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apparato per lo studio del supersolido


Scoperta proprietà del nuovo stato quantistico della materia. Ricerca su Science di Università di Firenze, Lens e Cnr-Ino.
Passi avanti nella fisica del futuro. Un esperimento ha dimostrato che il supersolido, una nuova forma di materia scoperta nel 2018 che unisce le caratteristiche di un solido con quelle di un superfluido, può ruotare senza inerzia. Protagonista della ricerca è un team dell'Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Ino), del Laboratorio europeo di spettroscopia non lineare (Lens) di Firenze e del Dipartimento di fisica e astronomia dell'Università di Firenze che ha pubblicato lo studio su Science (“Evidence of superfluidity in a dipolar supersolid from nonclassical rotational inertia” DOI: 10.1126/science.aba4309).

Due anni fa, gli stessi ricercatori avevano dimostrato che un gas superfluido a temperature molto basse – il cosiddetto condensato di Bose-Einstein – può sviluppare una struttura solida se gli atomi nel gas sono fortemente magnetici: il supersolido. Gli atomi si comportano infatti come potenti magneti, interagendo fra loro in modo da formare una struttura periodica; essi, tuttavia, non sono bloccati e possono muoversi liberamente attraverso il sistema, come in un superfluido. In questa nuova ricerca gli studiosi hanno verificato l’esattezza delle teorie di 50 anni fa del premio Nobel A. J. Leggett, che aveva ipotizzato l’esistenza del supersolido e aveva argomentato che il nuovo stato della materia avrebbe dovuto avere un’inerzia intermedia tra quella di un superfluido e quella di un solido normale. “Per mettere in rotazione un materiale normale (solido, liquido o gassoso), bisogna imprimergli una certa forza – spiega Luca Tanzi del Lens e del Cnr-Ino –, cioè dargli una certa velocità che è quantificata attraverso il cosiddetto momento di inerzia.

 


Il progetto di ricerca “STARDUST - Wearable measuring system for rehabilitation trainings in neurological diseases and traumas” (“Sistema di misuraindossabile per training riabilitativi in patologie neurologiche etraumi”) del Politecnico ha ricevuto i fondi di finanziamento del Ministero degli Affari Esteri nell’ambito del Programma Esecutivo di Cooperazione Scientifica e Tecnologica tra Italia e Giappone per gli anni 2020-2022.

Il progetto, di durata triennale, sarà coordinato dal professor Giorgio De Pasquale - responsabile dello Smart Structures and Systems Lab e docente presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale – DIMEAS del Politecnico - ed è incentrato appunto sullo sviluppo di un dispositivo indossabile in grado di rilevare i dati biomeccanici dei pazienti colpiti da traumi per mappare la loro condizione durante gli esercizi di riabilitazione neurologica, da svolgersi anche con l’ausilio della realtà virtuale immersiva.

I parametri rilevati nei pazienti possono essere utilizzati per creare una correlazione con ambienti di realtà virtuale immersivi – supportati per esempio da visori 3D – nei quali i pazienti stessi possono essere indotti a recuperare la percezione sensoriale del loro corpo e a riattivare le funzionalità motorie. Tutto questo sfruttando meccanismi neurologici ancora non del tutto noti e in corso di studio.


Innovativi diodi a emissione di luce (LED) stampabili, capaci di produrre luce cromaticamente pura in modo estremamente efficiente anche a elevate temperature di funzionamento, tipicamente dannose per i dispositivi tradizionali. Questo il risultato della collaborazione tra l'Università di Milano-Bicocca, la Jiao Tong University e l’Istituto di Sicurezza Ecologica e Controllo dell’Inquinamento di Shanghai.

Lo studio è frutto della sinergia tra i due team di ricerca: quello italiano, guidato dal professor Sergio Brovelli del Dipartimento di Scienza dei Materiali e quello cinese, coordinato dal professor Liang Li del Dipartimento di Scienza e Ingegneria Ambientale della Jiao Tong University. Il lavoro, dal titolo “Suppression of Temperature Quenching in Perovskite Nanocrystals for Highly Efficient and Thermally Stable Light Emitting Diodes” (DOI: 10.1038/s41566-021-00766-2) è stato appena pubblicato su Nature Photonics.

Nelle tecnologie di illuminazione artificiale, i materiali emissivi caratterizzati da una luminescenza stabile ed efficiente a temperature elevate sono fondamentali per ottenere alte prestazioni nonostante la generazione di calore durante il funzionamento del dispositivo.



