I geologi li chiamano “terremoti silenti” perché non producono onde sismiche, e tuttavia l’ipotesi è che siano dei “campanelli di allarme” per tsunami e grandi eventi sismici. Per la prima volta una campagna oceanografica realizzata nell’ambito dell’International Ocean Discovery Program (IODP), un programma internazionale di ricerca in mare che ha l’obiettivo di decifrare la storia e le dinamiche del pianeta Terra, studierà questo fenomeno. Francesca Meneghini del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa è l’unica italiana del team internazionale composto da una trentina di ricercatori - fra statunitensi, giapponesi, neozelandesi ed europei - che sarà in missione per due mesi, dall’8 marzo al 5 maggio, su una nave oceanografica al largo della Nuova Zelanda.
La subsidenza del Monte Epomeo possibile origine per i maggiori terremoti di Ischia

Vista in 3D della componente verticale degli spostamenti del suolo stimata a partire dai dati Sentinel-1 e COSMO-SkyMed e della superfice di discontinuità che ha generato l’evento sismico del 21 agosto 2017; i punti bianchi rappresentano la principale sismicità registrata.
Il lento ma continuo abbassamento del Monte Epomeo potrebbe essere la causa dei maggiori sismi che in passato hanno colpito l’isola, compreso quello del 21 agosto 2017. A dare questa interpretazione uno studio condotto da Ingv e Cnr, in collaborazione con Dpc, pubblicato su Geophysical Research Letters
Cosa ha prodotto il terremoto, di magnitudo 4, che il 21 agosto scorso ha colpito Ischia? La causa principale potrebbe essere il carico esercitato dalle rocce che formano il blocco del Monte Epomeo su altre, meno rigide e dal comportamento duttile, che si trovano a circa 2 km di profondità. L'abbassamento di questo blocco genera sismicità lungo una superficie di discontinuità subverticale, estesa in direzione est-ovest per circa 2 km e profonda altrettanto. A formulare questa ipotesi, uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia-Osservatorio vesuviano (Ingv-Ov, Napoli), dell’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente (Irea, Napoli) e dell’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale (Imaa, Potenza) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), in collaborazione con il Dipartimento di protezione civile (Dpc, Roma). I risultati del lavoro, dal titolo "The 21st August 2017 Ischia (Italy) earthquake source model inferred from seismological, GPS and DInSAR measurements", sono stati pubblicati su Geophysical Research Letters.
New Film Reveals How The Fight To Rid The World’s Oceans of Plastic Is Heating Up
The world’s oceans are in dire need of a solution to rid them of dangerous plastics that could soon occupy more of the water than the fish that call them home. 8 million metric tons of plastic is dumped into the ocean each year and the United Nations Environment Programme estimates there could be as many as 51 trillion microplastic particles in the oceans already. All of this plastic is not only hazardous for wildlife but for the millions of people who live near the oceans or consume the fish that inhabit the waters. With these problems continuing to mount, leaders including country presidents, business CEOs and representatives from the UN gathered in Playa del Carmen, Mexico at the World Ocean Summit to collaborate on how to address these issues head-on.
After days of discussion, ideation and planning, these leaders are prepared to put their next foot forward in the fight to make our oceans cleaner for future generations. The film, includes a strong message and call to action from Guðni Th. Jóhannesson, President, Iceland, Sylvia Earle, President and Chairman, Mission Blue, Emily Woglom, Executive Vice President, The Ocean Conservancy, Lisa Emilia Svensson, Director For Ocean, United Nations Environment and Ben Jordan, Senior Director, environmental policy, The Coca-Cola Company.
The film can be downloaded directly from this page or found via YouTube for embed.
Video:
https://www.digitalnewsagency.com/stories/12080-new-film-reveals-how-the-fight-to-rid-the-worlds-oceans-of-plastic-is-heating-up#story-video-files
Più bravi con i calcoli se si ascolta la pioggia o la musica

