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Uno studio internazionale, guidato da ricercatori italiani dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti “E. Caianiello” del Consiglio nazionale delle ricerche, dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e del CEINGE - Biotecnologie Avanzate Franco Salvatore, ha rivelato la possibilità di identificare, visualizzare e misurare in 3D il nucleo di singole cellule tumorali con l’utilizzo di tecniche avanzate di microscopia senza l’utilizzo di coloranti chimici. Lo studio, pubblicato su Nature Photonics, apre nuove strade ad applicazioni di biologia cellulare.

 Cellule in 3D senza l’uso di coloranti chimici o anticorpi marcatori: uno studio internazionale, guidato da ricercatori italiani dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti “E. Caianiello” (Isasi) del Consiglio nazionale delle ricerche, dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e del CEINGE - Biotecnologie Avanzate Franco Salvatore, ha scoperto il sistema per fare la TAC ad ogni singola cellula distinguendo le sane dalle malate, senza alternarne la conformazione e riducendo il margine di errore nell’interpretazione umana dei dati. Si tratta di una tomografia olografica a flusso in grado di misurare proprietà biofisiche strettamente connesse allo stato della cellula, ottenute mediante tecniche computazionali, che potrebbe determinare una svolta molto significativa nella diagnosi precoce dei tumori e nella sperimentazione di nuovi farmaci per uso terapeutico.



Un lavoro di ricerca pubblicato su Nature Catalysis indaga alcuni aspetti fondamentali di una tecnologia per immagazzinare in combustibili l’energia ricavata da fonti rinnovabili, permettendone lo stoccaggio e il successivo utilizzo: la prima applicazione riguarda l'uso dell’energia solare per produrre idrogeno dall'acqua. Lo studio è svolto dall’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche in collaborazione con il Fritz Haber Institute della Max Planck Society.

Le fonti rinnovabili come il solare non sono costanti nel tempo: serve una tecnologia per immagazzinare ciò che non si utilizza durante il giorno per poterlo avere a disposizione quando il sole non splende. Ma come si può usare un processo chimico come metodo di stoccaggio dell’energia?

E’ quanto indaga un lavoro di ricerca pubblicato su Nature Catalysis, svolto da ricercatori dell’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche di Trieste (Cnr-Iom) in collaborazione con i ricercatori del Fritz Haber Insitute della Max Planck Society di Berlino: in esso vengono indagati alcuni aspetti fondamentali di una tecnologia per immagazzinare in combustibili l’energia ricavata da fonti rinnovabili, permettendone lo stoccaggio e il successivo utilizzo. La prima applicazione riguarda l'uso dell’energia solare per produrre idrogeno dall'acqua.

La ricerca ha a che fare con lo studio dettagliato di alcune fasi del processo di elettrolisi fotocatalitica: si tratta di un processo elettrochimico nel il quale si usa la luce del sole per scindere l’acqua nei suoi costituenti: ossigeno e idrogeno.

 

Gli oggetti cartacei provenienti da archivi storici e biblioteche sono spesso colonizzati da biodeteriogeni. I composti organici volatili degli oli essenziali quali timolo, carvacrolo ed eugenolo, con elevati livelli di attività antimicrobica e repellente per gli insetti, divengono uno strumento per il controllo degli agenti degradanti della carta. La ricerca, pubblicata su International Biodeterioration & Biodegradation, e coordinata da ricercatori dell’Istituto di chimica dei composti organometallici del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iccom), ha dimostrato che cristalli contenenti terpeni sono efficaci nella protezione del patrimonio archivistico e librario.

 

Il dispositivo è stato sviluppato da un team di ricercatori coordinato dal professor Barillaro del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa


Un sensore più sottile di un francobollo, biocompatibile e bioriassorbibile, e impiantabile sottopelle, riuscirà a monitorare in tempo reale alcuni parametri del corpo come il pH, e l’efficacia dei farmaci somministrati, aprendo così la strada a nuove procedure cliniche e diagnostiche.

Il risultato è pubblicato nella rivista Advanced Science, e reca la firma del team di ingegneri elettronici del Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell'Università di Pisa (DII), coordinati da Giuseppe Barillaro, in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia e Surflay Nanotec GmgH di Berlino.

 

Scoperto il meccanismo che consente agli enzimi presenti nel suolo in alcuni batteri di eliminare monossido di carbonio (CO) dall’atmosfera. Lo studio condotto dai ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca in collaborazione con i colleghi dell’Università della Calabria e dell’Università di Lund, in Svezia, ha consentito di comprendere nel dettaglio in che modo questi enzimi trasformino il CO in biossido di carbonio (CO2). Un risultato che apre nuove prospettive per quanto riguarda la mitigazione delle emissioni di monossido di carbonio, con effetti benefici sia sulla qualità dell’aria che sul clima dato che questo gas, altamente tossico, contribuisce ad aumentare l’effetto serra.


