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Sviluppati da ricercatori della Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università Cattolica in collaborazione con l’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma

 

Ricercatori della Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, in collaborazione con esperti dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Isc-Cnr) di Roma, hanno sviluppato ‘fogli nanotecnologici’ per costruire nuovo tessuto osseo che un giorno potrà essere usato su pazienti per la ricostruzione personalizzata di parti lesionate del loro scheletro. I fogli di grafene funzionano come stampi in 3D su cui prende forma il nuovo osso. La figura sullo stampo è incisa da un raggio laser e si può personalizzare a seconda della forma che si vuole ottenere. Il risultato si deve al team di Massimiliano Papi dell'Istituto di fisica dell'Università Cattolica insieme al direttore dell'Isc-Cnr Claudio Conti, ed è stato reso noto su 2D Materials, rivista scientifica internazionale peer-reviewed che si occupa di nuove applicazioni dei materiali bidimensionali come il grafene. L'uso di questi fogli di grafene in campo clinico potrebbe beneficiare anche delle naturali proprietà antibiotiche dell’ossido di grafene. “Il potere antibiotico rappresenta, quindi, un ulteriore vantaggio di questo tipo di materiale”, spiega il professor Papi. “Infatti oltre a controllare i processi osteogenici, il grafene possiede anche una naturale attività antibatterica. Questo è particolarmente interessante perché uno dei problemi principali quando si inserisce in un organismo un materiale sintetico è l’insorgenza di infezioni post operatorie”.

 Magnetismo attivato dalla luce nelle nanoparticelle di un materiale semiconduttore

La scoperta del team di ricerca internazionale guidato da Sergio Brovelli del dipartimento di Scienza dei materiali dell’Università Bicocca apre alla possibilità di realizzare materiali ad alte prestazioni per la realizzazione di computer ottici.

 

Usare la luce, al posto dei consueti metodi di scrittura elettrici e magnetici, permetterà di potenziare i computer ottici e le memorie di dati. L’inserimento di pochi atomi di argento – elemento di per sé non magnetico – induce un forte comportamento magnetico nelle nanoparticelle di un materiale semiconduttore quando queste vengono illuminate. Il magnetismo attivato dalla luce, persistente nel tempo e rilevabile otticamente, può diventare l’elemento di base dei dispositivi di immagazzinamento dei dati di nuova generazione. Lo rivela lo studio “Excitonic pathway to photoinduced magnetism in colloidal nanocrystals with nonmagnetic dopants” (DOI:10.1038/s41565-017-0024-8), pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnology. La ricerca è stata realizzata dal team guidato da Sergio Brovelli docente di Fisica sperimentale presso il dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, in collaborazione con il gruppo del professor Jiatao Zhang dell’Istituto di Tecnologia di Pechino in Cina, la professoressa Margherita Zavelani Rossi del Politecnico di Milano e il dottor Scott A. Crooker del laboratorio nazionale di Campi magnetici elevati (HMFNL) di Los Alamos (USA).

 Soluzioni fotoniche innovative sia tecnologiche che architetturali per lo sviluppo della futura rete di comunicazione di tipo metropolitano, a basso costo e ridotto consumo energetico, capaci diassicurare un rate di trasmissione di oltre 100 Tb/s per collegamento e una capacità di commutazione di oltre 1 Pb/s per nodo. Sono l’ambizioso obiettivo del progetto PASSION (Photonic technologies for progrAmmable transmission and switching modular systems based on
Scalable Spectrum/space aggregation for future agIle high capacity metrO Networks) avviato dal Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, con il supporto di Fondazione Politecnico di Milano, insieme ad altri 12 partner (CTTC, Telefonica e VLC Photonics – Spagna, TUE e Effect Photonics – Olanda, Vertilas – Germania, VTT – Finlandia, Opsys Technologies – Israele, SM Optics – Italia, EPIC – Francia, NICT – Giappone, ETRI – Corea del Sud). Un progetto triennale finanziato dal programma Horizon 2020 della Commissione Europea sotto l’egida della Photonic Private Partnership (PPP) Photonics21, con un budget complessivo di 8,5 milioni di euro. Negli scorsi 10 anni si è assistito ad un continuo sviluppo della rete in fibra ottica per applicazioni nell’ambito metropolitano. Oggi, tuttavia, sperimentiamo “un collo di bottiglia” nella trasmissione e nell’indirizzamento dell’enorme quantità di dati dovuta al drastico aumento degli utenti, alla dimensione dei contenuti e alla convergenza con altre reti come quella mobile e datacom.

