Alzheimer, molecola anti-neuroinfiammazione speranza per 3 mln italiani

La ricerca sull'Alzheimer va avanti e la patologia non diventera' orfana di cure. Per gli 800mila pazienti italiani, in tutto 3 milioni di persone contando anche i familiari dei malati, un nuovo trattamento promette di bloccare i sintomi iniziali del disturbo, ritardando l'avanzamento della malattia. Un intervento innovativo che agisce sul controllo della neuroinfiammazione e del connesso stress ossidativo localizzato, rallentando il loop di sofferenza neuronale e l'esordio conclamato della patologia. "Sulla malattia di Alzheimer la ricerca sta facendo grandi progressi e in questo senso il controllo della neuroinfiammazione costituisce la punta di diamante, un filone di grandissimo interesse che e a breve dara' importanti risultati- spiega Carlo Caltagirone, professore di neurologia all'Universita' di Roma Tor Vergata e direttore scientifico della Fondazione Santa Lucia- Alcune molecole che agiscono come mediatori nei sistemi endocannabinoidi, come la PEALut (palmitoiletanolamide co-ultramicronizzata con Luteolina), si stanno rivelando promettenti nella riduzione dell'infiammazione e del contemporaneo controllo dello stress ossidativo localizzato e quindi nel ritardo dell'avanzamento della malattia".
Seminar of the Ministry of Health for the Iraqui Kurdistan Region

A seminar of Dott. Rekawt Hama Rasheed, Ministry of Health of the Iraqui Kurdistan Region took place at the Dept. of Biomedicine and Prevention of the University of Rome Tor Vergata. The seminar has been organized by Prof. Leonardo Palombi and Prof. Leonardo Emberti Gialloreti in the aim of the activities of the project for a system of health monitoring and surveillance in Kurdistan.
The seminar "Iraqi Kurdistan health perspectives and emergencies" took place in the Montalcini Room in from of a huge number of expert coming from the Faculty of Medicine and Surgery and the Faculty of Medicine operating in different scientific areas and has involved a large number of students from the PhD and Specialization Schools.
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Atlante della flora vascolare del Lazio
Il volume fa parte di un progetto ampio, iniziato fin dagli anni ’80 e proseguito fino ad oggi con più di 2.000 escursioni svolte dall’Autore, che hanno permesso, insieme alla consultazione di dati di erbario e bibliografici ed al supporto di collaboratori (dott. M. Iocchi e dott.ssa S. Paglia), di redigere un elenco con le mappe distributive di tutte le specie laziali che ammontano finora a più di 3.499 entità. L’opera dal titolo “Cartografia della Flora Vascolare del Lazio” si sviluppa in più volumi. Il presente volume contiene la parte generale, area di studio e metodi, e analizza nel dettaglio la presenza e la distribuzione regionale della flora alloctona.
Un capitolo originale curato da Lostia, Lucchese e Locchi sviluppa su base statistica una proposta di prioritizzazione delle aree e delle specie al fine di ottimizzare quegli interventi attivi necessari a contenere l’introduzione e la diffusione delle alloctone che minacciano la biodiversità della regione. Il volume rientra nel Progetto europeo CSMON - Life
Per maggiori informazioni:
http://www.parchilazio.it/pubblicazioni-355-atlante_della_flora_vascolare_del_lazio
TUMORI DELLA MAMMELLA E OVAIO: “IL 10% È DOVUTO A TRASMISSIONE EREDITARIA

