Ambiente

Ambiente (577)

A pochi km da Roma, seguendo la Pontina o la Via Appia, si raggiunge Ninfa , sorta alle pendici dell’antica Norba.
Ad accogliere il visitatore c’è l’alta torre che domina i giardini del borgo medievale, ora diruto e avvolto nei suoi colori autunnali.
Oggi si fa sempre più vivo il desiderio di evadere dalla grande città, uscire e incamminarsi per luoghi remoti e riscoprire bellezze nascoste di una natura incontaminata.
Così avveniva un tempo, quando l’aristocrazia romana era solita abbandonare gli antichi palazzi per recarsi nelle vaste tenute laziali.
Si racconta che anche Goëthe preferì alla Corte di Weimar la semplicità di una casetta immersa in un giardino…

Sembrerà che l’intero mondo sia ad un concerto, come quando tutti si alzano in piedi ad uno ad uno disegnando un’onda immaginaria per acclamare il loro idolo, allo stesso modo, con una ‘ola’ planetaria, il 28 marzo, per un’ora, si spegneranno a poco a poco le luci del nostro pianeta, per urlare ai suoi potenti la richiesta di salvarlo.

INTRODUZIONE – L’APPROCCIO ECOREGIONALE WWF

La conservazione ecoregionale rappresenta il principale strumento usato dal WWF per ottenere risultati significativi in termini di conservazione della biodiversità. La base di questo approccio risiede nel lavoro con il quale il WWF ha individuato le 238 ecoregioni prioritarie, conservando le quali si ritiene di poter tutelare una porzione rappresentativa, vitale e significativa degli ecosistemi mondiali.

Attualmente il processo di conservazione è stato avviato in meno di 60 di queste. Per ogni eco regione è prevista la redazione di un Piano di Conservazione Ecoregionale che contenga le azioni da intraprendere per assicurare la conservazione dell’ecoregione a lungo termine insieme ai partners istituzionali e alle comunità locali. L’ecoregione alpina è una di quelle prioritarie e una di quelle dove il processo si trova in una fase più avanzata. L’ecoregione Alpi L'ecoregione Alpi segue i confini definiti dalla Convenzione delle Alpi e misura 190.912 km quadrati, di cui il 27,5% in Italia. Le organizzazioni WWF di Italia, Francia, Svizzera, Germania e Austria danno vita al WWF European Alpine Programme, il cui scopo è proprio quello di gestire il processo ecoregionale.

Capire come le masse d'acqua si mescolino e trasferiscano il calore è il passo fondamentale per capire come i movimenti oceanici influiranno sul clima del prossimo secolo. Senza questa conoscenza, tutti i modelli numerici che prevedono gli effetti del cambiamento climatico nei prossimi secoli non potranno che dare informazioni approssimative

Un gruppo internazionale di oceanografi e sismologi, coordinato dai ricercatori dell’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Venezia (Ismar-Cnr), ha effettuato a bordo della nave Urania, nell’Adriatico centro-meridionale, la campagna Adriaseismic-09, allo scopo di sperimentare e mettere a punto nuove metodologie di ricerca.
La campagna ha consentito di acquisire dati che contribuiranno a migliorare le attuali proiezioni sugli effetti dei cambiamenti climatici globali, spiega il capo della spedizione Sandro Carniel dell’Ismar-Cnr, “in quanto l’oceano costituisce la più grande riserva di calore del pianeta, che le correnti trasportano ovunque e il cui rilascio modificando il clima di interi continenti”. Le osservazioni hanno, per la prima volta, evidenziato la presenza di onde interne all’Adriatico meridionale, “simili a quelle di superficie, ma alte parecchi metri, che si sviluppano tra due strati d’acqua di densità diversa e sono innescate dalle correnti di marea. Esse”, prosegue Carniel, come le onde marine, “possono frangersi e contribuire al mescolamento tra le masse d’acqua, alla turbolenza e all’evoluzione della temperatura e della salinità del mare”.