In una ricerca dell’Iia-Cnr, pubblicata sulla rivista Scientific Reports del gruppo Nature, reti di neuroni artificiali – che apprendono il funzionamento del sistema climatico dai dati osservati nel passato – confermano le azioni umane come causa principale del riscaldamento globale recente e conducono a nuove scoperte sui cambiamenti climatici dell’ultimo secolo

Le applicazioni dell’intelligenza artificiale (IA), sia in ambito scientifico che tecnologico, sono molto numerose. Pochi, tuttavia, si aspetterebbero che l’IA possa aiutarci a comprendere le origini di un problema attuale e pressante come quello dei cambiamenti climatici. Una ricerca recente dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Iia-Cnr), pubblicata sulla rivista Scientific Reports del gruppo Nature e condotta in collaborazione con l’Università di Torino e l’Università di Roma Tre, ha mostrato come modelli di reti di neuroni artificiali (le cosiddette reti neurali) siano in grado di ‘comprendere’ i complessi rapporti tra i vari influssi umani o naturali e il comportamento climatico. “Il cervello di un bambino che cresce aggiusta pian piano i propri circuiti neuronali e impara infine semplici regole e relazioni causa-effetto che regolano l’ambiente in cui vive, per esempio per muoversi correttamente all’interno di esso”, spiega Antonello Pasini, ricercatore dell’Iia-Cnr e primo autore della ricerca. “Come questo bimbo, il modello di cervello artificiale che abbiamo sviluppato ha studiato i dati climatici disponibili e ha trovato le relazioni tra i fattori naturali o umani e i cambiamenti del clima, in particolare quelli della temperatura globale”.


RETRAINER è una piattaforma per la riabilitazione del braccio e della mano per pazienti colpiti da ictus, cofinanziata all’interno Programma EU Horizon 2020.
La piattaforma integra un esoscheletro passivo per il sostegno del peso del braccio, che può essere montato su una normale sedia o sulla carrozzina del paziente, una neuro-protesi per i muscoli del braccio controllata direttamente dall’attività elettromiografica residua del paziente e una seconda neuro-protesi per il recupero delle funzioni della mano. Gli esercizi riabilitativi prevedono l’utilizzo di oggetti interattivi che riconoscono in modo automatico il raggiungimento delle posizioni target. Il terapista sceglie gli esercizi e ne imposta i parametri in base alle esigenze del singolo paziente grazie all’utilizzo di un’interfaccia grafica su tablet.