Il silenzio è d’oro? Non per chi deve svolgere calcoli. Per migliorare l’abilità aritmetica sono più preziosi il rumore della pioggia o l’ascolto di un sottofondo ritmico e stimolante, come un tempo allegro di una sinfonia di Beethoven. Lo afferma lo studio When listening to rain sounds boosts arithmetic ability (DOI 10.1371/journal.pone.0192296) del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, pubblicato sulla rivista scientifica PLOS ONE. Il gruppo di ricerca coordinato dalla neuroscienziata Alice Mado Proverbio ha analizzato l'influenza di diversi tipi di ascolto musicale (brano agitante, gioioso o rilassante), rispetto ai suoni della natura - come lo scrosciare della pioggia o le onde dell’oceano - e rispetto al silenzio, sulla capacità di studenti universitari di eseguire a mente delle operazioni aritmetiche. Allo studio hanno partecipato cinquanta studenti, provenienti da corsi di studio umanistici e scientifici (25 donne e 25 uomini, dei quali 25 introversi e 25 estroversi). I due gruppi differivano per la maggiore o minore socievolezza, riflessività e capacità di concentrazione. Ai partecipanti, seduti di fronte a uno schermo con indosso una cuffia, sono state presentate 180 operazioni aritmetiche (una ogni 3 secondi: 1.5 secondi per leggere l’operazione e 1.5 per decidere se il risultato proposto fosse giusto o sbagliato). Le operazioni potevano essere divisioni, moltiplicazioni, sottrazioni o addizioni, facili (ad esempio: 98-98) oppure difficili (ad esempio: 910/130; 1862/318).
Trump riconsente l’importazione di trofei di caccia di elefanti e leoni, ma caso per caso
La caccia grossa «una vergogna per la nazione americana, che le generazioni future ricorderanno con orrore»
Dopo mesi di indecisione e confusione, l’US Fish and wildlife service (Usfws) ha annunciato che, secondo un nuovo memorandum, consentirà l’importazione di trofei di elefanti e leoni sulla base di richieste caso per caso”. Nel novembre 2017 il Dipartimento degli Interni Usa dichiarò che avrebbe messo fine alle protezioni approvate da Barack Obama per gli elefanti in Zimbabwe e Zambia. Inoltre, l’Usfws ha comunicato che sta abolendo altre decisioni prese in base all’Endangered Species Act, alcune delle quali risalenti al 1995, riguardanti l’importazione di trofei di elefanti, leoni e bontebok provenienti da altri paesi africani, tra cui il Sudafrica, la Tanzania e il Botswana. Le protezioni per la caccia grossa ai leoni erano state tranquillamente tolte già a ottobre. Ma due giorni dopo Trump sul suo account Twitter, definì i trofei di caccia grossa uno “spettacolo dell’orrore” e sospese di fatto la decisione annunciando che la avrebbe presa entro le settimane successive, cosa che non ha fatto.
Dolore renale cronico, un disturbo raro ma molto invalidante che colpisce soprattutto le donne. Fatta luce sulla sua origine grazie a ricerca condotta presso il Gemelli di Roma

Prof. Giovanni Gambaro
Pubblicato sul Journal of Nephrology, lo studio reso noto in occasione della “Giornata Mondiale per la salute del Rene”, quest’anno dedicata alla donna. Potrebbe portare a miglioramenti della qualità di vita e a nuove terapie per queste pazienti.
Dolore renale cronico associato a una malattia che colpisce soprattutto le donne, il “rene con midollare a spugna”: grazie a una ricerca condotta presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma e l’Università Cattolica in collaborazione con la New York University si è scoperto che il dolore è spesso indipendente dalla espulsione dei calcoli. Ciò ha consentito di ipotizzare le sue cause nonché nuove forme di trattamento.
È il risultato reso noto in occasione della Giornata Mondiale del Rene (campagna di sensibilizzazione con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione sull’importanza della salute renale per il mantenimento della salute globale dell’organismo) che si celebra oggi, giovedì 8 marzo, e che è dedicata quest’anno alle malattie renali nelle donne. Pubblicata sul “Journal of Nephrology”, la ricerca è stata condotta presso il Centro per le Malattie Rare del Rene della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, diretto dal professor Giovanni Gambaro, e che fa parte della rete ERKnet, che riunisce i centri di eccellenza europei per le malattia rare del rene. Il centro del Policlinico Gemelli si occupa di Rene con Midollare a Spugna da molti anni, avendo come mission sia la cura dei pazienti che la ricerca su questa malattia.
Un passo avanti contro il cancro al seno

