteobiologia Umana e Antropologia Forense presso la sezione dipartimentale di Medicina Legale dell'Università di Napoli Federico II - di cui fanno parte il professor Massimo Niola (ordinario e direttore della U.O.C. di Medicina Legale della Federico II di Napoli), il professor Giuseppe Castaldo (Principal investigator del CEINGE e ordinario di Scienze Tecniche di Medicina di Laboratorio nell'Università Federico II) e il professor Guido Giordano (ordinario di Vulcanologia dell'Università Roma Tre), in collaborazione con Francesco Sirano, Direttore del Parco Archeologico di Ercolano, Maria Giuseppina Miano, neurogenetista presso l'Istituto di Genetica e Biofisica "Adriano Buzzati-Traverso" del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Napoli e altri ricercatori dei suddetti centri di ricerca nazionali e dell'Università Statale di Milano.

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La pratica meditativa come terapia per i disturbi comportamentali. Pubblicati su una rivista scientifica internazionale i risultati di uno studio dell’Ospedale della Santa Sede in collaborazione con l’Università di Udine. 
Una migliore capacità di attenzione e concentrazione nei bambini con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) grazie alla mindfulness, una forma di meditazione orientata alla consapevolezza di sé. E’ il risultato dello studio condotto dal gruppo di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Bambino Gesù, guidato dal prof. Stefano Vicari, pubblicato in questi giorni sull’International Journal of Environmental Research and Public Health.


LA MEDITAZIONE MINDFULNESS
La meditazione mindfulness consiste in un insieme di procedure utili per “allenare” e sviluppare la consapevolezza durante la pratica meditativa con lo scopo di estenderla a ogni aspetto della vita. Negli ultimi quindici anni queste procedure sono state rivolte progressivamente anche a bambini e adolescenti nei contesti educativi, scolastici e riabilitativi. L’effetto riscontrato in età evolutiva è l’aumento progressivo della consapevolezza di ciò che accade intorno che facilita la concentrazione del bambino sul momento presente. I ricercatori del Bambino Gesù si sono posti l’obiettivo di verificare se questo tipo di meditazione potesse aiutare a migliorare l’attenzione e a favorire l’autocontrollo dei bambini con ADHD che subiscono persistenti aspetti di disattenzione, impulsività e iperattività, oltre che difficoltà nella gestione delle proprie emozioni.

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Esplorazioni in bici, a piedi, in canoa di parchi, fiumi e giardini nascosti d’Italia, evento centrale al Museo Orto Botanico di Roma. 

Coinvolte istituzioni scientifiche, Associazioni sportive e del tempo libero, gruppi radicati sul territorio, cooperative: tantissime realtà si sono affiancate al WWF creando una vera e propria rete diffusa di eventi e iniziative: “Ripartiamo dalle città per salvare il pianeta”

Domenica 4 ottobre torna Urban Nature, la Festa della Natura in Città realizzata dal WWF, che per la sua quarta edizione prevede oltre 120 eventi fra le principali città italiane, dove animerà parchi e giardini, coinvolgendo cittadini, associazioni e scuole in eventi di citizen science e citizen conservation. Il tutto nel rigoroso rispetto delle norme Anti-Covid19.
Urban Nature non è solo un evento, ma anche un’importante iniziativa rivolta ad ampliare la conoscenza della natura all’interno delle città, serbatoi di biodiversità di cui spesso si ignora l’esistenza, e a promuovere la partecipazione attiva, ad aggregare e coinvolgere le comunità coinvolgendole nella gestione di aree verdi, parchi urbani, orti sociali e giardini condivisi.

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Il volo spaziale umano affascina l'uomo da secoli, rappresentandone l’intrinseca necessità di esplorare l'ignoto, sfidare nuove frontiere, far progredire la tecnologia e superare i confini scientifici. Un aspetto fondamentale del volo spaziale umano a lungo termine è la risposta fisiologica e il conseguente adattamento alla microgravità (0G), che ha tutte le caratteristiche dell'invecchiamento accelerato e coinvolge quasi tutti i sistemi del corpo umano: atrofia muscolare e perdita ossea, insorgenza di problemi di equilibrio e coordinazione, perdita di capacità funzionale del sistema cardiovascolare.

“Cardiovascular deconditioning during long-term spaceflight through multiscale modeling” - una ricerca pubblicata in questi giorni su npj Microgravity - prestigiosa rivista del gruppo Nature - condotta da Caterina Gallo, Luca Ridolfi e Stefania Scarsoglio del Politecnico di Torino, dimostra che il volo spaziale umano riduce la tolleranza alla sforzo fisico e invecchia il cuore degli astronauti.

Il modello matematico alla base dello studio ha permesso di indagare alcuni meccanismi del volo spaziale che inducono il decondizionamento cardiovascolare, cioè l'adattamento del sistema cardiocircolatorio ad un ambiente meno impegnativo.

Pubblicato in Astrofisica


Il Metotrexato è in grado di inibire la duplicazione del Sars-CoV-2 – il virus che causa la sindrome respiratoria Covid-19 – ed ha il potenziale di limitarne gli effetti, se utilizzato sui pazienti ai primi sintomi o che hanno sviluppato sintomi lievi della malattia.

