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Beni culturali: come preservare il patrimonio attraverso l’impiego di nanotecnologie avanzate prodotte nei laboratori di ricerca. Una risposta viene dalla ricerca pubblicata su Nanomaterials e condotta dall’Istituto officina dei materiali del Cnr e dall’Università degli Studi dell’Aquila

Nanoparticelle di idrossido di magnesio e di calcio per la conservazione dei beni culturali e in particolare per il restauro dei relitti di barche d’epoca. Questo l’oggetto dello studio pubblicato su Nanomaterials e condotto dall’Istituto officina materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iom), in collaborazione con l’Università degli Studi dell’Aquila. Lo studio è stato condotto su campioni provenienti dal relitto di una barca antica galloromana, la Lyon Saint George 4, ritrovata nei pressi di Lione. I campioni per l’analisi sono stati forniti da ARC Nucleart, un istituto della commissione di energia atomica francese che si occupa specificatamente della prevenzione del legno.


Finanziato dall'ERC e appena concluso, il progetto svela i meccanismi cellulari alla base di varie patologie grazie a una nuova tecnica di microscopia ottica.

Al Politecnico di Milano si è appena concluso il progetto VIBRA, "Very fast Imaging by Broadband coherent Raman".
Finanziato dal prestigioso European Research Council della Comunità Europea e durato 5 anni (2015-2020), ha portato allo sviluppo di un nuovo microscopio ottico rivoluzionario in ambito biologico e biomedico. “Oggi l’identificazione dei tumori e di altre malattie si basa in gran parte sul giudizio soggettivo di un patologo che ispeziona visivamente il tessuto sotto un microscopio. Il nostro microscopio ottico, basato sulla spettroscopia Raman coerente, è in grado di visualizzare rapidamente il contenuto chimico di un campione biologico per identificare le cellule malate nella biopsia umana: uno strumento preciso, affidabile e non invasivo che può guidare il lavoro del chirurgo in tempo reale”, spiega Dario Polli, Professore di Fisica al Politecnico di Milano e responsabile scientifico del progetto. Sfruttando sofisticate tecniche laser che generano impulsi di luce ultrabrevi (della durata di milionesimi di milionesimi di secondo, tra gli eventi più brevi mai realizzati dall’uomo), è stato possibile registrare
l’impronta digitale delle molecole che costituiscono la materia. Ogni molecola, infatti, è riconoscibile dal “suono” che emette quando vibra.


Formazione di un canale soffice in cui il fluido passivo scorre fra due strati di materiale attivo

 


Uno studio dell'Istituto per le applicazioni del calcolo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iac), le Università di Bari ed Edimburgo, e l'Istituto italiano di tecnologia, ha osservato le proprietà morfologiche e viscose di una emulsione, contenente due fluidi di cui uno attivo (autopropulso), sotto l'azione di un flusso con profilo lineare. Lo studio mostra che, in opportune condizioni, il flusso imposto e l'attività del fluido favoriscono la formazione di un canale soffice in cui il fluido passivo scorre fra due strati di materiale attivo. I risultati, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, aprono la strada a studi sperimentali di emulsioni attive con nuove proprietà meccaniche dalle notevoli possibilità applicative. 

Una nuova ricerca svolta con la collaborazione degli istituti Officina dei materiali, Nazionale di ottica e di Fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iom, Cnr-Ino e Cnr-Ifn), ha mostrato che è possibile tenere insieme particelle con carica negativa, che di solito si respingono. Lo studio sulla Photon Bound Exciton, pubblicato su Nature Physics, apre inedite opportunità per la creazione di materiali innovativi da usare nello sviluppo di nuove tecnologie.

Cariche positive e negative si attraggono, formano atomi, molecole e tutto ciò che comunemente chiamiamo materia. Al contrario, cariche negative si respingono e, per poter formare oggetti come gli atomi, con legami al loro interno, è necessaria una “super colla”, in modo da compensare la repulsione elettrostatica esercitata dalle particelle e così tenerle insieme. In uno studio pubblicato sulla rivista Nature Physics, un team internazionale di ricerca, con la collaborazione di Istituto officina dei materiali (Cnr-Iom) di Trieste, Istituto nazionale di ottica (Cnr-Ino) di Trento e Istituto di fotonica e nanotecnologie (Cnr-Ifn) di Milano del Consiglio nazionale delle ricerche ha dimostrato per la prima volta che i fotoni, le particelle che compongono la luce, possono essere usate per tenere insieme particelle con carica negativa, creando una nuova forma di materia chiamata Photon Bound Exciton.

Tessuto in PU non trattato e tessuto in PU funzionalizzato con nanoplatelets di grafene G+ a confronto: il grafene si deposita sulle fibre agendo poi come un filtro.

