La vegetazione dopo il ritiro dei ghiacciai: prima piante pioniere, poi competitive

Università degli studi di Milano 18 Gen 2024


L’Università Statale di Milano ha guidato uno studio internazionale - condotto su 46 ghiacciai in fase di ritiro in tutto il mondo - sullo sviluppo della vegetazione dopo il ritiro del ghiacciaio: passata una prima fase in cui solo poche piante pioniere crescono su un suolo povero e instabile, a distanza di 50 anni nuove specie avanzano per sostituire le pioniere. Il lavoro, pubblicato su Nature Plants, rappresenta un modello per comprendere l’evoluzione dei nuovi ecosistemi.


In tutto il mondo, i ghiacciai si stanno ritirando rapidamente. Le aree che si liberano dopo il loro ritiro sono rapidamente colonizzate da una moltitudine di organismi. Tra
questi, le piante sono sicuramente gli organismi più visibili. Dopo la colonizzazione di queste aree, le comunità di piante cambiano nel tempo, in un processo chiamato successione ecologica. Quali meccanismi determinano queste successioni? Negli anni, sono stati proposti due meccanismi: nuove specie possono arrivare senza escludere quelle che erano già presenti (aggiunta), oppure le nuove arrivate possono sostituire le specie già presenti (sostituzione).

L’importanza di questi due processi è stata molto dibattuta nell’ultimo secolo, anche perché il loro ruolo potrebbe variare nel tempo e a seconda del contesto ambientale. Le aree che si formano dopo il ritiro dai ghiacciai sono un laboratorio formidabile per testare queste ipotesi, perché permettono di raccogliere misure accurate di come la diversità delle comunità cambia nel tempo.
Per capire l’evoluzione di questi ecosistemi i ricercatori dell’Università Statale di Milano, in collaborazione con numerosi colleghi di 13 paesi diversi, hanno visitato ed analizzato con diverse tecniche ben 46 ghiacciai in fase di ritiro in tutto il mondo. Per ogni ghiacciaio, hanno analizzato le aree lasciate libere dai ghiacciai negli ultimi secoli, confrontando siti in cui il ghiacciaio si è ritirato recentemente (nell’ultimo decennio) con siti in cui i ghiacciai si sono ritirati diversi decenni fa.


Confrontando questi siti, hanno misurato come le comunità di piante cambiano del tempo e quantificato l’importanza relativa di “addizione” e “sostituzione” delle specie. Lo studio pubblicato su Nature Plants ha confermato che le comunità di piante cambiano rapidamente nel tempo, ma i due meccanismi hanno un’importanza variabile.
Appena dopo il ritiro del ghiacciaio, i suoli sono poveri ed instabili e vengono colonizzati da poche piante pioniere. In questa fase prevale il meccanismo di addizione: i primi arrivati possono aiutare a stabilizzare il terreno, favorendo l’aggiunta di nuove specie. Questo processo di “aggiunta” continua per i primi 50 anni, ma poi le cose cambiano. Circa 50 anni
dopo che il ghiacciaio si è ritirato, entra in gioco un nuovo meccanismo: la sostituzione. A questo punto i suoli sono diventati abbastanza ricchi e stabili, permettendo l’arrivo di specie più competitive che si stabiliscono, escludendo le specie pioniere e rimpiazzandole. Il confronto di un gran numero di ghiacciai suggerisce che questi due meccanismi siano importanti in tutto il mondo. “Queste informazioni ci aiutano a capire come evolveranno i nuovi ecosistemi, sempre più ampi, che si stanno formando in montagna e nelle aree intorno ai poli in conseguenza del ritiro dei ghiacciai” commenta Francesco Ficetola, coordinatore dello studio ed esperto di biodiversità dell’Università Statale di Milano.

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