Sapienza nel team di ricerca che ha condotto lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Machine Intelligence, che migliorerà l’interazione fisica in sicurezza delle macchine con ambiente e persone
Sapienza è nel team di ricerca che ha condotto uno studio sul funzionamento di una innovativa pelle artificiale sensorizzata sui robot collaborativi che emula una famiglia di corpuscoli della pelle umana. La ricerca, che coinvolge Eduardo Palermo del Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale della Sapienza ed è coordinata dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia, le Università Campus Bio-Medico di Roma e Ca’ Foscari Venezia, e con il centro di competenza ARTES 4.0, è pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Nature Machine Intelligence.

 

Uno studio dell’Istituto per i processi chimico-fisici del Cnr, in collaborazione con le Università di Göteborg e Le Mans, mostra come le pinzette ottiche Raman possano essere utilizzate per rivelare micro e nanoparticelle generate dall’abrasione degli pneumatici durante i processi di accelerazione e frenata. I risultati potranno aiutare a sviluppare gomme più sostenibili e con un minore impatto sulla salute. La ricerca è pubblicata su Environmental Science: Nano

L’abrasione degli pneumatici durante la circolazione dei mezzi di trasporto causa il rilascio di microparticelle inquinanti nell’ambiente, un fenomeno in forte crescita su scala globale. Le particelle si accumulano ai bordi delle strade per poi defluire nei corsi d'acqua, inquinando l'ecosistema idrico e causando preoccupazioni per la salute degli ecosistemi interessati. A causa degli attuali gap metodologici nelle tecniche di analisi, le microplastiche più piccole di 5 µm (micrometri) rimangono in gran parte non quantificate.

 

Una cartiera dell’industria Sofidel sarà la prima in Europa ad emissioni zero, grazie a una tecnologia innovativa messa a punto da Andritz e Meva Energy con il supporto del team di ingegneri chimici e aerospaziali del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa. A pieno regime, permetterà la riduzione di 8.500 ton di emissioni di CO2 annue. Il nuovo impianto è stato presentato a Tissue World di Miami, tra i più grandi eventi mondiali dell’industria della carta.


Un impianto di ultima generazione di gas rinnovabile (bio-syngas) prodotto attraverso una tecnologia innovativa alimenterà una cartiera del gruppo Sofidel a Kisa, in Svezia, rendendola così, entro il 2023, la prima industria cartaria alimentata ad emissioni zero tramite l’utilizzo di syngas.

 

Dispersioni colloidale di nanocristalli di calcoalogenuri di bismuto

 

Messo a punto un metodo di sintesi chimica che consente di ottenere una classe inesplorata di nanomateriali semiconduttori, detti calcoalogenuri, conformi alla Direttiva UE sull’utilizzo di sostanze pericolose (RoHS). Molto stabili ed efficienti nell’assorbimento della luce solare, si candidano in alternativa ai semiconduttori contenenti piombo. Autori della scoperta i ricercatori dell’Istituto di nanotecnologia e dell’Istituto di cristallografia del Cnr, assieme ai colleghi dell’Università del Salento e dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Il lavoro è pubblicato su Angewandte Chemie ed è oggetto di domanda di brevetto.

 All’evolversi delle tecnologie fotovoltaiche e dell’optoelettronica emergente si affianca lo sviluppo di nuovi materiali di sintesi, anche su scala nanometrica. Tra questi, i nanocristalli colloidali di semiconduttori inorganici attirano considerevole interesse grazie alle loro proprietà ottiche ed elettriche e alla prospettiva di processi sintetici a basso costo.


Le analisi condotte nei siti archeologici scoperti nell’area dello Wadi Lazalim, in Tunisia meridionale, permettono di meglio comprendere come e quando potrebbe essere avvenuto il popolamento del Nord Africa da parte dei primi esemplari di uomo moderno. I risultati del lavoro, coordinato da ricercatori della Sapienza e sviluppato nell’ambito dei finanziamenti dei Grandi Scavi di Ateneo, sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports
Intorno alla fine del Pleistocene medio il continente africano ha ospitato graduali e interconnessi processi riguardanti l’evoluzione biologica e culturale della nostra specie. Fra questi, la transizione alla cosiddetta Middle Stone Age (MSA) circa 300.000 anni fa. I dati archeologici e cronologici delle fasi più antiche di questo processo sono però estremamente scarsi, e interpretare le informazioni provenienti dalle poche località del continente africano in cui queste prime evidenze sono state finora identificate è particolarmente difficile.

 

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