 

I risultati di una ricerca condotta da un team del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università Cattolica di Roma, in collaborazione con il Policlinico Gemelli


Tra le caratteristiche del grafene, ha richiamato particolare interesse nell’ultimo periodo il suo possibile potere anti-virale: una ricerca condotta da un team del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università Cattolica di Roma guidato dal Prof. Massimiliano Papi, in collaborazione con il Policlinico Gemelli di Roma, ha appena confermato che il grafene G+, prodotto dall’azienda italiana Directa Plus, non solo ha proprietà antivirali, ma riesce a fermare anche il temuto SARS-CoV-2, il coronavirus responsabile dell’attuale pandemia.

I test condotti dal team del Prof. Papi, i cui dettagli sono appena stati pubblicati in un paper disponibile su MedRxiv, mostrano che il grafene G+ riesce a migliorare le proprietà filtranti dei tessuti e a inibire quasi completamente l’incidenza di SARS-CoV-2, contribuendo così a ridurre la diffusione del COVID-19 in modo estremamente efficace. “I risultati dei test effettuati confermano la capacità del grafene di bloccare SARS-CoV-2. Il virus viene di fatto intrappolato nel tessuto funzionalizzato al grafene e inattivato, impedendo così il contagio”, spiega il Prof. Papi. 


Riscaldare gli ambienti in cui viviamo o lavoriamo è un’esigenza comune nella maggior parte delle aree abitate. L’energia richiesta per questo processo è responsabile di circa un terzo di tutta l'energia finale consumata in Europa e i tre quarti della domanda è fornita da combustibili fossili.

L’idea di un nuovo materiale per l’accumulo di energia termochimica, oggetto di una ricerca pubblicata sulla rivista Scientific Reports,arriva da un gruppo di studiosi dei dipartimenti di Scienza Applicata e Tecnologia (DISAT) e di Energetica (DENERG) del Politecnico di Torino e dell’Istituto di Tecnologie Avanzate per l’Energia del CNR (CNR-ITAE).

In questo studio, i ricercatori hanno dimostrato come sia possibile sviluppare calore idratando il sale inserito nei pori del cemento. Per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità in Europa è necessario ridurre i consumi di energia fossile e utilizzare invece sistemi a energia rinnovabile, ma l'integrazione di energia rinnovabile nei sistemi di riscaldamento comporta una discrepanza tra il surplus di energia e i picchi di domanda giornalieri e annuali.

Figura 1: Confronto dell’immagine di una sezione di cervello di topo acquisita con microscopio light sheet senza correzione (parte alta) e con la correzione dell’ottica adattiva (parte bassa). Credits: T. Furieri, G. Calisei, A. Bassi, E. Daini, A. Vilella

 

Ricercatori dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr di Padova hanno messo a punto un innovativo dispositivo di ottica adattiva per microscopi, creato mediante vetri così sottili da poter essere curvati: permetterà di osservare campioni biologici in profondità e senza distorsioni. Il risultato è pubblicato su Optics Letters


Lenti intelligenti in grado di migliorare la qualità delle immagini acquisite dai più moderni microscopi ottici e di vedere in profondità, e senza distorsioni, campioni biologici tra i quali tessuti spessi, come il cervello. È il risultato ottenuto da ricercatori dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche di Padova (Cnr-Ifn) in collaborazione con colleghi olandesi delle Delft University of Technology e University Medical Center di Rotterdam, che hanno messo a punto un innovativo dispositivo di ottica adattiva “plug-and-play”, facilmente installabile negli obiettivi di tutti i tipi di microscopi ottici. Lo studio è descritto sulla rivista Optics Letters.


L’ottica adattiva - tecnologia che migliora la qualità delle immagini acquisite con microscopi o telescopi - è uno strumento essenziale in ambito biologico, in quanto permette di osservare in profondità e nel tempo varie tipologie di campioni e comprendere molti processi: “Le speciali lenti adattative miglioreranno sensibilmente le attuali tecniche di microscopia avanzata, eliminando le distorsioni dovute al passaggio della luce attraverso tessuti molto spessi, fenomeno che peggiora la qualità delle immagini acquisite mano a mano che si scende a maggiori profondità nel campione, causando sfuocamenti edoscurando dettagli importanti”, spiega Stefano Bonora (Cnr-Ifn), tra i firmatari dell’articolo.



Un gruppo di ricerca internazionale composto da Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr (Cnr-Ifn), Politecnico di Milano, Sincrotrone di Amburgo e Massachusetts Institute of Technology, è riuscito a sintetizzare delle “forme d'onda ottiche” attraverso la sovrapposizione sincronizzata di diversi impulsi di luce. Tali impulsi di luce “scolpiti” a piacimento dall’utente serviranno per studiare i meccanismi atomici e molecolari. I risultati sono pubblicati su Nature Photonics .