La scoperta – per ora a livello di laboratorio ma destinata alla sperimentazione clinica – è stata fatta da ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca e dell’Università di Brescia ed è descritta nell’articolo “Methotrexate inhibits Sars-CoV-2 virus replication “in vitro” appena pubblicato sul Journal of Medical Virology (DOI:http://dx.doi.org/10.1002/jmv.26512)

La ricerca è partita da un approccio sistemico, che ha focalizzato una funzione virale, però connessa al metabolismo della cellula ospite. Come tutti i virus, il Sars-CoV-2 per replicarsi ha bisogno di fare tante copie delle due parti di cui è costituito: l’RNA – l’acido ribonucleico, ovvero il corredo genetico – e la parte proteica (esterna). Per replicare il suo RNA, il virus deve utilizzare nucleotidi, metaforicamente dei “mattoncini da costruzione” che però devono venir forniti dalla cellula umana che lo ospita.

Pubblicato in Medicina

Tessuto in PU non trattato e tessuto in PU funzionalizzato con nanoplatelets di grafene G+ a confronto: il grafene si deposita sulle fibre agendo poi come un filtro.

 

I risultati di una ricerca condotta da un team del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università Cattolica di Roma, in collaborazione con il Policlinico Gemelli


Tra le caratteristiche del grafene, ha richiamato particolare interesse nell’ultimo periodo il suo possibile potere anti-virale: una ricerca condotta da un team del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università Cattolica di Roma guidato dal Prof. Massimiliano Papi, in collaborazione con il Policlinico Gemelli di Roma, ha appena confermato che il grafene G+, prodotto dall’azienda italiana Directa Plus, non solo ha proprietà antivirali, ma riesce a fermare anche il temuto SARS-CoV-2, il coronavirus responsabile dell’attuale pandemia.

I test condotti dal team del Prof. Papi, i cui dettagli sono appena stati pubblicati in un paper disponibile su MedRxiv, mostrano che il grafene G+ riesce a migliorare le proprietà filtranti dei tessuti e a inibire quasi completamente l’incidenza di SARS-CoV-2, contribuendo così a ridurre la diffusione del COVID-19 in modo estremamente efficace. “I risultati dei test effettuati confermano la capacità del grafene di bloccare SARS-CoV-2. Il virus viene di fatto intrappolato nel tessuto funzionalizzato al grafene e inattivato, impedendo così il contagio”, spiega il Prof. Papi. 

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The evolution of epidemic and endemic strains of the cholera-causing bacterium Vibrio cholerae in Argentina has been mapped in detail by researchers at the Wellcome Sanger Institute, the London School of Hygiene and Tropical Medicine, the University of Cambridge and the INEI-ANLIS "Dr Carlos G. Malbrán", Argentina. The teams used whole genome sequencing to study the bacteria circulating during the 1991-1998 outbreak of cholera in the country.

The data have influenced health policy in Argentina, where the national alert surveillance system now uses whole-genome sequencing to distinguish between pandemic and non-pandemic lineages of V. cholerae bacteria. The study is published in Nature Communications today (1 October).

Pubblicato in Scienceonline
 


Fino al 15 novembre 2020 esposte quasi 60 opere, alcune per la prima volta, di Comenio, filosofo e maggior pedagogista europeo del Seicento, in occasione del 350° anniversario della sua scomparsa

In occasione della ricorrenza del 350° anniversario della sua scomparsa, si apre per la prima volta in Italia, dal 2 ottobre al 15 novembre al Museo di Roma a Palazzo Braschi, una mostra dedicata a Giovanni Amos COMENIO (1592-1670), filosofo e pedagogista ceco. L’esposizione, dal titolo COMENIO – un pensatore nei labirinti dell’Europa del XVII secolo, esplora l´eredità del pensiero di Comenio, ancora oggi di straordinaria attualità, e ripercorre le ragioni per cui è considerato il precursore della pedagogia moderna e contemporanea.


La mostra, promossa dal Ministro della Cultura della Repubblica Ceca, S.E. L. Zaorálek e da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è prodotta e organizzata dal Centro Ceco Roma, dall’Ambasciata della Repubblica Ceca, e dal Museo di Comenio di Uherský Brod (Rep. Ceca). A cura di Petr Zemek, comeniologo del Museo di Comenio di Uherský Brod. Servizi museali Zètema Progetto Cultura.

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L’estate è appena terminata lasciando spazio all’autunno, l’arrivo della nuova stagione però non lascia scampo ai pazienti allergici: pollini, acari e muffe possono infatti scatenare allergie autunnali. È importante imparare a riconoscerle e a distinguere i sintomi da un comune raffreddore, soprattutto grazie all’aiuto di uno specialista. Facciamo il punto sui principali allergeni e su come difendersi correttamente insieme alla Dott.ssa Cristiana Alonzi, Allergologa e Responsabile di Branca presso i Poliambulatori San Raffaele Termini e Tuscolana.

 

Qual è l’identikit di un allergico?

“Nessun sintomo è specifico di allergia tuttavia alcuni, soprattutto se si ripetono possono essere molto ‘sospetti’. Naso gocciolante, starnuti, tosse secca stizzosa e lacrimazione degli occhi possono essere campanelli d’allarme”.

 

Quali sono i principali allergeni respiratori durante il periodo autunnale?

“Nel periodo autunnale abbiamo sia allergeni esterni (outdoor) legati alla pollinazione di alcune graminacee, della parietaria e di piante tipicamente autunnali, come l’artemisia e l’ambrosia (inizialmente presenti nel nord Italia, ormai largamente diffuse anche in Italia centrale), sia allergie degli ambienti interni (indoor). Questi ultimi infatti rispetto al periodo estivo sono meno arieggiati, di conseguenza aumenta l’umidità e con essa la concentrazione degli acari della polvere e delle muffe”.

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