Il Cnr nel team di ricercatori che, attraverso simulazioni al computer, ha compreso i meccanismi molecolari responsabili della la resistenza ai farmaci di uso clinico. Alla base di questo fenomeno ci sono le mutazioni somatiche del recettore estrogenico α che si verificano anche a seguito di lunghi trattamenti terapici. Lo studio è pubblicato su Scientific Reports
I meccanismi molecolari che determinano la resistenza del cancro al seno ai farmaci in uso clinico, come il tamoxifene, sono stati oggetto di uno studio pubblicato su Scientific Reports coordinato da Alessandra Magistrato dell’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Iom-Cnr) di Trieste. L’utilizzo delle simulazioni al computer ha consentito al team di ricercatori di comprendere come le mutazioni degli estrogeni di tipo α (ERα) siano responsabili dell’inefficacia dei trattamenti. “Gli estrogeni, ormoni sessuali femminili, sono responsabili della crescita cellulare. Quando un estrogeno si lega al recettore ERα lo attiva, facendolo legare a tratti specifici del DNA, e innesca, di conseguenza, la produzione di RNA messaggero (trascrizione cellulare)”, spiega Alessandra Magistrato. “In questo modo, gli estrogeni danno l'ordine alle cellule di crescere, svolgendo funzioni di fondamentale importanza tra cui lo sviluppo dei caratteri sessuali femminili, il ciclo mestruale, il rimodellamento delle ossa. Tuttavia, se prodotti in concentrazione troppo elevata, tali ormoni possono determinare una crescita cellulare innaturale e quindi indurre o peggiorare il cancro”.
Il cuore si può rigenerare dopo un infarto grazie alla riprogrammazione delle cellule