A partire dalla sua invenzione nel 1960, il laser ha rivoluzionato non solo la scienza e la tecnologia, ma anche la vita di tutti i giorni, con applicazioni che vanno dalla medicina alle lavorazioni meccaniche alle comunicazioni su fibra ottica e alla conservazione dei beni culturali. Tra le sue proprietà eccezionali, il laser consente di generare flash di luce incredibilmente brevi, fino alla durata di pochi femtosecondi, ovvero pochi milionesimi di miliardesimo di secondo. Tali impulsi, grazie alla loro durata brevissima, consentono di studiare fenomeni ultrarapidi, quali i processi alla base della visione e della fotosintesi, e grazie alla loro altissima intensità modificano gli atomi e le molecole creando nuovi stati della materia. Il controllo delle proprietà e della forma di questi impulsi è perciò di importanza fondamentale sia scientifica sia applicativa ed è oggetto di intensi studi sin dagli anni ‘80.

 


Il Politecnico di Milano nell'alleanza fra Università ed enti dim ricerca.


Nasce l’alleanza tecnico-scientifica per la valutazione della sicurezza e il monitoraggio di ponti e viadotti in Italia.
A pochi giorni dall’inaugurazione del nuovo viadotto sul Polcevera a Genova, il Politecnico di Milano, l’Università degli Studi di Perugia, il Politecnico di Torino, l’Università di Padova, l’Università di Pisa, l’Università di Camerino, l’Università di Messina, l’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” e l’ENEA, hanno dato vita al Consorzio FABRE (Consorzio di ricerca per la valutazione e monitoraggio di ponti, viadotti e altre strutture).
Il Consorzio metterà in campo gli esperti più qualificati e le tecnologie più avanzate per monitorare e valutare lo stato di salute delle infrastrutture stradali del nostro Paese e promuovere e coordinare le attività che riguardano la classificazione del rischio strutturale e ambientale. In particolare, i consorziati svilupperanno metodologie ad elevato contenuto tecnico-scientifico per valutare i diversi rischi (statico, fondazionale, sismico e idrogeologico) e promuovere la verifica, il controllo e il monitoraggio delle infrastrutture, oltre allo sviluppo e l’utilizzo di tecniche innovative negli interventi di riparazione e/o miglioramento di ponti, viadotti e altre strutture esistenti.

 


Per riaprire in sicurezza molti medici si sono fidati di sistemi poco efficaci e poco efficienti

 

Ecco cosa è successo a molti studi medici italiani che volevano riaprire in sicurezza per accogliere al meglio i propri pazienti nella fase post-Covid. Durante il lockdown i professionisti hanno infatti cercato spasmodicamente informazioni su metodi o dispositivi che potessero garantire la certificazione per la riapertura non appena fosse stato possibile, in arena di linee guida ufficiali e coerenti.

Sistemi ad ozonizzazione o a luce UV sono ad esempio apparsi a centinaia sul web e sui giornali ed hanno attratto l’attenzione di molti, senza però evidenziare le problematiche. La voglia di ricominciare dei professionisti italiani ha fatto cadere molti in errore, facendo acquistare prodotti in pronta consegna a costi molto elevanti e che comunque non garantiscono una santificazione H24.

Si stima che uno studio medico spenda oltre 12.000 Euro per essere in regola con le normative vigenti (stima media italiana). È chiaro che ogni soluzione non può prescindere da una pulizia a fondo dei locali, con prodotti oggi più specifici. Ma qual’ è comunque il sistema migliore per sanificare gli ambienti di lavoro?

Studi medici, Ospedali, Ambulatori, RSA: tutti si domandano quale soluzione migliore si possa adottare per rendere l’ambiente indoor sano e sanificato, libero da virus e batteri. Tra i prodotti più indicati si raccomandano quelli a base alcolica o cloridrica, ma poi subentra l’alta tecnologia. Dopo una attenta analisi del mercato internazionale su quanto esista sulla sanificazione, Vedise Hospital SpA – da 35 anni a servizio della Sanità Pubblica e Privata- ottiene l’esclusiva per la commercializzazione di un dispositivo unico al mondo tra i sistemi a fotocatalisi.

Perché la FOTOCATALISI?

Questa tecnologia è pulita, naturale, a basso consumo, di facile applicazione ed estremamente economica.

I più moderni sistemi di sanificazione dell'aria in ambienti chiusi utilizzano la fotocatalisi del Biossido di Titanio, (TiOD più potente e più sicura di qualsiasi altro metodo di sterilizzazione dell'aerosol). Durante il processo di reazione vengono prodotti radicali liberi (Hydroxyl Radical) o radicali OH. I radicali OH attaccano bioaerosol, virus e composti organici volatili, variando la loro configurazione molecolare e dando origine a prodotti di degradazione come H20 e C02, non dannosi per l'essere umano. II radicale OH ha un'emivita di 70-9 secondi e pertanto può solo sopravvivere in prossimità della fonte, rendendo necessario il passaggio di filtrazione forzata dell'aria circostante. La filtrazione viene meno al concetto di sterilizzazione in ambienti indoor in quanto le infezioni secondarie vengono determinate dai batteri assorbiti dai diversi filtri presenti nelle macchine.

 

 

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