Identificata una nuova regione cerebrale coinvolta nell'inibizione delle reazioni di paura e ansia

Una nuova ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica eLife ha testato con successo una procedura di neurostimolazione per disinnescare le reazioni corporee di allarme associate alla memoria traumatica. La sperimentazione è stata condotta dal ricercatore Eugenio Manassero insieme al team di ricerca coordinato dal Prof. Benedetto Sacchetti del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino e dalla Prof.ssa Raffaella Ricci del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino.
In seguito a un’esperienza traumatica, nel cervello si forma un ricordo dell’evento che racchiude due principali componenti: la rappresentazione consapevole di ciò che è accaduto e la valenza emotiva associata all’episodio. Quest’ultima si manifesta attraverso modificazioni delle risposte corporee (come l’aumento del battito cardiaco e della sudorazione). Queste modificazioni degli stati corporei sono percepite come spiacevoli dalla persona, provocando sentimenti di paura o di panico, e possono talvolta evolversi in veri e propri sintomi di patologie, quali il disturbo post-traumatico o il disturbo d’ansia.
Come le variazioni climatiche influenzano gli incendi

Frazione della variabilità interannuale di area bruciata spiegata dalla variabilità delle condizioni climatiche. Nelle regioni in cui tale frazione è più grande, il riscaldamento globale potrebbe aumentare significativamente l'impatto degli incendi
Uno studio internazionale che ha coinvolto l’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr mostra come il clima influenzi gli incendi boschivi e l'ampiezza delle aree bruciate, determinando la quantità di vegetazione secca che può alimentarli. Lo studio, frutto di venti anni di raccolta dati, è stato pubblicato sulla rivista Earth's Future: permetterà di sviluppare strategie più efficaci per prevenire e gestire gli incendi
Uno studio internazionale che ha coinvolto l’Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Igg), guidato dall’Università di Murcia in Spagna, ha permesso di ottenere, per la prima volta, una stima precisa di come i cambiamenti climatici influenzino l'estensione delle aree bruciate dagli incendi. Sebbene spesso siano le attività umane, intenzionali o accidentali, a innescare gli incendi, è il clima a determinarne la portata. Una volta divampate, le fiamme bruciano un’area che dipende dalle condizioni meteorologiche durante l’incendio, come la presenza di forte vento, ma anche da altri due fattori cruciali: la disponibilità di combustibile, come legna e vegetazione secca, e l'efficacia delle misure di prevenzione e controllo. Lo studio, condotto su scala globale, mette infatti in evidenza che lo stato e la quantità di combustibile sono strettamente legati alle condizioni climatiche dell'area interessata dagli incendi.
Antibiotic Resistance Genes a Proposed Factor of Global Change

International research team led by scientist from Freie Universität Berlin proposes that elevated levels of antibiotic resistance genes be considered a new factor of global change.
Human-caused global change is a complex phenomenon comprising many factors such as climate change, environmental contamination with chemicals, microplastics, light pollution, and invasive plants. One of the main tasks of global change biology is to investigate the effects of these factors, as well as to identify potential new ones. The Rillig Lab at Freie Universität Berlin, led by biology professor Matthias Rillig, has been investigating factors of global change such as microplastics. In a new study, titled “Elevated Levels of Antibiotic Resistance Genes as a Factor of Human-Caused Global Environmental Change” and published in the scientific journal Global Change Biology, Rillig and his colleagues propose recognizing increased levels of antibiotic resistance genes (ARGs) in the environment as a new, standalone factor of global change.
New dawn for space storm alerts could help shield Earth's tech

A coronal mass ejection is seen erupting from the Sun in June 2015.
Space storms could soon be forecasted with greater accuracy than ever before thanks to a big leap forward in our understanding of exactly when a violent solar eruption may hit Earth. Scientists say it is now possible to predict the precise speed a coronal mass ejection (CME) is travelling at and when it will smash into our planet – even before it has fully erupted from the Sun. CMEs are bursts of gas and magnetic fields spewed into space from the solar atmosphere.
They can cause geomagnetic storms that have the potential to wreak havoc with terrestrial technology in Earth's orbit and on its surface, which is why experts across the globe are striving to improve space weather forecasts.
Advancements such as this one could make a huge difference in helping to protect infrastructure that is vital to our everyday lives, according to researchers at Aberystwyth University, who will present their findings today at the Royal Astronomical Society's National Astronomy Meeting in Hull. They made their discovery after studying specific areas on the Sun called 'Active Regions', which have strong magnetic fields where CMEs are born. The researchers monitored how these areas changed in the periods before, during and after an eruption.
Tunnel lunare: una cavità sotto il mare della tranquillità

Nello studio pubblicato su «Nature Astronomy» dal team di ricerca internazionale guidato dall’Università di Trento, Riccardo Pozzobon dell’Università di Padova ha validato le rilevazioni del radar della Nasa Lunar Reconnaissance Orbiter in modo da ottenere un’interpretazione geologica convincente.
La presenza di queste cavità era teorizzata e discussa da oltre 50 anni e ora ne è stata dimostrata l'esistenza con la pubblicazione dell’articolo dal titolo “Radar Evidence of an Accessible Cave Conduit below the Mare Tranquillitatis Pit” su «Nature Astronomy». Si tratterebbe di un condotto di lava svuotato che permetterebbe l’accesso in profondità al sottosuolo lunare tramite un collasso chiamato Mare Tranquillitatis Pit, situato nell’omonimo mare basaltico. L’osservazione diretta è stata resa possibile sfruttando un'innovativa metodologia di elaborazione delle immagini radar sviluppata dagli autori dello studio guidato dall’Università di Trento. Tale metodologia ha la capacità unica di vedere attraverso l'oscurità ed è stata applicata ai dati radar acquisiti dal sensore radar Mini-RF attualmente in orbita intorno alla Luna. Riccardo Pozzobon, ricercatore in geologia planetaria al Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova ed esperto in telerilevamento satellitare di superfici planetarie e analoghi terrestri, ha fornito il supporto delle conoscenze geologiche di tali strutture vulcaniche e, in particolare, ha validato i dati ottenuti dal radar MiniRF in modo da ottenere una interpretazione geologica convincente.
La luce svela i segreti delle nano eliche, le “viti” dei materiali del futuro