WWF e Legacoop lanciano il Progetto “Terre dell’Oasi”: la natura si difende anche ‘a tavola’
Il 21% della superficie agricola in Italia ancora ‘ricca’ di biodiversità e bellezza paesaggistica, un dato da cui partire

Si può salvare la natura anche a tavola se il cibo, come l’olio, la pasta, il miele biologici provengono da aree protette come le Oasi WWF.  E’ questo lo spirito del nuovo progetto Terre dell’Oasi, promosso da WWF Oasi e dalle Cooperative delle Oasi aderenti a Legacoop, che sostiene l’iniziativa, nato per difendere la biodiversità e i paesaggi agrari grazie ad un’agricoltura pulita e sostenere, attraverso la vendita diretta dei prodotti,  la gestione delle Oasi e dei progetti di conservazione che si svolgono al loro interno.  Il progetto è stato lanciato da WWF  e Legacoop con un evento speciale che si è tenuto ieri sera a Roma presso la Città del gusto, sede del Gambero Rosso.

Il WWF ha colto l’occasione per segnalare come sia da tempo ampiamente riconosciuto il rapporto diretto tra agricoltura e conservazione della biodiversità, sia selvatica che domestica.  Il 92 % del territorio europeo, infatti, è occupato da aree rurali e circa il 50% delle specie animali minacciate o in declino è in varia misura dipendente dagli ambienti agricoli. L’ultima relazione tecnica dell’UE sullo stato di conservazione degli habitat nei paesi comunitari indica che quegli agricoli sono in uno stato di conservazione peggiore rispetto agli ambienti non agricoli (7% considerati favorevoli  a fronte del 21% per gli altri habitat). In Italia circa il 42% del territorio nazionale è destinato ad attività agricole (ISPRA, 2010) e una porzione di questo, circa il 21% della SAU (Superficie Agricola Utilizzata), conserva caratteri di alto valore naturalistico, in termini di biodiversità genetica, di specie e di paesaggio. L’Italia, insieme a Spagna, Grecia, Gran Bretagna del nord e Scandinavia, conserva un’alta percentuale di aree agricole di alto valore naturale.
Ma la domanda dei consumatori per i prodotti biologici, che dal 2000 al 2005 sono usciti dalla ‘nicchia’ per entrare in un vero e proprio segmento di mercato, deve fare i conti con il sistema nazionale di aziende agricole (non solo ‘bio’) che in 10 anni (dal 2000 al 2010) sono ‘crollate’ del 27% soprattutto quelle con allevamenti, passate dal 37% al 18,5% del totale. In questo comparto il biologico per fortuna è in crescita: sebbene  la quota di consumi in Italia oscilli ancora intorno all’1,5% (poca cosa rispetto alla media europea del 20-30%) gli operatori del settore sono passati dai 41.613 nel 2000 ai 48.509 del 2009 mentre gli ettari coltivati  cereali, olivi, viti e pascoli “bio” sono oggi 1.106.684, oltre 500.000 ettari in più rispetto al 2000.

Il rapporto biennale WWF fotografa lo stato di salute del pianeta e indica le soluzioni per invertire subito la rotta  L’ITALIA AL 29 POSTO IN CLASSIFICA: se tutti vivessero come noi servirebbero 2,8 pianeti

Una diminuzione del 30% dello stato di salute delle specie globali, con picchi fino al 60% nei Paesi tropicali e nelle nazioni più povere. Una pressione antropica sulla natura raddoppiata rispetto agli anni ’60, con una domanda di risorse naturali che richiede già oggi la capacità bioproduttiva di 1,5 pianeti e, se manteniamo l’attuale tendenza, addirittura di 2 pianeti nel 2030. Una crescita economica insostenibile nei Paesi ricchi con impatti sugli ecosistemi che ricadono più direttamente sulle popolazioni povere e vulnerabili. È il quadro che emerge dal Living Planet Report, il rapporto biennale realizzato dal WWF in collaborazione con la Zoological Society di Londra e il Global Footprint Network, che nell’Anno internazionale della biodiversità e a pochi giorni dall’apertura della Conferenza di Nagoya che dovrà decidere le nuove strategie per fermare il tasso di perdita della biodiversità al 2020, afferma energicamente la necessità di riconoscere il ruolo centrale della natura per la salute e il benessere dell’umanità includendo i servizi degli ecosistemi nei nuovi indicatori di sviluppo.

“La situazione sempre più grave in cui versano i sistemi naturali del pianeta a causa della nostra costante pressione dimostra chiaramente l’insostenibilità dei modelli economici sin qui perseguiti, basati su una crescita materiale e quantitativa continua – dichiara Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia – Nella nuova economia eco-sostenibile, il pensiero economico deve comprendere l’attenzione per gli esseri umani e per i sistemi naturali del pianeta, tra di loro indissolubilmente legati. Riconoscere alla natura il suo valore per la salute stessa dell’uomo è uno degli imperativi che dovranno guidare le decisioni della Conferenza di Nagoya.”