È possibile ridurre notevolmente le emissioni di gas ad effetto serra e riciclare le ceneri.  Il progetto Residue2Heat rivela che è possibile ridurre notevolmente le emissioni di gas ad effetto serra e riciclare le ceneri utilizzando il bio-olio ottenuto per pirolisi veloce di biomasse per il riscaldamento residenziale. L’obiettivo del progetto di ricerca dell’Unione Europea “Residue2Heat” è utilizzare vari flussi di residui della biomassa per la generazione di calore nelle abitazioni.
Mediante il processo di pirolisi veloce, i residui della biomassa sono trasformati in un bioolio (FPBO), un biocarburante di seconda generazione adatto alla combustione in una caldaia domestica opportunamente modificata. È possibile avere una riduzione tra il 77% e il 95% delle emissioni a seconda delle materie prime utilizzate per tale bio-olio. Questo è il risultato di un’analisi condotta nell’ambito del progetto Residue2Heat. Tali valori rivelano che sono soddisfatti i requisiti relativi alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra dell’attuale direttiva europea sulle energie rinnovabili (RED) nonché quelli della direttiva futura (RED II).
Tramite il recupero e il riciclo delle ceneri durante la produzione di olio da pirolisi, è possibile ottenere effetti ambientali positivi. Le presenti indagini hanno mostrato che le ceneri ottenute durante il processo di produzione del bio-olio sembrano avere effetti positivi sulla crescita delle piante in esperimenti su piccola scala. Inoltre, le proprietà fisiche e chimiche di tali ceneri sembrano simili a quelle derivanti da altri tipi di ceneri. Uno dei possibili vantaggi potrebbe essere la loro applicazione come ammendante per terreni agricoli. Inoltre, è stata elaborata un’analisi del rischio di sostenibilità per la produzione di olio da pirolisi basata sui residui forestali e la combustione in una caldaia domestica di piccola  13.12.2017 2/3 scala. In tale analisi sono state incluse varie materie prime, quali paglia di cereale, cortecce e miscanthus. In principio, tutte le materie prime analizzate possono essere
applicate in modo sostenibile per il riscaldamento residenziale attraverso il bio-olio. Sono stati identificati alcuni possibili rischi che devono essere monitorati e tenuti in considerazione nell’applicazione di tali materie prime, ad esempio mediante certificazione della sostenibilità:
• Stock di carbonio: mantenere bilanciato il tenore di carbonio nei suoli in seguito
alla raccolta;
• Cambiamento indiretto della destinazione dei terreni: la coltivazione non deve
sostituire la produzione alimentare;
• Biodiversità: mantenere la qualità del suolo e i nutrienti quando si utilizzano i
residui di biomassa;
• Uso a cascata delle biomasse: applicare le biomasse (residue) per i prodotti e il
consumo diretto di energia.
L’intero potenziale dell’olio da pirolisi ottenuto dai residui di biomassa per il riscaldamento residenziale sarà ulteriormente esplorato nel progetto Residue2Heat. Nell’ambito del progetto sono condotti studi di mercato relativi a tale nuovo combustibile e al relativo sistema di riscaldamento modificato, che forniranno ulteriori conoscenze per un’ottimale lancio sul mercato. L’obiettivo a lungo termine del progetto “Residue2Heat” è produrre il bio-olio attraverso i residui agricoli e forestali che non possono essere usati per la produzione di alimenti e mangimi e non comportano un cambiamento indiretto della destinazione dei terreni. L’approccio concettuale mira a ottenere biomasse locali, convertirle in bio-olio in strutture produttive relativamente piccole con una capacità di trasformazione tra le 20.000 e le 40.000 tonnellate di biomassa all’anno e distribuire il
 combustibile a livello locale ai consumatori finali. Il progetto Residue2Heat ha beneficiato del finanziamento del programma di di sovvenzione N. 654650 Il consorzio del progetto Residue2Heat Il progetto di ricerca dell’Unione europea “Residue2Heat” combina lo sviluppo delle tecnologie produttive nella produzione di combustibili rinnovabili con lo sviluppo di sistemi di riscaldamento per il mercato residenziale. Il consorzio è composto da tre università, tre
istituti di ricerca e tre piccole e medie imprese provenienti da cinque diversi paesi:
• RWTH Aachen University (coordinatore del progetto, DE)
• OWI Oel-Waerme-Institut GmbH (coordinatore tecnico, DE)
13.12.2017 3/3
• BTG Biomass Technology Group B.V. (NL)
• VTT Technical Research Centre of Finland Ltd. (FI)
• MEKU Energie Systeme GmbH & Co. KG (DE)
• IM-CNR Istituto Motori, Consiglio Nazionale delle Ricerche (IT)
• PTM Politecnico di Milano (IT)
• BTG BioLiquids B.V. (NL)
• UIBK University of Innsbruck, Institute of Microbiology (AT)

Ricercatori di Nano-Cnr e dell'Università di Regensburg hanno elaborato un interruttore ultra veloce per le onde elettroniche, che potrebbe consentire di accelerare enormemente i futuri dispositivi elettronici, aprendo al nuovo campo della plasmonica. Lo studio pubblicato su Nature Nanotechnology

 

La lucentezza tipica dei metalli è dovuta agli elettroni che si muovono liberamente all'interno del materiale, riflettendo la luce. Illuminando opportunamente il metallo si possono generare delle ‘onde’ sulla superficie di questo ‘mare’ di elettroni, che vengono dette plasmoni di superficie. Quando la luce è concentrata su un punto di pochi nanometri (un nanometro è un milionesimo di millimetro, circa dieci volte il diametro di un atomo), essa genera onde in miniatura che si propagano sulla superficie del materiale in modo circolare. La plasmonica intende sfruttare queste onde per realizzare dispositivi elettronici compatti e ultraveloci: finora tuttavia non si era trovato un modo per accendere e spegnere tali onde rapidamente. Per la prima volta, ricercatori dell'Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (Nano-Cnr) e della Scuola Normale Superiore, in collaborazione con l'Università di Regensburg, hanno dimostrato che è possibile accendere e spegnere con velocità elevatissima onde di elettroni. Un risultato che potrebbe portare a interruttori con velocità di commutazione enormemente maggiori rispetto a quelle dei più avanzati transistor attuali e quindi alla possibilità di costruire dispositivi elettronici ultraveloci. Lo studio è pubblicato su Nature nanotechnology.

immagine al microscopio ottico Dark –field (100X) di motivi complessi ottenuti attraverso la tecnica di dewetting. Ogni motivo si estende per circa 5 micron.