Un team di ricercatori dell’Istituto di biomembrane, bioenergetica e biotecnologie molecolari del Cnr di Bari, dell’Università di Bari e dell’Università Statale di Milano ha sviluppato uno strumento in grado di facilitare la diagnosi genetica delle patologie e la scoperta di nuove mutazioni nel genoma associate a condizioni patologiche. Lo studio è pubblicato su Bioinformatics

Il nuovo software denominato VINYL (Variant prIoritizatioN bY survival anaLysis) - sviluppato da un team di ricercatori dell’Istituto di biomembrane, bioenergetica e biotecnologie molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibiom) di Bari, dell’Università "Aldo Moro" di Bari e dell’Università Statale di Milano - riproduce e ottimizza i principali criteri utilizzati in diagnostica molecolare per individuare mutazioni nel nostro genoma potenzialmente collegate con l’insorgenza di patologie genetiche, facilitando le applicazioni della genomica, che si occupa di capire i meccanismi di funzionamento del nostro patrimonio genetico tramite il confronto delle sequenze dei genomi. Lo studio è pubblicato su Bioinformatics.


Cover Advanced Quantum Technologies


Programmata una rete di neuroni artificiali su un computer quantistico, che supera la velocità di apprendimento di quella della NASA. Lo studio coordinato dall'Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifn) è in copertina sulla rivista Advanced Quantum Technologies.

 Un team di ricercatori italiani coordinati da Enrico Prati dell'Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifn) di Milano ha sviluppato un nuovo modello di intelligenza artificiale su un computer quantistico. Il risultato, ottenuto in collaborazione con l’Università di Milano Bicocca programmando il computer D-Wave 2000 da 2.048 bit quantistici (qubit), è stato pubblicato sulla rivista Advanced Quantum Technologies come storia di copertina.

“Alla NASA avevano già sperimentato il trasferimento su un computer quantistico di un modello di intelligenza artificiale chiamato macchina di Boltzmann, ispirato a quello adottato tra gli altri da Netflix per raccomandare i film”, spiega Prati. “In quel caso però i risultati erano limitati dall’aver impiegato un solo qubit per rappresentare ciascun neurone artificiale, dal momento che le connessioni da ogni qubit verso quelli limitrofi sul chip sono poche per motivi di spazio. Nel nostro caso, invece, abbiamo fatto ricorso a una tecnica chiamta embedding per raggruppare più qubit perché si comportino come un unico oggetto, chiamato qubit virtuale. Il qubit virtuale eredita le connessioni di tutti i qubits che lo compongono, tranne che quelle tra i suoi costituenti, e quindi la connettività del nostro cervello quantistico è più elevata, da cui un apprendimento più rapido”.



L’Università di Pisa e l’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR hanno realizzato il prototipo poi testato dagli astronauti del progetto “Sirius” della futura missione su Marte. La ricerca pubblicata sulla rivista “IEEE Access”


Un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa e dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR ha realizzato uno Smart Bed per monitorare l’insonnia e la qualità del sonno. Il prototipo è stato testato durante la simulazione di una missione spaziale su Marte dagli astronauti del progetto “Sirius” dell’Accademia delle Scienze della Russia con cui da Pisa è in corso una collaborazione decennale.
“Abbiamo sperimentato lo Smart Bed analizzando il sonno di sei aspiranti astronauti durante la simulazione di un viaggio interplanetario che li ha costretti a un drastico isolamento per tre mesi”, spiega il professore Angelo Gemignani dell’Università di Pisa.


raffigurazione dell'interazione della luce laser con le molecole di anidride radiocarbonica tra i due specchi della cavità ottica

 


Misurare la frazione di materiali di origine biologica utilizzati per la produzione di biocarburanti e bioplastiche, in poco tempo e con precisione, usando radiazione infrarossa. È questo il risultato di uno studio, pubblicato su Advanced Photonics Research, condotto da ricercatori dell’Istituto nazionale di ottica del Cnr e del Lens di Firenze, in collaborazione con l’Istituto di metrologia svedese, una multinazionale finlandese, Neste, che produce biocarburanti, ed uno spin-off del Cnr che sviluppa spettrometri laser innovativi, ppqSense Srl