Il Politecnico di Torino si aggiudica un nuovo progetto ERC: 2 milioni di euro per BIORECAR, con l’obiettivo di riprogrammare le cellule del miocardio infartuato ripristinando la loro normale funzione Torino, 8 marzo 2018 – Quando si verifica un infarto del miocardio circa un miliardo di cardiomiociti, le cellule preposte alla generazione e alla trasmissione dello stimolo contrattile che regola la frequenza cardiaca, muore nell’arco di poche ore. Il tessuto muscolare striato di cui è naturalmente composto il cuore, infatti, a seguito dell’infarto si trasforma in un tessuto fibroso, più rigido di quello cardiaco e privo di cardiomiociti capaci di contrarsi. Per trovare una soluzione a questa problematica, che è una delle conseguenze più serie per chi sopravvive all’infarto e in molti casi può essere risolta solo con un trapianto di cuore, una prospettiva innovativa arriva dal progetto europeo BIORECAR-Direct cell reprogramming therapy in myocardial regeneration through an engineered multifunctional platform integrating biochemical instructive cues, che propone una strategia di medicina rigenerativa per ripristinare nei tessuti cardiaci fibrotici la normale funzione contrattile attraverso quella che viene definita come riprogrammazione cellulare diretta, stimolata dall’iniezione di biomateriali in grado di rilasciare specifici fattori. BIORECAR, coordinato dalla professoressa Valeria Chiono del Politecnico di Torino, è infatti l’ultimo progetto finanziato all’Ateneo con 2 milioni di euro in cinque anni dallo European Research Council: un progetto che esemplifica bene come le discipline tecnologiche possano trovare applicazioni sempre più diffuse nella medicina e nelle scienze della salute.
SENSORI IN FIBRA OTTICA CHE SI RIASSORBONO NEL CORPO UMANO
Immagine: Reticolo di Bragg in fibra - Credits: Maria Konstantaki, Foundation of Research and Technology – Hellas
I reticoli di Bragg in fibra vengono utilizzati per trasformare una fibra ottica in un elemento sensibile in grado di riflettere una specifica lunghezza d'onda nella direzione da cui proviene. I nuovi reticoli di Bragg in fibra ottica bioriassorbibile possono essere utilizzati come sensori nel corpo e sono sicuri anche se la fibra dovesse rompersi accidentalmente all'interno del corpo del paziente.
Una nuova generazione di sensori ottici che hanno la capacità di dissolversi completamente all'interno del corpo umano in maniera controllata e senza effetti collaterali, grazie all’impiego dei cosiddetti “reticoli di Bragg in fibra” (Fiber Bragg Gratings, abbreviati con FBG). Il lavoro di ricerca pubblicato sulla rivista scientifica Optics Letters è stato realizzato da un team internazionale composto da ricercatori del Centro Interdipartimentale PhotoNext del Politecnico di Torino e dell’Istituto Superiore Mario Boella (Torino) in collaborazione con i ricercatori dell’Institute of Electronic Structure and Laser (IESL) della Foundation of Research and Technology – Hellas (FORTH), di Creta.
La ricerca segna un passo avanti importante nello sviluppo di sensori ottici impiantabili, combinando le caratteristiche uniche di una fibra di vetro progettata per essere bioriassorbibile e gli FBG, che funzionano da sensori ottici di temperatura e deformazione. Questi ultimi sono solitamente impiegati per applicazioni quali il monitoraggio delle strutture dei ponti o dell'integrità delle ali di un aeroplano, ma il loro impiego in ambito biomedicale è reso difficile a causa dei materiali usati nelle fibre ottiche standard. Questo perché le fibre ottiche tradizionali a base di silicio se si rompono all’interno del corpo possono causare infiammazioni locali acute molto gravi e non sono rimovibili.
Ictus e infarto: la cura si trova con la realtà virtuale

Due studi del Politecnico di Milano finanziati dall’Unione Europea con 11,3 Milioni di Euro Milano, 7 marzo 2018 - Testare l’efficacia di dispositivi medici, farmaci e interventi chirurgici per ictus e malattie coronariche attraverso simulazioni numeriche al calcolatore, diminuendo i margini di insuccesso e riducendo drasticamente le sperimentazioni sugli animali. E’ l’obiettivo di due progetti di cui il Politecnico di Milano è partner, finanziati complessivamente con 11.3 milioni di euro dal Programma Horizon 2020 "INSIST: IN-Silico trials for treatment of acute Ischemic STroke" e "InSilc: In-silico trials for drug-eluting BVS design, development and evaluation”. I progetti dureranno rispettivamente tre e quattro anni e vedono la collaborazione di prestigiosi partner accademici, industriali e clinici europei. Con l'espressione “In Silico Clinical Trials” si intende l'utilizzo della simulazione numerica al calcolatore per sviluppare o per valutare le prestazioni di un dispositivo medico (per esempio una valvola cardiaca), di un farmaco o di una procedura di intervento chirurgico. L'ictus e le malattie coronariche sono fra le principali cause di morte nei Paesi industrializzati. Per quanto il loro trattamento sia ampiamente migliorato negli ultimi decenni, alcune situazioni restano tuttora prive di soluzioni convincenti e affidabili. L'utilizzo della realtà virtuale può senz'altro superare queste difficoltà e rendere più sicuri i trattamenti. Il metodo seguito nei due progetti, che saranno entrambi condotti nel Laboratorio di Meccanica delle Strutture biologiche (LaBS) del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria chimica "Giulio Natta" del Politecnico di Milano, si pone come uno tra i più innovativi e promettenti.
Al via una spedizione oceanografica che studierà i “terremoti silenti” e i loro legami con tsunami e grandi sismi

Una ricercatrice dell’Università di Pisa unica italiana nel team internazionale che starà per due mesi, dall’8 marzo al 5 maggio, su una nave al largo della Nuova Zelanda
Medicina
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