I TEST GENETICI PER PREVENIRE LA MALATTIA NELLE DONNE A RISCHIO”
Stefania Gori, presidente AIOM: “Essere portatrice di una mutazione dei geni BRCA1/2 comporta una maggiore probabilità, ma non la certezza di ammalarsi”. Fabrizio Nicolis, presidente Fondazione AIOM: “Le strategie a disposizione spaziano dalla sorveglianza intensiva alla chirurgia profilattica”
La nuova frontiera della prevenzione dei tumori passa dai test genetici. In particolare la mutazione di due geni, BRCA1 e BRCA2, aumenta il rischio di sviluppare le neoplasie della mammella e dell’ovaio. Per sensibilizzare tutti i cittadini sull’importanza di sottoporsi allo screening genetico in presenza di precedenti casi di queste due neoplasie in famiglia, Fondazione AIOM e AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) hanno realizzato un opuscolo che sarà distribuito in tutte le oncologie italiane. “Si stima infatti che il 5-10% dei tumori della mammella e il 10-20% delle neoplasie dell’ovaio siano dovuti a una predisposizione ereditaria, riconducibile in particolare alle mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 – sottolinea Stefania Gori, presidente nazionale AIOM -. La probabilità di trasmettere ai figli queste mutazioni è del 50%. Va sottolineato che esserne portatori comporta una maggiore probabilità, ma non la certezza di ammalarsi. Non si eredita cioè il tumore, ma il rischio di svilupparlo. Se nel nucleo familiare si sono verificati più casi di tumore alla mammella o all’ovaio, soprattutto se insorti in giovane età, è importante rivolgersi a un centro specializzato. Una consulenza di carattere onco-genetico permette di pianificare un percorso di prevenzione e di cura mirato ed efficace”. Le donne che ereditano la mutazione di BRCA1 hanno una probabilità del 57% di ammalarsi di tumore alla mammella e del 40% di sviluppare un tumore ovarico nel corso della vita.
L’intelligenza artificiale esplora il clima e trova conferme e novità

In una ricerca dell’Iia-Cnr, pubblicata sulla rivista Scientific Reports del gruppo Nature, reti di neuroni artificiali – che apprendono il funzionamento del sistema climatico dai dati osservati nel passato – confermano le azioni umane come causa principale del riscaldamento globale recente e conducono a nuove scoperte sui cambiamenti climatici dell’ultimo secolo
Le applicazioni dell’intelligenza artificiale (IA), sia in ambito scientifico che tecnologico, sono molto numerose. Pochi, tuttavia, si aspetterebbero che l’IA possa aiutarci a comprendere le origini di un problema attuale e pressante come quello dei cambiamenti climatici. Una ricerca recente dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Iia-Cnr), pubblicata sulla rivista Scientific Reports del gruppo Nature e condotta in collaborazione con l’Università di Torino e l’Università di Roma Tre, ha mostrato come modelli di reti di neuroni artificiali (le cosiddette reti neurali) siano in grado di ‘comprendere’ i complessi rapporti tra i vari influssi umani o naturali e il comportamento climatico. “Il cervello di un bambino che cresce aggiusta pian piano i propri circuiti neuronali e impara infine semplici regole e relazioni causa-effetto che regolano l’ambiente in cui vive, per esempio per muoversi correttamente all’interno di esso”, spiega Antonello Pasini, ricercatore dell’Iia-Cnr e primo autore della ricerca. “Come questo bimbo, il modello di cervello artificiale che abbiamo sviluppato ha studiato i dati climatici disponibili e ha trovato le relazioni tra i fattori naturali o umani e i cambiamenti del clima, in particolare quelli della temperatura globale”.
Epatite B, identificato virus in mummia di 450 anni fa
Per anni si e' pensato che la causa della morte di un bambino vissuto circa 500 anni fa, il cui corpo fu imbalsamato e conservato nelle arche sepolcrali della Basilica di San Domenico Maggiore a Napoli, fosse il vaiolo. Oggi, un team internazionale di ricercatori della McMaster University di Hamilton in Canada, diretto da Hendrik Poinar, e della Divisione di Paleopatologia dell'Universita' di Pisa, costituito da Gino Fornaciari e Valentina Giuffra, ha appurato che il bambino era portatore del virus dell'epatite B, gettando nuova luce su un agente patogeno complesso e mortale, che uccide quasi un milione di persone ogni anno. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista online 'Plos Pathogens'.
Nel corso delle missioni esplorative dell'Universita' di Pisa nella Basilica di San Domenico Maggiore a Napoli, dirette dal professor Gino Fornaciari negli anni '80-'90, fu ritrovata la mummia intatta di un bambino di due anni che indossava ancora la veste monastica dell'Ordine Domenicano, grazie alla quale i ricercatori hanno ottenuto il sequenziamento completo del genoma di un antico ceppo del virus dell'epatite B (HBV). "Mentre in genere i virus si evolvono molto rapidamente, e' stato visto che questo antico ceppo di Hbv e' mutato poco negli ultimi 450 anni- spiega il professor Fornaciari- È stata infatti rilevata una stretta relazione tra i ceppi antichi e moderni di epatite B: entrambi mancano di quella che e' nota come 'struttura temporale'".
New hope for critically endangered Myanmar snub-nosed monkey