Il Living Planet Report del WWF, presentato oggi in diretta mondiale webcast con la partecipazione della giornalista di AlJazeera Veronica Pedrosa, mette in relazione l’Impronta ecologica e l’Impronta idrica, misure della pressione antropica sulle risorse naturali della Terra, con l’Indice del Pianeta vivente, che misura lo stato di salute del pianeta attraverso i trend di quasi 8.000 popolazioni di oltre 2.500 specie di vertebrati, che sono alla base dei servizi naturali da cui dipendiamo.

Proteggere almeno il 17% delle aree verdi e il 10% degli oceani entro il 2020. Questo l‘impegno assunto dalla decima Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) tenuta a Nagoya, dal 18 al 29 ottobre 2010.
I rappresentanti dei 193 paesi firmatari della Convenzione si sono dati appuntamento con le ONG nella città portuale del Giappone orientale, “per rispondere alla sfida senza precedenti della perdita di biodiversità, aggravata dai cambiamenti climatici”, come ha dichiarato Ahmed Djoghlaf, segretario esecutivo della CBD. Adottata nel maggio 1992 a Nairobi in Kenya, la Convenzione sulla Diversità Biologica è stata aperta alla firma delle Parti nel giugno dello stesso anno, durante il Summit Mondiale ONU dei Capi di Stato di Rio de Janeiro.

Passano gli anni e i cimiteri diventano sempre più brutti e inospitali, vittime anche loro della speculazione edilizia e di appaltatori senza scrupoli che edificano costruzioni orrende, lontane anni luce dagli antichi cimiteri inglesi, luoghi di meditazione e di studio.

 

Commento a due articoli apparsi sul Corriere della Sera (8 luglio 2009)
e L'Eco di Bergamo (7 luglio 2009)

Ho letto l'articolo pubblicato su ‘Corriere della Sera – Lombardia’ dell’8 luglio 2009 "Clima, sparisce la primula delle vette" a firma Laura Guardini. Intervengo, in qualità di ricercatore CNR impegnato sui cambiamenti del clima e i suoi effetti sulla vegetazione, per portare alcuni chiarimenti sulla correttezza delle premesse scientifiche e i benefici che si vorrebbero ottenere da queste iniziative. Contestualmente commento le affermazioni del Presidente del Parco delle Orobie Bergamasche - Franco Grassi - e riportate nell'edizione del 7 luglio di "L'Eco di Bergamo" e la posizione del WWF.
L'articolo annuncia la creazione di una stazione del progetto Gloria (Global Observation Research Initiative in Alpine Environments) - coordinato dal prof. Graziano Rossi dell'Università di Pavia - nei pressi del Rifugio Albani, sul versante settentrionale del massiccio della Presolana. Il Presidente del Parco delle Orobie bergamasche, Franco Grassi, e il direttore, Mauro Villa, hanno dato i battesimi dell'iniziativa. Il WWF supporta l'iniziativa nel quadro della problematica sui cambiamenti climatici. In sostanza vengono sistemati reticoli per il monitoraggio della dinamica delle specie vegetali "che, spinte dall'aumento della temperatura, salgono". Dai conseguenti scenari di estinzione seguirebbe la necessità di "reintroduzione" di queste specie (parole del Presidente del Parco in L'Eco di Bergamo, martedì 7 luglio 2009) e quindi l'opportunità di creare una banca di semi per la conservazione ex situ delle specie. Addirittura si ipotizza che Primula albenensis ("primula delle vette") e il 60% delle specie si estingueranno entro il 2080.

Sabato 20 durante i normali controlli in provincia  di Salerno le guardie venatorie del WWF hanno trovato abbattuti da cacciatori una gru (a destra nella foto) e un giovane di nitticora, animali particolarmente protetti e facilmente riconoscibili anche dai meno esperti.

Le guardie WWF insospettite dal comportamento di tre cacciatori, si sono fatte consegnare tutta la selvaggina abbattuta. I cacciatori  hanno ammesso le loro responsabilità e,  accompagnati alla Caserma dei Carabinieri di Borgo Carillia, sono stati denunciati penalmente e sono state sequestrate le armi, munizioni e la selvaggina illegalmente abbattuta.

 

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