I ricercatori hanno visto che il plasmodio della malaria e i virus della famiglia degli arenavirus e parvovirus utilizzano la zona del recettore che apre le porte al ferro, per introdursi nelle cellule, infettandole. Conoscere la strada attraverso cui il virus o il plasmodio entrano nella cellula permette di mettere a punto una strategia per ingannarli: si può immaginare di costruire piccole molecole che impediscano al virus di trovare libera la porzione di recettore per legarsi alle cellule.
Per ottenere tali risultati, è stata utilizzata l’innovativa crio-microscopia elettronica, una tecnica che permette di ricostruire la struttura tridimensionale delle molecole con dettaglio atomico, che è valsa a Jacques Dubochet, Joachim Frank e Richard Henderson il premio Nobel per la chimica 2017. I microscopi elettronici di ultima generazione sono disponibili presso la Columbia University, l’Advanced Science Research Center della City University of New York e la European Synchrotron Research Facility, dove Linda Celeste Montemiglio e Claudia Testi, giovani ricercatrici della Sapienza e prime autrici del lavoro, hanno trascorso un periodo di ricerca collaborativa.
Lo studio ha un’altra importante implicazione in campo medico, permetterà infatti di disegnare nuovi nanovettori per la diagnosi e la cura del cancro. Già da diversi anni il team della Sapienza, in collaborazione con l’Istituto di Biologia e patologia molecolari del Cnr, sfrutta il complesso ferritina-recettore come “chiave molecolare” per veicolare selettivamente farmaci antitumorali.
“Adesso che conosciamo a fondo la struttura del complesso – spiega Beatrice Vallone, coordinatrice del progetto – sarà possibile sviluppare terapie più specifiche, selettive ed efficaci”.