Male Myanmar or black snub-nosed monkey. Photo: Shaohua Dong
Eight years after the discovery of a new primate species in Myanmar, scientists have released a new report revealing how the 'snubby' is faring
Scientists and conservation teams from Fauna & Flora International (FFI), Dali University and the German Primate Center just published a comprehensive conservation status review of one of the world’s most threatened primate species, the critically endangered Myanmar snub-nosed monkey (also known affectionately as the ‘snubby’ by scientists, and as the black snub-nosed monkey in China), Rhinopithecus strykeri. The species was discovered in Myanmar in 2010 by Ngwe Lwin, a local scientist working for FFI. The following year, scientists in China confirmed that these primates are also found in the neighbouring forests of Yunnan province. In 2012, research by FFI and partners led to the species being formally designated as critically endangered due to its small population size and threats from hunting and habitat loss. Eight years after its discovery, the conservation status review sought to uncover how the species is faring. The report confirms that while the status of the snub-nosed monkey remains critical due to its fragmented, small population and ongoing threats, positive actions by communities, governments and NGOs have resulted in a dramatic improvement in the outlook for the species.
DERMATOLOGIA, NUOVI APPROCCI PER I TUMORI DELLA PELLE GLI ESPERTI: LA FOTOTERAPIA DINAMICA CURA SENZA LASCIARE CICATRICI
Il presidente prof. Calzavara Pinton: “Bisogna educare i cittadini alla prevenzione spiegando come proteggersi dai raggi solari in modo corretto. Ma sappiamo che anche l’inquinamento e l’invecchiamento della popolazione giocano un ruolo chiave”
Coralli: ecco gli organismi che li salvano da predatori e malattie

I coralli che ospitano i piccoli idrozoi del genere Zanclea sono meno graditi ai predatori e si ammalano di meno.
Lo hanno scoperto i ricercatori di ecologia del MaRHE Center dell’Università di Milano-Bicocca insieme a colleghi nazionali e internazionali del Joint Research Centre di Ispra, dell’Università dell’Aquila, dell’IRD Francese e dell’Università Saudita KAUST: lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista scientifica “Proceedings of the Royal Society B – Biological Sciences” (S. Montano, S. Fattorini, V. Parravicini, M.L. Berumen, P. Galli, D. Maggioni, R. Arrigoni, D. Seveso e G. Strona, Corals hosting symbiotic hydrozoans are less susceptible to predation and disease). L’articolo rivela come dei piccoli invertebrati di dimensioni inferiori al millimetro siano in grado di svolgere un importante ruolo ecologico fino ad oggi ignorato: in particolare, analizzando lo stato di salute di più di 2.450 colonie di corallo alle Maldive e in Arabia Saudita, i ricercatori hanno dimostrato che i coralli che ospitano idrozoi simbionti (cioè che vivono in un rapporto di simbiosi con altri organismi viventi) tendono ad essere meno soggetti a predazione e malattie.
Creata in laboratorio una proteina modificata che accelera la rigenerazione dei tessuti

A seguito di un danno in un tessuto, sia l’infiammazione – a opera del sistema immunitario – che la successiva rigenerazione sono processi fondamentali per la guarigione. In uno studio pubblicato su The Journal of Experimental Medicine, un gruppo di ricercatori ha identificato in HMGB1 la proteina chiave nel governare entrambi i processi. I ricercatori hanno poi modificato HMGB1 in laboratorio, creandone una versione che agisce solo in chiave rigenerativa (3S-HMGB1). La nuova proteina si è dimostrata capace di accelerare il processo di ricostruzione del tessuto in topi che presentavano un danno muscolare o epatico. La ricerca è stata svolta presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele – una delle 18 strutture d’eccellenza del Gruppo ospedaliero San Donato – in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano-Bicocca ed è stata coordinata da Emilie Vénéreau e Marco Bianchi, rispettivamente ricercatrice e capo dell’unità di Dinamica della cromatina all’Ospedale San Raffaele.
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