Per la prima volta è stato possibile misurare la frazione di origine biologica contenuta in diversi carburanti ottenuti per miscelazione con combustibili fossili, utilizzando una tecnica di spettroscopia laser, in grado di raggiungere una precisione dell’1%, molto più economica e potenzialmente trasportabile rispetto alla spettrometria di massa con acceleratore (Ams), unica ad avere prestazioni comparabili. È questo il risultato di uno studio, pubblicato su Advanced Photonics Research, condotto da ricercatori dell’Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ino) e del Lens di Firenze, in collaborazione con l’Istituto di metrologia svedese, Rise, una multinazionale finlandese, Neste, che produce biocarburanti, ed uno spin-off del Cnr che sviluppa spettrometri laser innovativi, ppqSense Srl.

 


Finanziato dalla Commissione Europea, sarà coordinato dall’Università di Pisa

Robot che si muovono facilmente in ambienti naturali, in grado di camminare su superfici sabbiose e su sentieri scoscesi e rocciosi, con il compito di monitorare foreste, praterie, dune e montagne minacciate dal surriscaldamento globale e dall’inquinamento. Nei prossimi tre anni l’Università di Pisa coordinerà il progetto “Natural Intelligence for Robotic Monitoring of Habitats” (NI), finanziato dall’Unione Europea con un budget totale di tre milioni di euro (di cui uno destinato all’Ateneo pisano), il cui obiettivo è proprio quello di sviluppare sistemi robotici capaci di “uscire” dai laboratori e muoversi in habitat naturali. Responsabile del progetto è Manolo Garabini, ricercatore del Centro di Ricerca “E. Piaggio” e del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, che guiderà un consorzio di partner internazionali. Con lui collaborano all’Università di Pisa Franco Angelini e Riccardo Mengacci, rispettivamente post doc e dottorando in Robotics.

 

 


Finanziato dall’Unione Europea un progetto interdisciplinare per la decifrazione dei papiri di Ercolano


La nostra conoscenza delle scuole filosofiche greche è in gran parte basata sulle “Vite dei filosofi” di Diogene Laerzio (III secolo d.C.). Tra le fonti a cui quest’opera attinge figura la monumentale “Rassegna dei filosofi” del filosofo epicureo Filodemo di Gadara (110-post 40 a.C.), scritta alla fine dell’età ellenistica tra il 75 e il 50 a.C. Da questo trattato, trasmesso dai papiri carbonizzati di Ercolano, è possibile ricavare un resoconto sistematico della storia delle scuole filosofiche greche storicamente più attendibile e cronologicamente più vicino alle figure e ai fatti narrati. I manoscritti originali, sopravvissuti grazie all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e conservati a Napoli presso l’Officina dei Papiri Ercolanesi della Biblioteca Nazionale ‘Vittorio Emanuele III’, sono di difficile lettura e le edizioni attualmente disponibili delle opere in essi contenute sono ampiamente superate.

 

Uno degli ostacoli da superare per rendere concreta la diffusione dei computer quantistici è risolvere il problema del dispendio di energia che tale tecnologia comporta.
Il gruppo di ricercatori coordinati da Filippo Caruso, dell’Università di Firenze, e da Marco Barbieri, dell’Università Roma Tre, ha approfondito la conoscenza dei meccanismi termodinamici che accompagnano il calcolo quantistico, aprendo la strada alla determinazione del costo energetico che sta dietro allo svolgimento di una singola operazione, step essenziale per migliorare le prestazioni di qualsiasi macchina progettata per il calcolo quantistico. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Link identifier #identifier__90102-1npj Quantum Information edita da Nature.

Il team di fisici fiorentini – in collaborazione con i ricercatori della Queen’s University di Belfast coordinati da Mauro Paternostro – ha messo a punto uno schema teorico basato sulla verifica del cosiddetto “principio di Landauer”, uno dei principi fondamentali della computazione, che stabilisce il minimo ammontare di entropia – cioè di disordine - e di energia disperse per svolgere una determinata operazione logica.
“Il livello minimo di consumo di energia descritto nel 1961 dal fisico americano è milioni di volte più basso del dispendio dei computer moderni. E’ cruciale avvicinarsi a tale limite ma, per fare ciò, occorre arrivare a bassissime temperature e a dimensioni nanoscopiche – racconta Caruso, associato di Fisica della Materia Unifi –, dove entrano in gioco le regole della fisica quantistica, verificando così sperimentalmente, nel mondo microscopico, il principio di Landauer”.

 

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