Una collaborazione internazionale a cui partecipa la Sapienza è riuscita a utilizzare l’effetto Tyndall non lineare per capire il verso di rotazione di nano eliche di silicio. La ricerca, pubblicata su ACS Nano, apre la strada a nuove applicazioni negli ambiti delle terapie biomimetiche e dei nano assemblaggi
Le nanoparticelle inorganiche chirali, cioè non sovrapponibili alla propria immagine specchiata (come una vite a causa della sua filettatura), disperse nei liquidi hanno dimostrato grandi potenzialità in varie applicazioni tecnologiche. Tra queste i sensori, la creazione di nuovi farmaci e terapie biomimetiche, la nanorobotica. Tuttavia per tutte queste applicazioni, un problema finora aperto era quello di caratterizzare sperimentalmente proprio la chiralità delle particelle.
Terapie a RNA: fotografata l’interazione tra RNA e una proteina metabolica coinvolta nella crescita dei tumori

In uno studio internazionale, coordinato dal Dipartimento di Scienze biochimiche A. Rossi Fanelli della Sapienza Università di Roma, è stata utilizzata una tecnica all’avanguardia per cogliere i dettagli del meccanismo di inibizione di una proteina metabolica da parte dell’RNA. I risultati della ricerca sostenuta da Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro sono stati pubblicati sulla rivista Molecular Cell. Se i dati saranno confermati in ulteriori studi, potranno offrire nuove speranze di applicazione delle terapie a RNA nella lotta contro il cancro
Le cellule tumorali sono in grado di rielaborare le proprie funzioni in modo da crescere più velocemente e sopravvivere a condizioni avverse, aumentando per esempio la produzione di specifiche proteine. La ricerca potrebbe fornire strumenti per interferire con questi processi tramite terapie a base di RNA. Queste ultime infatti potrebbero a breve rivoluzionare la medicina, grazie alla loro capacità di influenzare direttamente l’espressione genica e di conseguenza la produzione di proteine all'interno delle cellule.
I tumori usano un meccanismo neonatale per progredire grazie al ferro

In una ricerca internazionale coordinata dalla Sapienza Università di Roma e sostenuta da Fondazione Airc, un gruppo di scienziati coordinati da Silvia Piconese ha scoperto che le cellule immunitarie Treg, tra le responsabili della crescita dei tumori, si moltiplicano grazie all’apporto di ferro. Questo avviene attraverso un meccanismo evolutivo coinvolto nello sviluppo del sistema immunitario nei primi mesi di vita. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista JCI insight.
Le cosiddette Treg sono cellule del sistema immunitario che, anziché combattere un cancro, lo aiutano a progredire, accumulandosi nel sito tumorale. Per moltiplicarsi, le cellule Treg hanno però bisogno di energia e di vari nutrienti. Tra le sostanze richieste c’è il ferro, un elemento vitale per tutte le cellule che si trovano nell’organismo, sia quelle che ci appartengono, sia quelle microbiche che costituiscono il microbiota. Il ferro è infatti coinvolto in molte reazioni metaboliche, tra cui quelle che avvengono all'interno dei mitocondri, le centrali energetiche delle cellule. Anche per questo il ferro ha un ruolo fondamentale sia nelle risposte immunitarie che ci proteggono dai tumori, sia nei processi deviati che aiutano il cancro a progredire.
Dialogare con “l’altro cervello” attraverso gli astrociti ed il grafene

Immagine schematica di un astrocita che abbraccia una molecola di grafene
Un gruppo di ricerca coordinato dal Cnr-Isof, con la partecipazione di Cnr-Ismn, Unibo e Czech Academy of Science, ha verificato che il grafene ha proprietà in grado di controllare e modulare le attività degli astrociti, una tipologia di cellule del cervello. Lo studio, pubblicato su Nature Nanotechnology, potrà avere ricadute positive per la cura di importanti e complesse patologie cerebrali come epilessia e ictus
Un lavoro recentemente pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnology dimostra che, sfruttando le diverse proprietà di materiali a base di grafene, si possono controllare selettivamente i segnali degli astrociti, i quali a loro volta, stimolati elettricamente, sono in grado di alterare l’attività dei neuroni.
La ricerca è coordinata dall’Istituto per la sintesi organica e la fotoreattività del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isof), in collaborazione con l’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati (Cnr-Ismn), i dipartimenti Fabit e Dei dell’Università di Bologna (Unibo) e l’Istituto di medicina sperimentale della Czeck Academy of Science di Praga (Repubblica Ceca).
La natura “corporea” delle emozioni, Milano-Bicocca mappa le aree del cervello che si attivano durante la rievocazione emotiva
Una ricerca dell’Università di Milano-Bicocca ha dimostrato che nel cervello le aree corticali somatosensoriali e motorie (ovvero quelle aree della corteccia cerebrale che vengono tipicamente attivate dalla sensazione tattile o dal movimento di una parte del corpo) vengono attivate anche da emozioni soggettive. La natura delle emozioni si può quindi considerare fortemente “corporea”.
Lo studio, dal titolo “Mapping the Emotional Homunculus with fMRI” (“Mappare l’’Homunculus” emotivo tramite Risonanza Magnetica Funzionale”), è stato appena pubblicato sulla rivista scientifica iScience.
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