 

Un recente studio effettuato da ricercatori dell’Ifn-Cnr in collaborazione con le università di Marsiglia e Dresda ha rivelato come la formazione di goccioline sulla superficie di alcuni materiali a seguito di un riscaldamento possa essere utilizzata per sviluppare tecniche litografiche su larga scala a basso costo. La ricerca, che apre nuove prospettive nel campo della nanoelettonica, è pubblicata su Science Advances

 

“L’opportunità di creare delle particelle di silicio di piccola taglia con controllo di forma e densità attraverso un processo semplice apre la possibilità di implementare meta-superfici dielettriche, cioè superfici che possono essere sedi di campi elettromagnetici, in maniera semplice, economica e su larga scala”. A parlare è Monica Bollani, ricercatrice presso l’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Ifn-Cnr) di Milano, che insieme al suo gruppo di ricerca ha scoperto, con uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances, come manipolare la riflettività del silicio semplicemente variandone la temperatura. “Molti materiali che compongono dispositivi elettronici sono strutturalmente composti da sottili strati posti l’uno sopra l’altro a formare un insieme che a occhio nudo appare omogeneo. Quando vengono scaldati, questi materiali hanno la tendenza a rompersi in piccole goccioline, di dimensione variabile e posizione casuale”, prosegue Bollani. “Fino ad ora questo effetto era stato considerato negativo per la costruzione di dispositivi elettronici e i contatti elettrici al loro interno, ma il nostro studio è partito da questo 'difetto' per arrivare a una nuova scoperta”.

 

Grande successo per l’Educational Day che apre la manifestazione:

saranno 20mila gli studenti in visita alla Fiera di Roma

Ancora un grande successo di adesioni per l’Educational Day che venerdì 1 dicembre aprirà ufficialmente la quinta edizione di “Maker Faire Rome – The European Edition 4.0”. Sono, infatti, oltre 20mila gli studenti provenienti da tutta Italia che si sono già registrati e che avranno la possibilità di visitare, in anteprima, la più grande manifestazione europea dedicata all’innovazione. Scuole primarie, medie, superiori e centri di formazione professionale entreranno, per prime - dalle 9 alle 13 - negli spazi espositivi della Fiera di Roma: un’invasione pacifica di ragazze e ragazzi, accompagnati da oltre 1.500 professori, che scopriranno così le centinaia di progetti innovativi provenienti da tutto il mondo, con alcune di queste invenzioni nate sui banchi di scuola. Infatti, Maker Faire Rome - promossa dalla Camera di Commercio di Roma e organizzata dalla sua Azienda speciale Innova Camera - da sempre dedica ampio spazio alle idee dei giovani maker: quest’anno sono 55 le scuole selezionate per esporre i propri progetti che hanno partecipato alla “Call for Schools”, realizzata in collaborazione con il Miur.

Microscopio olografico portatile. In alto a destra è riportato un dettaglio del chip raffigurante una microlente polimerica utilizzata per ottenere l’ingrandimento ottico desiderato

I ricercatori dell’Isasi-Cnr hanno realizzato un microscopio olografico integrato su una sorta di vetrino che fornisce immagini 3D da cui si ricavano i dati quantitativi di elementi biologici. In futuro il chip consentirà di portare la diagnostica di laboratorio direttamente presso il paziente. Lo studio è pubblicato su Light: Science and Applications del gruppo Nature

 

Un sofisticato laboratorio di analisi a portata di tasca è stato messo a punto dai ricercatori dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti del Consiglio nazionale delle ricerche (Isasi-Cnr) di Napoli con il primo microscopio olografico, che darà modo agli utenti di effettuare, per alcune patologie, esami diagnostici rapidi e a casa propria. Lo studio è stato pubblicato su Light: Science and Applications, rivista del Nature Publishing Group.

“La svolta tecnologica è stata possibile grazie ai cosiddetti dispositivi Lab-on-a-Chip (Laboratori su chip)”, spiega Vittorio Bianco, ricercatore Isasi-Cnr. “Abbiamo dotato un chip microfluidico, cioè un semplice ed economico pezzetto di plastica nel quale sono scavati dei canaletti in cui scorre il fluido da analizzare (sangue, urine, saliva…), di micro-elementi ottici che gli conferiscono le funzionalità di microscopio tridimensionale di tipo olografico tascabile. Il microscopio olografico si presenta come un semplice vetrino da microscopio di alcuni centimetri di lunghezza ma costituisce un vero e proprio strumento di misura, fornendo mappe 3D da cui si ricavano i dati quantitativi di elementi biologici, statici o in movimento all’interno di un liquido”.

 

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